Descrizione:
Equisetum L. 1753 è un genere di piante vascolari Pteridofite appartenenti alla famiglia delle Equisetaceae, conosciute comunemente come code di cavallo.
Sono tra gli organismi più antichi della terra: il ritrovamento di resti fossili di alcune specie dell'ordine delle Equisetales indicano che erano piante diffuse già alla fine del Devoniano (395 - 345 milioni di anni fa).
Dal punto di vista filogenetico sono piante più primitive delle angiosperme, infatti sono senza organi sessuali distinti, si propagano e si riproducono per mezzo di spore. Al genere Equisetum appartengono 15 specie, delle quali poco meno di una decina sono proprie della flora italiana.
Il nome generico (Equisetum) significa "crine di cavallo"; la radice equiset- deriva infatti dal latino equi saeta, ossia coda (saeta, -ae, lett. crine) di cavallo (equi, gen. di equus, -i).
Dobbiamo a Dioscoride Pedanio (Anazarbe in Cilicia, 40 circa - 90 circa), che fu un medico, botanico e farmacista greco antico che esercitò a Roma ai tempi dell'imperatore Nerone, una delle prime descrizioni dettagliate di queste piante.
La nomenclatura scientifica attualmente accettata (Equisetum) è stata proposta da Carl von Linne (Rashult, 23 maggio 1707 - Uppsala, 10 gennaio 1778) biologo e scrittore svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione Species Plantarum del 1753.
Si tratta di piante perenni che, alle latitudini più miti, appassiscono d'inverno; ai tropici sono invece sempreverdi, come pure alcune specie della zona temperata (E. hyemale, E. sciropides, E. variegatum, E. ramosissimum).
La forma biologica più ricorrente è geofita rizomatosa (G rhiz), ossia sono piante perenni erbacee che portano le gemme in posizione sotterranea. Durante la stagione avversa non presentano organi aerei e le gemme si trovano in organi sotterranei detti rizomi (un fusto ipogeo dal quale, ogni anno, si dipartono radici e fusti aerei). In realtà anche durante i periodi più avversi la pianta deve continuare a vivere per cui alcuni brevi rami ipogei laterali si trasformano in tuberi rotondi contenenti sostanze di riserva per lo svernamento.
Le dimensioni variano molto da specie a specie: generalmente, la maggior parte di queste piante producono fusti di dimensioni comprese tra i 20 cm e il metro e mezzo, raramente l-E. telmateia può raggiungere i 2,5 m, mentre le specie tropicali E. giganteum e E. myriochaetum raggiungono rispettivamente i 5 m e gli 8 m e più, anche se a volte essendo i fusti troppo deboli sono costretti a sostenersi ad altre piante come rampicanti.
Le radici sono secondarie (fascicolate) da rizoma e di tipo avventizio. Generalmente sono dei ciuffi che si diramano dai nodi del rizoma e durano un anno al massimo.
Fusto. Parte ipogea: la parte ipogea del fusto consiste in un rizoma orizzontale (strisciante oppure no) con ingrossamenti tuberiformi (vedi sopra) e varie ramificazioni a volte anche intricate e profonde fino a un metro che danno luogo a germogli aerei eretti e quindi ai corrispondenti fusti epigei. I germogli hanno la caratteristica di essere provvisti inizialmente di una sola cellula apicale, molto grande, a forma di tetraedro (più o meno piramidale), dalla quale si generano per divisione le cellule successive per lo sviluppo del fusto adulto (vedi disegno sotto).
Parte epigea: la parte epigea (detta anche più precisamente culmo) consiste in due tipi di fusti:
fusti fertili, bianchicci o bruni (a volte di colore giallastro) e quindi privi di clorofilla), atti alla riproduzione; sono provvisti di nodi e relativi internodi con un solo strobilo apicale di sporofilli (foglia modificata che porta gli sporangi, alloggiamento delle spore - i "semi" delle Pteridophyte); ai nodi sono presenti delle foglie; mentre i rami generalmente sono assenti, a parte alcune specie come E. palustre e altre tropicali. Se lo strobilo viene scosso, fuoriesce una nuvola verde-gialla di spore.
