Tindari

Share Button

08-06-2015 19-16-56Tindari si strova su un promontorio dei monti Nebrodi che si sporge, da un’altezza di 268 m, a picco sul mar Tirreno e sulla Riserva naturale orientata dei laghetti di Marinello. La città venne fondata da Dionisio di Siracusa nel 396 a.C. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), e prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.

Durante la prima guerra punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese. Con Siracusa passò in seguito nell’orbita romana e fu base navale di Sesto Pompeo. Presa da Augusto nel 36 a.C., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, Cicerone la citò come nobilissima civitas. Nel I secolo d.C. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti. Sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell’836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta. I resti della città antica si trovano nella zona archeologica, in discreto stato di conservazione, per lo scarso interesse di un reimpiego dei blocchi di pietra arenaria di cui erano costituiti. I primi scavi si datano al 1838-1839 e furono ripresi tra il 1960 e il 1964 dalla Soprintendenza archeologica di Siracusa e ancora nel 1993, 1996 e 1998 dalla Soprintendenza di Messina, sezione dei beni archeologici. Sono stati rinvenuti mosaici, sculture e ceramiche, conservati in parte presso il museo locale e in parte presso il Museo archeologico regionale di Palermo. L’impianto urbanistico, risalente probabilmente all’epoca della fondazione della città, presentava un tracciato regolare a scacchiera. Si articolava su tre decumani, strade principali (larghezza di 8 m), correvano in direzione sud-est – nord-ovest, ciascuno ad una quota diversa, e si incrociavano ad angolo retto e a distanze regolari con i cardini, strade secondarie e in pendenza (larghezza 3 m). Sotto i cardini correva il sistema fognario della città, a cui si raccordavano le canalizzazioni provenienti dalle singole abitazioni. Gli isolati delimitati dalle vie avevano un’ampiezza di circa 30 m e una lunghezza di 77 o 78 m. Uno dei decumani rinvenuti nello scavo, quello superiore doveva essere la strada principale della città: costeggia ad una estremità il teatro, situato più a monte e scavato nelle pendici dell’altura, e all’altra estremità sfocia nell’agorà, oltre la quale, nella zona più elevata, occupata oggi dal Santuario della Madonna Nera, doveva trovarsi l’acropoli. Le mura cittadine, i cui resti attualmente visibili sono dovuti ad una ricostruzione del III secolo a.C. che ripercorre una cinta precedente, probabilmente coeva alla fondazione, venne completata sul lato verso il mare e rimaneggiata in epoca tardo imperiale e bizantina. La cinta si sviluppava per una lunghezza di circa 3 km ed era della tipologia “a doppia cortina, con due muri paralleli (circa 0,70 m di spessore) in opera quadrata di arenaria con disposizione isodoma, separati da uno spazio, in origine riempito con terra o sassi (2,10 m di spessore), raggiungendo un’altezza di 6,85 m. A distante diseguali si innalzavano torri quadrate: una di queste (spazio interno di 6,5 x 5,15 m e con muri larghi 0,43 m e lunghi 0,87 m) conserva un tratto della scala che portava alla sommità delle mura. La porta principale, sul lato sud-occidentale, era fiancheggiata da due torri e protetta da un’antiporta a tenaglia di forma semicircolare, con l’area interna lastricata con ciottoli. Altri piccoli passaggi si aprivano a fianco delle torri della porta maggiore e venivano utilizzate per le sortite dei difensori. Il teatro venne costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.C. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l’adattamento a sede per i giochi dell’Anfiteatro. Rimasto a lungo in abbandono e conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti. In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un’arcata, restaurata nel 1939. L’orchestra venne trasformata in un’arena, circondando la cavea con un muro e sopprimendone i quattro gradini inferiori. Dal 1956 vi ha sede un festival artistico che annovera tra le manifestazioni danza, musica, e ovviamente teatro. Nell’area urbana è stata scavata, tra il 1949 ed il 1964, un isolato completo (insula IV), delimitato dai tratti dei due decumani scavati e da due strade secondarie. A causa della pendenza del terreno, i diversi edifici che la compongono erano costruiti su terrazze a diversi livelli. Sul decumano inferiore si aprivano sei tabernae, o ambienti per il commercio, tre delle quali erano dotate di retrobottega. Su queste poggiava un’ampia domus (casa B) con peristilio a dodici colonne in pietra con capitelli dorici. Il tablinium, o salone (lunghezza 8 m e larghezza 4,60 m). Al livello più alto una seconda domus, “casa C”, con peristilio simile alla precedente, presenta l’accesso al tablinio inquadrato da colonne con capitelli corinzi italici in terracotta e basi realizzate con mattoni di forma rotonda. Le due case vennero costruite nel I secolo a.C., su precedenti fasi abitative e furono soggette a restauri e rimaneggiamenti: in particolare nella parte superiore si impiantarono delle piccole terme e gli originali pavimenti scutulati (scutulata con inserimento di piccole lastre di marmi colorati) o in signino con inserimento di tessere di mosaico bianche, o ancora con mosaici policromi, si sostituirono mosaici in bianco e nero con figure. La cosiddetta “Basilica”, in passato identificata anche con un ginnasio, è un propileo di accesso all’agorà, situato nel punto in cui vi entra il decumano massimo, la via principale della città. Si tratta di un edificio a due piani, datato al IV secolo costruito in opera quadrata di arenaria che presenta un ampio passaggio centrale con volta a botte ripartito da nove arcate. Ai lati altri archi scavalcano degli accessi secondari.
Da Wikipedia

Foto di Rosangela Russo.

Sito Etnanatura: Tindari.

Share Button