Etnanatura Flora: Opuntia ficus indica
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Opuntia ficus indica
Opuntia ficus indica
Opuntia ficus indica
Il fico d'India o ficodindia (Opuntia ficus-indica ((L.) Mill., 1768), é una pianta succulenta appartenente alla famiglia delle Cactacee, originaria del Centroamerica ma naturalizzata in tutto il bacino del Mediterraneo, in Italia soprattutto nelle regioni centro meridionali.
Storia. L'O. ficus-indica é nativa del Messico. Da qui, nell'antichitá, si diffuse tra le popolazioni del Centro America che la coltivavano e commerciavano giá ai tempi degli Aztechi, presso i quali era considerata pianta sacra con forti valori simbolici. Una testimonianza dell'importanza di questa pianta negli scambi commerciali é fornita dal Codice Mendoza. Questo codice include una rappresentazione di tralci di Opuntia insieme ad altri tributi quali pelli di ocelot e di giaguaro. Il carminio, pregiato colorante naturale per la cui produzione é richiesta la coltivazione dell'Opuntia, é anch'esso elencato tra i beni commerciati dagli Aztechi.
La pianta arrivó nel Vecchio Mondo verosimilmente intorno al 1493, anno del ritorno a Lisbona della spedizione di Cristoforo Colombo. La prima descrizione dettagliata risale comunque al 1535, ad opera dello spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo y Valdès nella sua Historia general y natural de las Indias. Linneo, nel suo Species Plantarum (1753), descrisse due differenti specie: Cactus opuntia e C. ficus-indica. Fu Miller, nel 1768, a definire la specie Opuntia ficus-indica, denominazione tuttora ufficialmente accettata.
E' una pianta succulenta arborescente che puó raggiungere i 4-5 metri di altezza.
Il fusto é composto da cladodi, comunemente denominati pale: si tratta di fusti modificati, di forma appiattita e ovaliforme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3,0 cm, che, unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni. I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana, vicariando la funzione delle foglie. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio fusto.
Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche millimetro. Appaiono sui cladodi giovani e sono effimere. Alla base delle foglie si trovano le areole (circa 150 per cladode) che sono delle ascelle modificate, tipiche delle Cactaceae.
Il tessuto meristematico dell'areola si puó differenziare, secondo i casi, in spine e glochidi, ovvero puó dare vita a radici avventizie, a dei nuovi cladodi o a dei fiori. Da notare che anche il ricettacolo fiorale, e dunque il frutto, é coperto da areole da cui si possono differenziare sia nuovi fiori che radici.
Le spine propriamente dette sono biancastre, sclerificate, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. Esistono anche varietá di Opuntia inermi, senza spine.
I glochidi sono invece sottili spine lunghe alcuni millimetri, di colore brunastro, che si staccano facilmente dalla pianta al contatto, ma essendo muniti di minuscole scaglie a forma di uncino, si impiantano solidamente nella cute e sono molto difficili da estrarre, in quanto si rompono facilmente quando si cerca di toglierle. Sono sempre presenti, anche nelle varietá inermi.
L'apparato radicale é superficiale, non supera in genere i 30 cm di profonditá nel suolo, ma di contro é molto esteso.
I fiori sono a ovario infero e uniloculare. Il pistillo é sormontato da uno stimma multiplo. Gli stami sono molto numerosi. I sepali sono poco vistosi mentre i petali sono ben visibili e di colore giallo-arancio.
I fiori si differenziano generalmente sui cladodi di oltre un anno di vita, piú spesso sulle areole situate sulla sommitá del cladode o sulla superficie piú esposta al sole. All'inizio, per ogni areola, si sviluppa un unico fiore. I fiori giovani portano delle foglie effimere caratteristiche della specie. Un cladode fertile puó portare sino a una trentina di fiori, ma questo numero varia considerevolmente in base alla posizione che il cladode occupa sulla pianta, alla sua esposizione e anche in base alle condizioni di nutrizione della pianta.
Il frutto é una bacca carnosa, uniloculare, con numerosi semi (polispermica), il cui peso puó variare da 150 a 400 g. Deriva dall'ovario infero aderente al ricettacolo fiorale. Certi autori lo considerano un falso arillo. Il colore é differente a seconda delle varietá: giallo-arancione nella varietá sulfarina, rosso porpora nella varietá sanguigna e bianco nella muscaredda. La forma é anch'essa molto variabile, non solo secondo le varietá ma anche in rapporto all'epoca di formazione: i primi frutti sono tondeggianti, quelli piú tardivi hanno una forma allungata e peduncolata. Ogni frutto contiene un gran numero di semi, nell'ordine di 300 per un frutto di 160 g. Molto dolci, i frutti sono commestibili e hanno un ottimo sapore. Una volta sbucciati e privati delle punte si possono tenere in frigorifero e mangiare freddi.