fusti sterili, ruvidi di colore verde e quindi fotosintetici. In questi fusti le foglie sono così poco significative che il fusto si sostituisce ad esse per il processo fotosintetico anche tramite degli stomi. Questi fusti sono ramificati con una decina e più di rametti normalmente a quattro coste posti in verticilli alla base delle foglie a sua volta poste nei nodi del fusto; anche i rametti sono articolati in nodi e relativi internodi. Questi secondi fusti normalmente si sviluppano solamente dopo che quelli fertili hanno assolto alla loro funzione riproduttiva;
La presenza dei due tipi fusti, fotosintetici e non-fotosintetici, è limitata ad alcune specie del sottogenere Equisetum (vedi sotto sezione Sistematica), mentre tale dimorfismo è assente nel sottogenere Hippochaete.
Entrambi i fusti sono fortemente scanalati longitudinalmente (sono alati); le striature verticali (fino a 40 e più) presentano inoltre la particolarità di essere sfalsate passando per due internodi contigui. In questo modo i rametti si trovano sfalsati gli uni rispetto agli altri così da ricevere più luce solare. I fusti sono cavi (cavità midollare) o fistolosi, infatti all'interno è presente una sottile cavità longitudinale spesso vuota. Questa struttura morfologica, che è una delle caratteristiche più importanti di tutte le Equisitaceae e quindi del genere Equisetum, si chiama "sifonostele" (da "sifone"). In particolare questo "sifonostele" è di tipo "ectofloico" in quanto il midollo centrale è avvolto da un mantello di legno (xilema) a sua volta circondato da uno strato continuo di libro (floema). Importante è anche la presenza di una corona di fasci conduttori collaterali (struttura chiamata "eustelica").
Sezione trasversale di un tipico fusto di "equiseto" (figura a sinistra) in corrispondenza di un internodo: la parte più esterna consiste in una epidermide (e) contenente diversi granuli di silice (da qui le proprietà meccaniche tipo taglio o abrasione di queste piante). In corrispondenza delle costole longitudinali del fusto il tessuto vegetale (chiamato cordone sclerenchimatico) è ulteriormente ispessito (s). Nelle "vallecole", avvallamenti tra una costola e l'altra dove l'ispessimento è minore, è presente il parenchima clorofilliano (pc), questo solamente nei fusti sterili. In questa zona sono presenti anche gli stomi, delle aperture stomatiche (as) la cui funzione è di consentire lo scambio gassoso fra interno ed esterno del vegetale, in particolare la fuoriuscita di vapore acqueo e l'entrata di ossigeno e di anidride carbonica. Nelle specie europee gli stomi sono più superficiali (come nel presente disegno), mentre in quelle tropicali sono più interni. Ancora più internamente, immersi nel parenchima (p), abbiamo i canali vallecolari (cv), probabilmente la loro funzione è di facilitare la circolazione dell'aria in tutta la pianta, e i fasci cribro-vascolari (fv), altre strutture di tipo "eustelico" (derivate dalla "sinfostele" centrale interrotta in più punti) conduttrici di sostanze liquide. Questa struttura ("eustelica") è tipica della zona internodale e meno evidente in quella nodale. Al centro è presente una grande cavità vuota (c) che nel rizoma e nei rametti laterali serve a contenere il midollo. Questa cavità è circondata dal xilema (x) che a sua volta è circondato dal floema (f).
Le foglie (in questo caso chiamate più precisamente microfille) sono situate in corrispondenza dei nodi del fusto. Sono erette e appressate al fusto stesso. Sono concresciute le une alle altre (formano una specie di collaretto lobato o guaina attorno al fusto) e non sono differenziate in picciolo e lamina fogliare; possono ricoprire in parte o completamente l'internodo. La forma è lanceolata, squamiforme con un unico nervo dorsale e apice acuminato di colore bruno. Il numero delle foglie (e relativi denti) secondo le specie può essere di poche unità come diverse decine.
