I giganti dell’Etna

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IMG_6461 Quercus ilex (Ilice di carrinu)

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Oggi vogliamo parlare degli alberi dell’Etna raccontandovi lo loro storia, aneddoti e curiosità.

Castagno dei Cento Cavalli
Castagno dei Cento Cavalli

Iniziamo dal più famoso: il Castagno dei Cento Cavalli (vedi). Il castagno presenta un’altezza di 22 metri e un diametro di 68 metri. Queste dimensioni dovrebbero garantirgli il primato di castagno più grande d’Italia mentre la sua età (stimata fra  2000 e i 4000 anni!) ne fa l’albero più vecchio d’Europa. Attorno al castagno da sempre sono nate un’infinità di leggende e molti scrittori e pittori (soprattutto stranieri) ne hanno decantato la bellezza. Scrive Jean Houel nel 1787 ” … La sua mole è tanto superiore a quella degli altri alberi, che mai si può esprimere la sensazione provata nel descriverlo. Mi feci inoltre, dai dotti del villaggio raccontare la storia di questo albero che si chiama dei cento cavalli in causa della vasta estensione della sua ombra. Mi dissero come la regina Giovanna recandosi dalla Spagna a Napoli, si fermasse in Sicilia e andasse a visitare l’Etna, accompagnata da tutta la nobiltà di Catania stando a cavallo con essa, come tutto il suo seguito. Essendo sopravvenuto un temporale, essa si rifugiò sotto quest’albero, il cui vasto fogliame bastò per riparare dalla pioggia questa regina e tutti i suoi cavalieri …”.

Giovanna I d'Angiò
Giovanna I d’Angiò

Ma chi era la regina Giovanna che, a causa delle pioggia, trovò riparo con i suoi cavalieri sotto le ampie fronde del nostro albero? Qua la storia lascia il posto alla leggenda. Sono tre le donne che potrebbero essere interessate. La prima, Giovanna I d’Angiò, fu una donna colta e intelligente, ascesa al trono di Napoli nel 1343 alla morte di Roberto d’Angiò, detto il Saggio. Sposata sin da bambina col cugino Andrea d’Angiò era colta e raffinata mentre il marito era rude e ignorante. Dichiarata eretica scismatica dal papa venne uccisa in un agguato il 12 Maggio 1382.

Giovanna II di Napoli
Giovanna II di Napoli

Giovanna II di Napoli fu regina dal 1414 sino alla morte avvenuta nel 1435. Disinibita e intelligente i circondò di amanti (detti i “favoriti”). Si sposò due volte. Il primo matrimonio lo contrasse con Guglielmo d’Austria che ben presto la lasciò vedova, il secondo con Giacomo II di Borbone che, forse stanco dei tanto tradimenti della moglie, si rifugiò in Francia dove si fece monaco.

Il coccodrillo
Il coccodrillo

Di Giovanna II si narra che incontrasse i suoi amanti nel castello Angioino di Napoli e che, finita la passione, li buttasse in una botola segreta dove un fantomatico coccodrillo, arrivato per vie misteriose dall’Africa ai sotterranei del castello, li divorasse.

Giovanna d'Aragona
Giovanna d’Aragona

Giovanna d’Aragona nacque a Napoli il 1477 da Ferdinand d’Aragona figlio illegittimo di Ferdinando I di Napoli. Giovanna era forse la donna più bella della sua epoca a come tale fu cantata dal filosofo Agostino Nifo la additò come modello di bellezza nel De pulchro & de amore. Un suo ritratto, attribuito alla scuola di Raffaello, è esposto al Louvre.

Isabella d'Inghilterra
Isabella d’Inghilterra

Infine altre versioni del racconto individuano la regina Isabella d’Inghilterra, figlia di Giovanni senza Terra, imperatrice del sacro romano impero e regina di Sicilia.

Alcuni caratteri accomunano queste donne: la bellezza, l’intelligenza, lo spirito libero e il potere. Purtroppo però sembra che nessuna delle quattro abbia mai visitato la Sicilia.

