Campanarazzu

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07-08-2015 19-49-10Campanarazzu è un sito archeologico, probabilmente il primo al mondo, dove si è scavato al di sotto di una eruzione lavica. A Pompei ed Ercolano gli archeologi hanno scavato sotto la cenere vulcanica a Misterbianco si è scavato sotto dodici metri di basalto lavico durissimo, con ruspe munite di un potente martello idraulico prima di rompere la lava ed arrivare al pavimento ed alle sottostanti cripte. Un sogno inseguito da secoli poiché tutti conoscevano il luogo dove sorgeva l’antica Misterbianco coperta dall’eruzione lavica del marzo 1669 che aveva distrutto l’intero abitato ma non era riuscita a sovrastare l’annesso campanile che si ergeva fuori dalle nerissime lave come a testimoniare ai posteri una presenza.

Solo il terremoto del 1693 che distrusse la Val di Noto e Catania riuscì ad avere la meglio sul campanile che in parte crollò mantenendo comunque un punto di riferimento tra le sciare dove spicca ancora oggi una dagala popolata di querce che l’eruzione risparmiò. Questo posto mai dimenticato, posto tre chilometri a nord dell’attuale centro abitato, è stato da sempre meta di studiosi ed amanti di storia patria sin dall’Ottocento, ma mai a nessuno fino a qualche decennio fa era venuto in mente che sotto quella pesante e spessa coltre di basalto potesse risorgere, come l’araba fenicia, la chiesa madre dell’antico comune. Negli ultimi tre lustri si è andati avanti a piccoli passi. Prima con un cantiere che ha sondato il sito, facendo riemergere l’intero campanile coperto dai detriti del terremoto e non dalla lava, riportando alla luce la scala interna con i gradini in pietra lavica e successivamente, grazia all’opera delle ruspe, ha riassaporato i raggi del sole anche l’arco in pietra bianca dell’altare laterale del Crocefisso. A quel punto si è avuto la consapevolezza che la colata lavica aveva coperto la chiesa ma non l’avesse del tutto distrutta. Un progetto della Sovrintendenza, sostenuto dal compianto on. Lino Leanza ottenne il finanziamento della Regione grazie a dei fondi europei per un milione di euro e ripresero i lavori che riportarono alla luce l’intera navata principale, gli altari laterali, i resti di un affresco, il battistero, la porta laterale con il suo arco e l’ingresso principale con il suo altare centrale. Il pavimento in gran parte in cotto è stato protetto dalla caduta del tetto che ha fatto da cuscinetto su cui si è riversata la lava proveniente da nord. Purtroppo nel corso dei lavori una frana ha colpito il costone nord del presbiterio e tutto ciò ha causato lo stop dei lavori per mettere in sicurezza il sito erodendo le risorse del primo finanziamento. Si è dovuto attendere qualche anno prima che un secondo finanziamento, sempre dell’Assessorato regionale alle Attività culturali nel frattempo retto dallo stesso Leanza, per altre 500 mila euro, portasse a compimento l’opera ed allargasse l’orizzonte del primo intervento. La terza fase di scavo a riportato alla luce anche la parte più antica dell’edificio di culto, la cappella gotica, che probabilmente è stato il primo embrione di quella che sarà l’antica chiesa, risalente con molta probabilità al 1200 e di cui si ha la prima testimonianza in pergamene conservate presso la Biblioteca Ursino Reupero di Catania risalenti alla metà del 1300. Scavando l’intera cappella ricoperta di basalto lavico con l’iniezione di una malta espansiva che spaccava la pietra, è venuto alla luce l’intero pavimento in maiolica blu e bianco il cui disegno era conosciuto da decenni per alcune mattonelle venute alla luce nel corso di tentativi portati avanti mezzo secolo fa. Il pavimento invece della navata centrale in cotto e di forma esagonale è stato consolidato ed in parte ricostruito per preservare le sottostanti cripte in cui i resti mortali ritrovati sono stati composti in delle cassette zincate e riposte nelle stesse cripte dove sono state rinvenute. Proprio davanti l’ingresso principale della chiesa è venuto alla luce anche il pavimento con i primi gradini realizzato in fasce di pietra lavica con al centro un acciottolato ben conservato e lo stipite sinistro in pietra bianca. Molte all’interno le colonne lavorate, sempre in pietra bianca, i capitelli ed i fregi che saranno restaurati a partire dal prossimo mese di settembre. Le mura laterali sono state in parte ricostruite per permettere di posare le travi di legno per il tetto che sarà completato sempre a settembre, così come l’impianto elettrico ed i servizi per rendere il luogo accessibile. Ci sono ancora dei locali invasi dalla lava che nel futuro possono essere riportati alla luce e svelare altri segreti ancora non conosciuti, anche se fino ad oggi gli stili rinascimentali e gotici sono ben individuati e visibili appena il luogo sarà aperto definitivamente al pubblico che potrà ammirare per la prima volta cosa la lava ha conservato e non distrutto.

Carmelo Santonocito. Pagina Facebook.

Foto di Etnanatura, Campanarazzu, Salvo Nicotra e Michele Torrisi.

Sito Etnanatura: Campanarazzu.

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