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Foto - Petraro
Per saperne di più: pagina Etnanatura--> Petraro

Foto di: Etnanatura, Valeria Guercio e Angelo Vaccaro. Secondo video di Mimmo Guzzetta (nonna Syria)

Descrizione:
In territorio di Melilli, nei pressi della frazione di Villasmundo, si trova la contrada Petraro ricca di interessanti emergenze archeologiche che testimoniano della presenza dell'uomo nella zona, sin da dalla Preistoria. Il sito archeologico si articola in due elementi strutturalmente diversi ma intimamente correlati: la Timpa Ddieri ed il soprastante pianoro dove sovrapposti segni indicano l'esistenza di abitazioni riferibili al Neolitico ed al Bronzo antico. La Timpa Ddieri è una parete rocciosa alta circa cento metri che si trova sulla riva sinistra del fiume Mulinello nel punto in cui esso lambisce la contrada Petraro. Questa parete rocciosa racchiude un insediamento rupestre costituito da grotte scavate nel calcare, distribuite su più piani. Alle grotte, fino a qualche anno fa, si accedeva attraverso uno stretto cunicolo che gli antichi abitanti del sito avevano scavato nella parete a metà del costone. Dopo una decina di metri questo cunicolo sboccava all'aperto; il passaggio verso le grotte continuava in un camminamento che correva all'esterno protetto, sul lato destro a strapiombo sul fiume, da un parapetto ricavato nella roccia, per poi proseguire attraverso altri cunicoli ed altri camminamenti aperti, fino a giungere alle grotte. Queste sono in comunicazione tra loro per mezzo di scalette risparmiate nella roccia e sicuramente avevano un sistema di comunicazione interna attraverso dei pozzetti scavati nel piano pavimentale. Alcune di queste grotte, molto grandi, sono strutturate in diversi ambienti e presentano nicchie, banchine, vasche per la raccolta dell'acqua. Oltre alle cavità dalla tipica forma di grotta, vi sono numerosi grottoni di abitazione bizantini che presentano la forma di una vera e propria stanza con pareti squadrate, con tetti non più cupoliformi. Quasi sempre si tratta di sistemi formati da due o anche tre grottoni contigui, all'interno dei quali sono stati rinvenuti frammenti di ceramica "corrugata", tegole che si possono fare risalire ad epoca bizantina ed altri materiali riferibili ad epoca medioevale. Se si considerano le ricerche che hanno portato all'individuazione di elementi risalenti ad epoca neolitica ed eneolitica, alle tombe castellucciane situate nella parte più alta del costone, alle emergenze bizantine e medioevali, alle scritte sulle pareti che risalgono alla seconda guerra mondiale, possiamo affermare che la Timpa Ddieri è stata ininterrottamente frequentata dall'uomo dalla Preistoria ai nostri giorni. Nell'estate del 1967, una fortunata campagna di scavi condotta dal prof. Giuseppe Voza sul pianoro soprastante ha portato alla scoperta di un villaggio fortificato riferibile al Bronzo Antico e, all'interno della sua cinta muraria, di tracce di un abitato neolitico. "Il villaggio occupa un'area che ha un'estensione di 2600 mq ed ha forma trapezoidale. Esso su tutto il lato sud è protetto 22 naturalmente dalla parete rocciosa che cade quasi a picco sul Mulinello. Della parte occidentale del muro è conservata solo la parte della cortina esterna che ha una lunghezza di circa 30 metri, ed è interrotta per qualche metro in due punti. Una torre semicircolare, avente un diametro di circa 15 metri, si trova all'inizio del lato nord, partendo da ovest Questa torre, in base agli accertamenti che si sono eseguiti nel punto in cui si connette alla cortina esterna del muro di fortificazione, risulta addossata e non collegata a quest'ultimo. Venticinque metri a est di questa prima torre se ne incontra un'altra. Nello spazio fra l'una e l'altra si segue con chiarezza lo sviluppo della