Sito Etnanatura: Villa san Pancrazio.
Taormina, 18 Aprile 2017. Abbiamo appena agganciato l’ultimo perno di due lunghi banner che illustrano le attività condotte dal 2015 da noi, archeologi dell’Università di Messina, sul sito archeologico delle domus di Villa San Pancrazio. Affiancano dei cancelli arrugginiti che costituiscono il doppio accesso alla grande area di scavo posta immediatamente alle porte del centro storico, su due assi viari molto frequentati.
Già dopo pochi minuti tanti curiosi si sono fermati: turisti, passanti, cittadini. Leggono con interesse, gettano uno sguardo dietro le sbarre, fotografano gli studenti che scavano le strutture antiche come fossero dei panda in estinzione dentro le gabbie. Tutti vorrebbero entrare, noi vorremmo fare entrare tutti, ma l’area non è ancora in sicurezza e predisposta per la fruizione pubblica. Dunque per il momento ci dobbiamo accontentare di questi due striscioni, simili a quelli dei campi di calcio. Siamo infatti all’interno di una proprietà privata. Ma la la storia che sto per raccontare non è quella consueta di contrasti tra la proprietà e l’amministrazione pubblica bensì quella – clamorosa, quasi, e virtuosa – di una stretta e consolidata sinergia che dall’anno scorso opera per assicurare la tutela e la fruizione dell’area archeologica taorminese. Facciamo però un passo indietro. Alla fine degli anni Settanta del secolo scorso Taormina è la patria del turismo siciliano. Lungo i terrazzi che si sviluppano tra la via Pirandello e il viale San Pancrazio è in attività l’Hotel Villa San Pancrazio, un edificio storico dei primi anni del Novecento, una delle più suggestive strutture ricettive della città. Nel 1978, durante i lavori per la risistemazione del grande giardino annesso all’edificio, furono rinvenuti i resti di una ricca domus romana. L’area fu indagata a più riprese dalla Soprintendenza (1978, 1985, 1992) con l’individuazione di 26 ambienti distribuiti intorno a un ampio cortile scoperto e porticato. Ma ciò che avrebbe dovuto e potuto essere una nuova risorsa per il territorio e un nuovo punto di forza per il lussuoso albergo, in realtà fu l’inizio del declino dello stesso che chiuse i battenti qualche anno dopo cambiando più volte proprietà. Di questo clima decadente risentirono anche i resti archeologici, di fatto mai resi fruibili e obliterati progressivamente, nel corso degli ultimi due decenni, da una fitta vegetazione. Nel 2015 l’albergo era completamente abbandonato e addirittura parte del suo giardino, proprio a ridosso della domus romana, era utilizzato come parcheggio a pagamento. Nel mese di luglio il Dipartimento di civiltà antiche e moderne (DiCAM) dell’Università di Messina, già impegnato da anni con il CNR-IBAM nella redazione della carta archeologica del centro taorminese, ha avviato un progetto di riqualificazione e studio della domus: la direzione scientifica è del professor Lorenzo Campagna, mentre io ne coordino tutte le attività. La prima campagna, priva di finanziamenti e condotta unicamente con una ventina di studenti dell’Ateneo messinese, ha riguardato la bonifica dell’area e la riscoperta della domus, lo studio delle stratigrafie murarie, la realizzazione di un rilievo di dettaglio delle strutture conservate, e di saggi stratigrafici funzionali alla programmazione di un scavo in estensione. Tutti gli studenti sono stati ospitati nei locali della piscina comunale di Taormina grazie all’interessamento dell’amministrazione comunale. Nel frattempo, però, si aprivano nuovi scenari. L’area e l’immobile, pignorati nel 2013 all’impresa proprietaria e messi all’asta dopo una serie di controversie giudiziarie, nel novembre 2015 furono acquistati dalla Luxury Collection Srl, impresa da anni attiva nel settore ricettivo a Taormina. La Regione Siciliana e il Comune di Taormina, per mancanza di fondi, non esercitarono il diritto di prelazione. La nuova proprietà intende risistemare il vecchio albergo, restituendo all’edificio quell’eleganza che trent’anni di abbandono hanno letteralmente cancellato, ma prevede anche di valorizzare l’area archeologica, e vuole renderla fruibile al pubblico anche indipendentemente dalla struttura ricettiva. Avviene così che un’impresa privata, proprietaria di un’area archeologica, decida di contattare l’Università che aveva già lavorato sul sito, cercando collaborazione e proponendo una prosecuzione dei lavori. Clamoroso davvero. Si innesca quindi un processo di forte sinergia tra soggetti pubblici e privati: “tutti per uno, uno per tutti”, direbbero