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Amanita phalloides
Etnanatura non si assume nessuna responsabilità circa eventuali errori nella catalogazione dei funghi.
Prima di considerare un fungo commestibile è sempre opportuno sottoporlo a esperti certificati e autorizzati
Amanita phalloides
Amanita phalloides
L'Amanita phalloides (Vaill. ex Fr.) Link, 1833 nota anche come amanita falloide o tignosa verdognola é un fungo basidiomicete della famiglia delle Amanitaceae mortale assai diffuso e il piú pericoloso esistente in natura a causa della sua tossicitá estremamente elevata e del suo elevato polimorfismo che lo rende somigliante a molte specie, congeneri e non (da qui i nomi popolari di angelo della morte e di ovolo bastardo). L'avvelenamento da a. falloide ha quasi sempre esito letale e, nel caso che l'avvelenato sopravviva, lo costringe in genere all'emodialisi a vita o al trapianto di fegato.
Questo fungo produce una sostanza chiamata α-amanitina che impedisce la formazione dell'RNA-messaggero da parte della polimerasi-II in umani e, in concentrazione maggiore, blocca anche la funzione della polimerasi-III. Al contrario, nè la polimerasi-I in umani, nè la polimerasi-III della stessa amanita sono soggette o vulnerabili all'azione dell'α-amanitina.
Cappello.
Di colore variabile da grigio-giallastro, a verdastro, o giallo-bruno o anche bianco nella varietá alba, di forma conico-campanulata od emisferica e poi espanso, pianeggiante, liscio, serico, senza verruche con fibrille innate.
Lamelle.
Bianche, libere al gambo, alte.
Gambo.
Bianco, spesso ornato da "zebrature" simili al colore del cappello (non facilmente distinguibili nella varietá alba), prima pieno e poi cavo nell'esemplare molto vecchio, bulboso alla base.
Anello.
Bianco con riflessi giallognoli, cadente a fazzoletto sul gambo, spesso caduco negli esemplari maturi.
Carne.
Bianca, immutabile, soda. Assaggio assolutamente da evitare dato che solo 3-7 milligrammi possono essere fatali. Per evitare l'accidentale ingestione di un frammento di fungo - anche piccolo - nella cosiddetta fase di assaggio, si sconsiglia vivamente tale procedura per la specie in questione.
Odore: pressochè nullo (o di rosa appassita) nel fungo fresco e giovane, di miele nel fungo adulto, fetido e cadaverico nel fungo fradicio. Il micologo Riccardo Mazza, nel suo libro Introduzione alla Micosmologia, afferma che l'odore ricorda l'ammoniaca. Sapore: nullo in principio, un po' acre oppure di "nocciole" alla fine.
Spore.
Bianche in massa, ovoidali, quasi rotonde, a reazione amiloide 9-11 x 7-9 µm. Distribuzione e habitat Cresce in estate-autunno, un po' in tutta Italia, soprattutto sotto le querce ed i castagni nei boschi frondosi, non di rado anche sugli argini alberati, limitanti prati e terreni coltivati. Predilige le latifoglie ma non di rado si trova anche nei pressi di conifere.
Tossicitá.
Mortale.
Si tratta della specie micologica che causa la stragrande maggioranza degli avvelenamenti con esito mortale in Europa.
Contiene amanitine (di due tipi, α e β), molecole cicliche che bloccano selettivamente l'enzima RNA polimerasi coinvolto nella sintesi proteica, e falloidine (PM 1000), altro tipo di ciclo-peptidi ugualmente dannosi per la membrana cellulare, poichè legano con l'actina, proteina strutturale che mantiene in posizione i canali ionici; in tal modo dalla cellula fuoriescono ioni sodio ed entrano ioni potassio: la cellula quindi si gonfia fino a lisare. Pericoli per la salute dell'uomo Provoca danni irreversibili al fegato e la morte. Possono risultare letali anche piccolissimi frammenti (circa un grammo di peso fresco per ogni chilogrammo di peso di chi lo ingerisce), quindi circa 70 grammi per un uomo adulto di 70 kg; inoltre il fungo mantiene tutte le sue proprietá velenose anche dopo la cottura, l'essiccazione e il congelamento. I primi sintomi della sindrome falloidea possono essere avvertiti da 12 a 48 ore dopo l'ingestione, a seconda della costituzione fisica del soggetto. In questo periodo le RNA-polimerasi a livello del fegato vengono inibite: cessa quindi la sintesi proteica e il fegato va in necrosi con effetti analoghi all'epatite virale in forma grave. Se l'avvelenamento é diagnosticato in tempi brevi, é possibile scongiurare il decesso del paziente; tuttavia quest'ultimo, a seguito del danno epatico riportato, dovrá ricorrere a emodialisi oppure al trapianto dell'organo. Terapia dell'avvelenamento da Amanita phalloides: Silibinina per via orale; 20-50 milligrammi per chilogrammo in 500 ml di soluzione di destrosio al 5% da iniettare in vena ogni sei ore per un giorno. Puó inoltre venir data penicillina in alto dosaggio. Entrambi i farmaci inibiscono l'incorporazione dell'amanitina nell'epatocita.
L'elevato polimorfismo dell'a. falloide aumenta enormemente il rischio di confusione con altre specie congeneri o con specie di generi differenti di amanita.
Occasionalmente puó raggiungere dimensioni ragguardevoli in altezza.

Fonte Wikipedia
Link percorso: Giarrita
Comune: Sant Alfio - Località: Cerrita
Coordinate. Inizio percorso: 37°46'35''-15°06'30''- Fine percorso: 37°46'28''-15°05'31''
Quota. Inizio percorso: 1123 m - Fine percorso: 1364 m
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