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Foto - Castello di Pentefur
Per saperne di più: pagina Etnanatura--> Castello di Pentefur

Foto di: Etnanatura e Salvo Nicotra

Descrizione:
Il castello Pentefur si trova su uno dei due colli su cui sorge l'abitato di Savoca, in provincia di Messina in Sicilia. Il Maniero occupa il pianoro sulla sommità dell'omonimo colle; edificato in posizione strategico-difensiva, ha la base di forma trapezoidale. Ô ridotto ormai a pochi ruderi, consistenti in ampi tratti della cinta muraria merlata e dotata di feritoie, in alcune cisterne e nei resti di un mastio quadrangolare. Detto mastio era a due elevazioni, su un'area di 350 metri quadrati, sito nella parte più alta del pianoro, al suo interno sono ancora visibili le tracce di una ripartizione in diversi ambienti e una piccola porzione della pavimentazione. Potrebbe essere stato eretto su una preesistente fortificazione (o centro abitato) di epoca tardo-romana o bizantina, ma non ci sono certezze. Secondo un'antica leggenda, venne edificato dai leggendari e misteriosi Pentefur. Incerta appare altresì una riedificazione da parte degli arabi. L'attuale struttura venne certamente edificata dai Normanni che ne fecero la residenza estiva dell'Archimandrita di Messina, signore feudale della Baronia di Savoca. L'Archimandrita messinese trascorreva, assieme alla sua corte, i mesi estivi dell'anno all'interno del Castello Pentefur, che era provvisto anche di una cappella, l'attuale Chiesa di San Michele. Nel 1355, Re Federico IV di Sicilia lo proclamò Castello Regio, mantenendo tale status per circa mezzo secolo. Venne infatti sottratto al controllo dell'Archimandrita e attribuito al militare messinese Guglielmo Rosso Conte d'Aidone. Fu lo stesso re Federico IV, il 30 novembre 1355, ad imporre ai Sindaci di Savoca ed all'Archimandrita Teodoro di giurare fedeltà al nuovo Capitano del Castello. L'anno successivo, vi si rifugiò lo Strategoto messinese Arrigo Rosso Conte d'Aidone (fratello di Guglielmo) scampato all'eccidio di Messina. Sempre nel 1356, il re assegnò il castello al nobile messinese Federico di Giordano. Nel 1385, fu nominato "Castellano di Savoca" Tommaso Crisafi da Messina. Al 1396 risalgono alcune notizie (contenute in alcuni documenti originali recuperati dallo storico locale prof. Angelo Cascio) riguardanti la castellania di Tommaso Crisafi e la mala gestio di costui e di alcuni suoi collaboratori: fu lo stesso Re di Sicilia Martino I a intimare al Crisafi la restituzione di un'ingente somma di denaro (260 once d'oro) ingiustamente e indebitamente sottratte all'Archimandrita messinese. Le stesse fonti riferiscono inoltre che, l'anno seguente, Re Martino I rimosse dall'incarico Tommaso Crisafi, nominando al suo posto Federico Spadafora da Messina. Agli inizi del XV secolo il Castello ritornò definitivamente in possesso degli Archimandriti, perdendo definitivamente lo status di "Castello regio". Nel trentennio 1421-1450, l'Archimandrita Luca IV de Bufalis, reputando Savoca più salubre di Messina, vi si trasferì stabilmente accompagnato da tutta la sua corte. Nel 1480, venne restaurato dall'Archimandrita Leonzio II Crisafi. Nel 1631, venne sontuosamente abbellito e ingrandito a spese dell'Archimandrita Diego de Requiensez, detto intervento è citato da Vito Amico, il quale riferisce che il castello venne "rifatto in maggior circuito e più magnifica forma". Dal castello partivano gli ordini e le direttive indirizzate a tutti i fortini e le torri di vedetta disseminate sul litorale e che facevano parte del sistema di avviso delle Torri costiere della Sicilia, costruite su indicazione dell'architetto fiorentino Camillo Camilliani, ove oggi sorgono i comuni di Santa Teresa di Riva, Furci Siculo e Roccalumera. Ô stato per secoli il centro del potere a Savoca, poi, pian piano perse d'importanza. Alla fine del XVII secolo subì gravi danni a causa del Terremoto del 1693, sicché in prosieguo fu poco frequentato dalla Corte Archimandritale che preferiva risiedere a Messina o a Roma. Dal 1780, circa, venne abbandonato ed andò in rovina per sempre. Da allora, vaste porzioni del Castello Pentefur vennero letteralmente smontate dai savocesi, che per decenni utilizzarono le sue pietre per edificare le loro case.In base a quanto risulta da antiche cronache, il sito del Castello Pentefur, oltre le mura fuori terra, racchiuderebbe nel sottosuolo consistenti testimonianze archeologiche di epoca romana, bizantina e araba. Da alcuni anni sono stati intrapresi lavori per assicurare l'accesso e la fruizione pubblica guidata del sito, a cura della famiglia Nicòtina che ne è proprietaria dal 1885.
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