Castagno della Nave
Castagno della Nave

Poco distante dal castagno dei cento cavalli, ma in territorio di Mascali, ritroviamo un altro magnifico esemplare di castagno, forse meno famoso ma non per questo meno bello: il Castagno della nave (vedi) detto anche di sant’Agata o Arrusbighasonnu. Magnifico esemplare di quasi 2000 anni di vita con una circonferenza massima del tronco di 23 metri. Il castagno deve il suo nome alla forma della ceppaia, che ricorda lo scafo di una nave. Ma i contadini lo chiamavano anche Arrusbighiasonnu forse perché, quando ritornavano stanchi, di notte e a dorso di mulo, da una dura giornata di lavoro sulle pendici dell’Etna, venivano svegliati dall’urto con le fronde basse del castagno. O forse perché, ospitando l’albero centinaia di uccelli, questi all’alba, col loro canto, svegliavano tutte le persone che abitavano in prossimità di questo gigante.

Il Ficus  macrophylla (vedi) di villa Bellini a Catania (detto anche ficus magnolioide) non è un albero endemico dell’Etna provenendo dalla lontana Australia. Fu impiantato nel giardino di Catania subito dopo l’unificazione d’Italia e ci piace immaginare che in qualche modo possa essere correlato con l’avventura rinascimentale di Garibaldi che a Catania, proprio in quegli anni, pronunciò il suo famoso giuramento “O Roma o morte”. Il ficus presenta dimensioni ragguardevoli ed è secondo in Sicilia solo a quello impiantato nell’Orto botanico di Palermo.

Ficus villa Bellini Catania
Ficus villa Bellini Catania

Il Giardino Bellini di Catania nacque inglobando una precedente struttura creata dal principe Paternò Castello. Ignazio Paternò-Castello, V principe di Biscari  nacque a Catania il1719 . E’ stato un archeologo e mecenate. Apparteneva alla casa Paternò che discendeva dalla casa sovrana Barcellona-Provenza.  Fu tra i fautori della riscoperta dell’anfiteatro, del teatro della vecchia curia e di alcune terme a Catania. Il suo palazzo si trova presso il porto (palazzo Biscari alla Marina), mentre era proprietario di un grande giardino extra moenia, chiamato “il Labirinto”, che avrebbe successivamente costituito il primo nucleo del giardino Bellini. Così descrive ilprecedente giardino Antonio Ursino Recupero: ” … Nella Villa del Sig. Principe di Biscari posta in questa Città, chiamata volgarmente il Laberinto, perché un quarto del giardino è piantato tutto di cipressi disposti in viottoli, che fanno tante giravolte, che difficile riesce il restituirsi nel dritto sentiero, ed uscire da quel intricato camino; in questa villa …”.

'A trofa du camperi
‘A trofa du camperi

Ma torniamo sull’Etna, fra Fornazzo e il rifugio Citelli, per ammirare una magnifica ceppaia di Faggio vecchia di 400 anni: ‘A trofa du camperi (vedi). Lo strano nome sembra sia dovuta al macabro ritrovamento, alla fine dell’800, del corpo esanime del contadino che accudiva il bosco.

Faggio di monte Pomiciaro
Faggio di monte Pomiciaro

Forse ancora più imponente è il Faggio di Monte Pomiciaro (vedi) la cui corteccia purtroppo è stata vandalizzata da grafomani idioti.

Cerro di monte Fontane
Cerro di monte Fontane

Quasi in cima a monte Fontane, sul dirupo che si affaccia sulla valle del Bove, ritroviamo la quercia più imponente dell’Etna: il Cerro di monte Fontane (vedi). Vecchio di 400 anni è alto più di 18 metri e la chioma si inviluppa per 22 metri. Spettacolare l’affaccio sulla valle del Bove da monte Fontane che ha il pregio, fra l’altro, di essere facilmente accessibile.

Ilice di Carrinu
Ilice di Carrinu

A nostro parere pochi alberi al mondo possono competere in bellezza con l’Ilice di Carrinu (vedi) detto anche Luce del Pantano. Stupendo esemplare di Ilice con un’età che supera i 700 anni, alto 19 metri e con un diametri di 38 metri. E’ il leccio più vecchio dell’Etna e l’albero con i rami più lunghi al mondo.