cortina esterna del muro. In questa parte centrale del suo sviluppo si è potuto esaminare il piano roccioso su cui è impostato il muro, immediatamente a sud o al di sotto di esso. Si è potuto constatare che la roccia è tempestata da un gran numero di fori circolari artificiali di varie dimensioni, certamente in relazione con l'abitato che in epoca neolitica si stabilì nella zona. Per la definizione della cronologia della fortificazione, dati abbastanza chiari sono stati forniti dalla ricerca stratigrafica, che ha messo in luce uno strato superficiale nel quale sono stati rinvenuti frammenti di ceramica castellucciana ed uno strato più profondo, a contatto con la roccia, con frammenti di ceramica stentinelliana. "Il rinvenimento più interessante è costituito da due ossi a globuli che si vengono ad aggiungere alla serie non numerosa di questi oggetti tanto tipici dell'età del Bronzo nell'area mediterranea.5 Il territorio all'interno delle mura costituiva, probabilmente, quello che ai nostri giorni potrebbe essere definito il centro direzionale mentre la vita degli abitanti si svolgeva probabilmente in tutto il pianoro, fino alla necropoli ritrovata lungo la strada Augusta-Villasmundo. La suddetta ipotesi è basata sul fatto che, fuori dalla cinta muraria, è possibile ritrovare tracce dell'antica frequentazione del luogo: una piattaforma risparmiata nella roccia, con cinque incisioni a forma di ogiva, che potrebbe essere un luogo dedicato al culto, e materiali archeologici affioranti per tutto il pianoro6 . "Oltre dieci anni fa era stata notata una costruzione megalitica, costituita da due blocchi verticali di calcare posati sul terreno che sostenevano una lastra piana. Il dolmen è stato distrutto e non resta che la foto pubblicata nel 1983/7. Si giunge alla zona del villaggio attraverso una strada interpoderale dissestata dall'andirivieni dei mezzi pesanti, collegato alla coltivazione di una cava ubicata al limite della zona vincolata. Dopo aver aggirato l'ostacolo di una sbarra di ferro, si percorrono i primi 300 metri di una stradina in discesa verso il fiume Mulinello quindi, abbandonando la strada e volgendo sul lato sinistro, si attraversa il pianoro e si giunge al villaggio. Il sito versa nel più totale abbandono: divelte, 5 G.Voza, Atti del Congresso "Sicilia e Magna Grecia" in Kokalos XIV-XV (1968-69) p.p.353.359 6 Rosa Lanteri, Carta Archeologica allegata ad "Augusta e il suo territorio" Distretto Scolastico 58, Maimone 1997 23 arrugginite, con la scritta ormai illeggibile, giacciono al suolo due targhe collocate al tempo dello scavo condotto dal prof. Giuseppe Voza nel 1967. Le fortificazioni, fino a tre anni or sono chiaramente riconoscibili, sono insidiate dalla vegetazione che sgretola, giorno dopo giorno, l'antico disegno costruttivo. Nessun tipo di tutela è prevista, recitava una delle targhe, quando era ancora leggibile: la tutela del sito era affidata al senso di responsabilità dei cittadini che venivano invitati a non asportare alcuna pietra. Per raggiungere la Timpa bisogna tornare sulla strada che si snoda in discesa costeggiando una zona di cava nella quale, con l'utilizzo di massicce quantità di esplosivo, da una parete alta circa cento metri si trae il calcare con un'azione progressiva di distruzione del territorio. Progredendo verso il fiume, la strada costeggia due terrazzamenti coltivati ad agrumi, recentemente costruiti in ottemperanza al progetto di ripristino paesaggistico concordato con la Soprintendenza (nei primi anni novanta) a seguito di denunzia da parte di privati . Probabilmente le suddette attività illecite condotte a ridosso della Timpa hanno determinato l'interramento del primo tratto del cunicolo che porta all'insediamento rupestre.
Da Legambiente
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