i moschettieri di Dumas. E ci sono davvero tutti gli attori del network culturale, impegnati e coinvolti nel progetto attraverso una convenzione stipulata nel mese di maggio 2016 tra l’Università di Messina, la Soprintendenza BB.CC.AA. di Messina e la Luxury Collection S.r.l.: prevede archeologia preventiva, prosecuzione delle ricerche, restauro conservativo, progettazione condivisa con le finalità della fruizione, valorizzazione e comunicazione del patrimonio archeologico. Il 2 Maggio 2016 ha dunque preso avvio una nuova stagione della ricerca sul sito con l’apertura di uno scavo in estensione, condotto dall’Università di Messina in collaborazione con la Soprintendenza e con la partecipazione del CNR-IBAM di Catania e di Archeotouch Srl, spin-off costituito da giovani archeologi dell’Ateneo messinese. Un dispiego di risorse umane ed economiche molto rilevante, interamente finanziato dalla nuova proprietà, con archeologi, restauratori, operai, mezzi meccanici, realizzazione di prospezioni geofisiche. Da un anno si scava ininterrottamente e l’area indagata va configurandosi come una nuova risorsa per il territorio, per monumentalità, ricchezza e valenza storica. A partire dal mese di luglio 2016 abbiamo aperto il cantiere agli studenti, circa 40, che si sono alternati con attività di tirocinio e stage. Anche il Comune continua a fare la sua parte fornendo l’alloggio per gli operatori.Le nuove indagini hanno consentito di individuare un ricco quartiere residenziale di età romana cui si sovrappongono strutture più tarde, di epoca bizantina e medievale. Si tratta di una delle poche aree di Taormina ancora non intaccate dalla moderna cementificazione e in grado di restituire tutta la stratificazione archeologica della città dalle sue origini fino all’età medievale. A sud della domus già nota, è emersa una seconda abitazione con un cortile porticato, della quale, allo stato attuale, sono stati scavati alcuni vani con decorazioni parietali dipinte e mosaici di grande pregio. Le due case sono separate da una strada molto ben conservata, pavimentata con lastre in pietra e contenuta da un possente muro di terrazzamento. Contestualmente alle attività di scavo, il team di ricerca si sta occupando della classificazione, dello studio e del restauro dei manufatti rinvenuti nell’area, anche in previsione della futura esposizione prevista in locali appositamente adibiti alla valorizzazione dell’area. I laboratori sono ricavati attualmente all’interno degli ambienti in disuso dell’albergo: dove prima ticchettavano scarpe lucide ed eleganti, oggi camminano scarponi antinfortunio pieni di terra. In certi momenti della giornata, cerchiamo di immaginare come negli stessi vani dove noi ora strofiniamo cocci con uno spazzolino da denti, un tempo c’erano dame inglesi o francesi con guanti di seta e galantuomini in frac con la brillantina sui capelli che sorseggiavano un drink. Se però ci sporgiamo da una delle finestre del vecchio albergo, prive ormai pure degli infissi, torniamo subito al presente nel vedere i restauratori intenti nelle operazioni di consolidamento delle murature, le pitture parietali, i mosaici appena scoperti. I lavori procedono serratamente ma non è possibile fare alcuna previsione né progetto finché gli scavi non saranno conclusi e non si avrà una completa visione dell’area archeologica. Per tutto il mese di luglio 2017 riprenderemo anche l’esperienza del cantiere scuola, dove potranno partecipare studenti e laureati in archeologia di tutti gli atenei italiani e stranieri. Invitiamo chiunque sia interessato a iscriversi! (inviate una mail ad alessio.toscanoraffa@cnr.it). La strada è lunga, molto più lunga dei banner che abbiamo posizionato e che raccontano sinteticamente una storia fatta di persone, scavi, oggetti, eventi antichi e recenti. Le domus di Villa San Pancrazio sono in un’area di proprietà privata, ma costituiscono un esempio di proficua collaborazione tra il privato e il pubblico. Non sappiamo se a lavori completati ci sarà un costo del biglietto per l’accesso al sito. Probabilmente sì, probabilmente è giusto, se nel tempo saranno garantite le stesse attenzioni di oggi con un coinvolgimento diretto degli enti pubblici e dei professionisti preposti alla ricerca e alla gestione del patrimonio archeologico. D’altra parte l’area archeologica, dimenticata negli ultimi trent’anni e ricoperta dalla vegetazione, non era diventata nel 2015 un parcheggio privato a pagamento?
Alessio Toscano Raffa
Archeostorie.it
Sito Etnanatura: Villa san Pancrazio.