Strobilo: l'apparato riproduttivo è posto nello strobilo, struttura apicale ai fusti fertili. Lo strobilo è ricoperto quasi completamente dai sporofilli a forma di foglia peltata, ossia un corto peduncolo è inserito al centro della pagina inferiore di questa foglia modificata, mentre la parte opposta del peduncolo si collega all'asse centrale del fusto e quindi allo strobilo. La forma della foglia è irregolarmente esagonale. Tutto intorno all'estremità inferiore della foglia sono inseriti (da 5 a 12) diversi sporangi sacciformi (a forma di sacco - sono i contenitori delle spore). Questi si aprono a maturità attraverso una fessura longitudinale interna per lasciar fuoriuscire le spore (prima fase del ciclo riproduttivo di queste piante - vedere figura sotto [F1]). La rottura dei sporangi è una conseguenza dall'evaporazione dell'acqua di riempimento nelle cellule parietali, in questo modo si creano delle forze di coesione che determinano la fessurazione degli sporangi stessi.
Spore: le spore sono del tipo isospore ossia sono tutte uguali (indifferenziate sessualmente); la loro superficie è stratificata in quattro livelli sovrapposti. Il più importante di tutti è il primo livello (quello più esterno chiamato esosporio) che lacerandosi lascia libere quattro appendici (lunghe e sottili striscette allargate all'apice) chiamate apteri (simili agli "elateri" delle Epatiche) che hanno la funzione di far muovere la spora essendo dotate di movimenti igroscopici (utili nel processo di disseminazione). Infatti in presenza di umidità gli "apteri" si avvolgono come un'elica attorno al corpo della spora; in ambiente secco invece si srotolano e si distendono completamente per poi raccogliersi nuovamente in presenza di umidità.
Le spore secondo le condizioni ambientali (umidità, luce, segnali di tipo ormonale o altro) danno luogo ad un protallo sessualmente differenziato (maschile [F2] o femminile [F3]). Questa fase deve avvenire entro breve tempo dalla fuoriuscita delle spore: le loro possibilità di germinare è di pochi giorni. è da notare inoltre che le spore sono organismi aploidi, è quindi a questo punto che si decide il sesso. I protalli posso rimanere attivi al substrato per alcuni anni ed hanno dimensioni variabili di alcuni centimetri (quelli maschili sono più piccoli), sono verdi e variamente lobati.
Dai protalli poi si sviluppano gametofiti eterotallici (maschili o femminili); se maschili portano gli anteridi, se femminili gli archegoni. Gli archegoni in genere sporgono dalla superficie del protallo, mentre gli anteridi che possono contenere fino a un migliaio di spermatozoidi sono immersi più profondamente. Gli spermatozoidi hanno una forma elicoidale e all'apice sono provvisti di numerosi flagelli [F4].
La oosfera (gamete femminile contenuto nel archegone) a questo punto attende la fecondazione da parte di un spermatozoide(o gamete maschile cigliato prodotto dal'anteride giunto a maturità) [F5]: potrà finalmente svilupparsi il nuovo sporofito [F7] (ossia altri fusti di "equiseto") passando per la cellula embrione [F6].
Gli equiseti rappresentano un genere praticamente cosmopolita, diffuso in tutti i continenti, con l'eccezione di Oceania e Antartide. La specie più diffusa in Europa è E. arvense.
Le specie del sottogenere Equisetum (vedi sezione Sistematica) vegetano dalla latitudine 80° Nord sino a 40° Sud. La maggior parte di esse si trovano nella zona temperata dell'emisfero nord, mentre poche specie estendono il loro areale nella fascia subtropicale e una sola specie, E. bogotense, si spinge nella zona tropicale dell'emisfero meridionale. Le specie del sottogenere Hippochaete sono presenti in entrambi gli emisferi, in un range latitudinale che va dall' Isola di Ellesmere (79° N) sino all'Argentina (approssimativamente 40° S).
La maggior parte delle specie prediligono terreni sabbiosi umidi, alcune sono semi-acquatiche e altre si sono adattate a terreni argillosi.
Gli antichi romani lo usavano come sostituto del sapone (vedi il sapone degli antichi romani) e anche oggi utilizzato in cosmetica come ingrediente di creme antirughe (sembra che rallenti l'invecchiamento della pelle in genere).
Inoltre queste piante, in quanto provviste superficialmente di granuli di silicio, anticamente venivano usate per levigare (sgrassare e lucidare) superfici anche metalliche (E. hyemale).
Da Wikipedia