Bosco di Aci
Bosco di Aci

Il Bosco d’Aci, citato anche come Bosco di Jaci e dai latini Lucus Jovis (bosco sacro a Giove), fu un imponente bosco di querce, di castagni. Il fitto bosco era attraversato dalla strada consolare Pompea (la direttrice romana Messina – Siracusa) e quindi un luogo particolarmente ricco per i commerci ma dove imperversavano briganti senza scrupoli e contrabbando che si rifugiavano nelle grotte.

Grotta Scannato
Grotta Scannato

Il bosco che era vasto e poco conosciuto nei tempi antichi ha sempre dato luogo a leggende e dicerie popolari, ma anche ispirato poeti classici. Fra questi Clausio Claudiano nella «Gigantomachia» narrava dei Giganti caduti nel «Lucus Jovis» dopo aver tentato la scalata all’Olimpo per punizione di Zeus e degli Dei. Claudiano scrisse che le pelli e le teste dei Giganti rimasero infisse ai tronchi degli alberi, in espressioni terrificanti tanto che persino il ciclope Polifemo se ne teneva lontano. Purtroppo non si sono tenuti lontani i tanti palazzinari che, con le opportune coperture politiche, hanno depredato il bosco ormai ridotto a esigui fazzoletti di terra circondati da immondi condomini.

Faggio della Rocca
Faggio della Rocca

Per fortuna gode invece di ottima salute il Faggio della Rocca (vedi), splendido esemplare alto quasi 20 metri e vecchio di più di 300 anni. Il Faggio si trova in cima al dirupo dell’Acqua Rocca, magnifica terrazza sulla valle del Vescovo. Ai suoi piedi una delle poche sorgenti di acqua in quota sull’Etna. Più in alto, sullo stesso sentiero, Serra del Salifizio (vedi) si affaccia sulla Valle del Bove.

Pietra cannone
Pietra cannone

Col termine “pietra-cannone” viene indicato, dagli abitanti delle zone pedemontane etnee, il risultato di un particolare fenomeno che si verifica quando una colata lavica molto fluida investe un albero, avvolgendone il tronco e carbonizzandolo; mentre la parte della pianta rimasta fuori dalla colata in genere brucia senza lasciare una traccia duratura, quella inglobata dalla lava viene rivestita da una crosta di roccia che si solidifica intorno al tronco; con la diminuzione del tasso di emissione della lava dalle bocche effusive, la superficie della colata tende ad abbassarsi di livello e a solidificarsi, mentre il tronco rivestito della crosta rocciosa sporge dal terreno sotto forma di un tipico tubo di roccia dalla forma irregolare, formando un calco esterno del tronco (Fig.1: A 2), e indicando l’altezza raggiunta dalla colata lavica durante la massima fase di emissione. È chiaro che questo fenomeno si verifica esclusivamente quando la lava è ancora molto fluida, quindi in vicinanza del punto di emissione, sia essa una bocca eruttiva apertasi a bassa quota, sia essa una bocca effimera (bocca della zona terminale di una colata ingrottata) e in presenza di alberi ad alto fusto. Queste condizioni possono verificarsi, nell’ambito dell’edificio vulcanico etneo, al di sotto della quota limite raggiunta dalle zone boscose in dipendenza dell’esposizione dei versanti. Quando una colata lavica tende a raffreddarsi diventando più viscosa, e
l’altezza del fronte della colata aumenta, qualunque ostacolo incontrato viene distrutto e/o bruciato. (1)

Betulla dell'Etna
Betulla dell’Etna

Una storia particolare presenta la betulla dell’Etna che è una pianta appartenente alla famiglia delle Betulaceae, endemica della Sicilia. La caratteristica più peculiare, che la differenzia dalle altre specie del genere Betula, è un apparato conduttore adattato a sopravvivere in condizioni di caldo e freddo estremi. Durante l’ultima grande glaciazione (circa 10.000 anni fa) molte specie nordiche,tra le quali anche la Betulla, per potere sopravvivere al “grande freddo” sono scese verso sud. Quando le temperature si sono innalzate si è verificato il fenomeno opposto: le specie nordiche sono risalite verso nord e si sono estinte al sud, tranne quelle che hanno trovato un habitat adatto, in questo caso l’Etna con i suoi 3000 e rotti metri di altezza. Segregati in questi habitat si sono evolute indipendentemente dalle specie “madri” adattandosi e sviluppando caratteri propri ed esclusivi.