Distribuzione e habitat. La Sicilia vista da Reggio Calabria con dei fichi d'India in primo piano.
Il fico d'india é una pianta xerofila ed eliofila. Recenti studi genetici indicano che O. ficus-indica é originaria del Messico centrale. Da qui si diffuse successivamente a tutto il Mesoamerica e quindi a Cuba, Hispaniola, e alle altre isole dei Caraibi, dove i primi esploratori europei della spedizione di Cristoforo Colombo la conobbero, introducendola in Europa.
E' verosimile che la pianta fosse stata introdotta in Sud America in epoca precolombiana, sebbene non vi siano prove certe in tal senso; quel che sembra accertato é che la produzione del carminio, strettamente correlata alla coltivazione della Opuntia, fosse giá diffusa tra gli Incas.
In Europa la pianta oltre che per i suoi frutti, suscitó attenzione quale possibile strumento per l'allevamento della cocciniglia del carminio, ma si dovette aspettare sino al XIX secolo perchè il tentativo avesse successo nelle isole Canarie. Agli inizi restó pertanto una curiositá da ospitare negli orti botanici.
Da qui si diffuse rapidamente in tutto il bacino del Mediterraneo dove si é naturalizzata al punto di divenire un elemento caratteristico del paesaggio. La sua diffusione si dovette sia agli uccelli, che mangiandone i frutti ne assicuravano la dispersione dei semi, sia all'uomo, che le trasportava sulle navi quale rimedio contro lo scorbuto. In nessun'altra parte del Mediterraneo il ficodindia si é diffuso come in Sicilia e Malta, dove oltre a rappresentare un elemento costante nel paesaggio naturale, é divenuto anche un elemento ricorrente nelle rappresentazioni letterarie e iconografiche dell'isola, fino a diventarne in un certo qual modo il simbolo. Le pale raccolte in Sardegna furono portate anche in Eritrea per introdurre la coltivazione a fini alimentari. La qualitá sarda tra l'altro é nota per non avere spine
Opuntia ficus-indica si espanse inoltre negli ambienti aridi e semi-aridi dell'Asia (India e Ceylon) e dell'emisfero sud, in particolare in Sudafrica, Madagascar, Rèunion e Mauritius, cosí come in Australia. In molti di questi paesi, i fichi d'India sono diventati infestanti tanto da invadere milioni di ettari e da richiedere gran quantitá di diserbanti per contenerne l'invadenza; soltanto la lotta biologica potè venirne a capo intorno al 1920-1925, con l'introduzione di insetti fitofagi come la farfalla Cactoblastis cactorum e la cocciniglia Dactylopius opuntiae.
La pianta é al giorno d'oggi coltivata in numerosi paesi, tra cui: Messico, Stati uniti, Cile, Brasile, Nord Africa, Sudafrica, Medio Oriente, Turchia, Tunisia su ampie regioni del paese. In Italia é coltivata prevalentemente in Basilicata, Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Sardegna ma é diffusa su tutto il litorale tirrenico fino alla Liguria.
Il carattere infestante della specie, che tende a sostituire la flora autoctona modificando il paesaggio naturale, ha messo in allerta anche alcune regioni italiane, tra le quali la Toscana, dove una legge regionale ne vieta espressamente l'uso per interventi d'ingegneria naturalistica, come il rinverdimento, la riforestazione ed il consolidamento dei terreni.
Biologia. Opuntia ficus-indica ha una grande resistenza alla siccitá (e al tempo stesso una grande produttivitá di biomassa) determinata dai cladodi che sono ricoperti da una spessa cuticola cerosa e dal parenchima che é costituito da strati di cellule che fungono da riserva d'acqua. Anche la presenza di radici superficiali e disposte su ampia superficie é un adattamento che consente la sopravvivenza anche in zone con precipitazioni piovose di modesta entitá. La pianta inoltre, analogamente alle altre Cactacee, é dotata di un particolare metabolismo fotosintetico, denominato fotosintesi CAM (Crassulacean Acid Metabolism), che consente l'assimilazione dell'anidride carbonica e la traspirazione durante la notte, quando la temperatura é piú bassa e l'umiditá piú alta. Le perdite di acqua per traspirazione sono conseguentemente molto ridotte, mentre la quantitá di anidride carbonica assorbita é, in rapporto all'acqua disponibile, elevata. Ció determina una maggiore efficienza d'uso dell'acqua, cioé un costo in termini di acqua necessaria per fissare una molecola di carbonio, da 3 a 5 volte piú basso di quello che si registra nelle altre specie agricole.
Fonte Wikipedia
  • I sapori di Sicilia
  • Dipartimento botanica
  • Associazione Micologic Bresadola
  • Flora spontanea Siciliana
  • Fungaioli siciliani
  • Fauna Siciliana
  • Fiori di sicilia
  • Orchidee dei Peloritani
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