Ginestra di Milo
Ginestra di Milo

A Milo, in una villetta di fine ‘800 ritroviamo la ginestra più grande (vedi) dell’Etna anch’essa presumibilmente della fine dell’800.

Minicucco di San Giovanni Montebello
Minicucco di San Giovanni Montebello

Mentre a San Giovanni Montebello troviamo il minicucco (bacolaro) più imponente (vedi) e con un’età stimata fra i 200 e i 250 anni.

Zappinazzu
Zappinazzu

Il pino più alto del nostro vulcano si trova sulla Mareneve ed è lo Zappinazzu (vedi),  un maestoso esemplare, alto e robusto che svetta dal contesto della vegetazione circostante, nel cuore del Bosco di Ragabo.

Ulivo di Motta
Ulivo di Motta

Fra gli alberi più belli del nostro comprensorio un posto di rilievo merita l’ulivo di Motta (vedi) magnifico esemplare vecchio più di un millennio.

Aliva 'mpittata
Aliva ‘mpittata

Una storia affascinante conserva un ulivo di Misterbianco: Aliva ‘mpittata (vedi). Siamo a Misterbianco, un comune in provincia di Catania che deve il suo curioso nome a un monastero che ospitava monaci vestiti di bianco, cioè Monasterium Album. In questa terra dominata dalla presenza dell’Etna troviamo un olivo secolare che gli abitanti del luogo chiamano”Aliva ‘mpittata” e che è testimone vivente di una eruzione spaventosa, quella dell’11 marzo del 1669. Si legge su Wikipedia che quel giorno si generarono due coni piroclastici, noti con il nome di Monti Rossi, dai qualì fuoriuscì una colata dallo spessore medio di 25 metri che da quasi mille metri di altezza arrivò al mare in 122 giorni, in una lingua di fuoco larga circa 15 km che spazzò via 15 paesi e parte di Catania.” Lo storico e vulcanologo italiano Giuseppe Recupero, nella sua opera “Storia naturale e generale dell’Etna“ la descrive così: “commoversi con grande violenza tutto il perimetro della montagna, saltare in aria dal cratere una prodigiosa colonna di nero fumo, e rovente materia, e profondarsi finalmente la sua cima con orridi rumoreggiamenti nel suo baratro. Cadde in primo luogo quella vetta che guardava verso Bronte, di poi l’altra rimpetto l’oriente ed ultimamente si rovesciò quella posta in faccia al mezzogiorno”. Uno dei 15 paesi investiti e distrutti dal magma fu proprio Misterbianco i cui abitanti ebbero il tempo per mettersi in fuga portandosi via le loro cose più care, compresa la campana da 18 “cantara” (quintali), rara e dal suono armonioso, prelevata dalla chiesa Madre. Durante la fuga dalla lava i misterbianchesi giunsero ai piedi dell’olivo, già allora di imponenti dimensioni, e lo sfruttarono per appenderci la pesante campana chiamando così a raccolta, attraverso i suoi rintocchi, il resto dei concittadini che, nel bel mezzo della catastrofe, vagava senza meta nella campagna circostante. (2)

Le querce di monte Egitto (vedi).

Le querce di monte Egitto
 Questo piccolo monte “monticitto” ospita, lungo i fianchi e all’interno dello stesso cratere, un nucleo di querce costituito da oltre 50 esemplari plurisecolari. Durante gli anni ’50, periodo durante il quale si sono realizzati la maggior parte dei rimboschimenti, il Corpo Forestale ha provveduto a rinfittire anche quest’area mediante la piantumazione di piante di pino, che, in assenza di diradamenti, stanno interferendo con lo sviluppo delle querce, tanto da determinare la ferma volontá di valutare un possibile intervento di diradamento a favore degli esemplari secolari di querce.

Per tutti gli alberi monumentali non citati in questo articolo vedi la pagina su Etnanatura.

Su Etnantura vedi anche:

Foto di Etnanatura, Silvio Sorcini, Michele Torrisi, Tino Reitano, Ivan Testa, Sebastiano D’Aquino.

  1. Da Ingv Catania.
  2. Da Florabog.
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