Fortino Fleri

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18-06-2016 11-34-20

Nel XVII secolo Messina era una fiorente città portuale, situata in una posizione strategica da un punto di vista geo-politico ed economico. I privilegi politico-economici goduti dalla città di peloritana erano causa di contrasti con altre città siciliane, soprattutto Palermo; i nobili palermitani, verso il 1610, riuscirono a convincere la Corona di Spagna a revocare alcuni dei sopradetti privilegi. Messina invece chiedeva fosse sede del vicerè di Sicilia. Inoltre, tra il 1646 ed il 1656 si verificarono a Messina e, in generale nel Meridione d’Italia, alcune carestie e pestilenze che peggiorarono le condizioni di vita del popolo messinese.

Nel 1671, il Generale Luis dell’Hojo, divenne Strategoto di Messina. Costui mise in atto una deleteria campagna atta a creare fazioni e fomentare divisioni in città. Messina si trovò divisa in due fazioni, in dura lotta tra loro: da un lato i Merli (ceto nobiliare) che volevano mantenere inalterati i privilegi che la città aveva acquisito nel tempo e mantenere la classe senatoria; dall’altro lato i Malvizzi (ceto piccolo borghese e popolare) che insistevano per l’instaurazione in città di un governo del popolo. La situazione si fece in breve tempo incandescente, nel luglio del 1674, il popolo si sollevò prendendo d’assalto i palazzi della nobiltà messinese. Giunta la notizia della rivolta a Palermo, il viceré don Claudio La Moraldo, principe di Ligny, partì alla volta di Messina con un buon numero di soldati, portò frumento, cacciò l’Hojo e mise un po’ di pace tra i contendenti. Tale intervento non bastò, i messinesi erano ormai decisi a rendersi definitivamente indipendenti dalla Spagna ed a fare di Messina una sorta di Repubblica Marinara simile a Genova e Venezia. Si decise di chiedere la protezione del Re di Francia, Luigi XIV. Questi accettò la proposta e nel 1675 mandò a Messina il duca di Vivonne, Louis Victor de Rochechouart de Mortemart, che giunse in città nel febbraio 1675; dopo una battaglia navale presso le Isole Eolie, che finì con la sconfitta degli spagnoli. Vivonne entrò trionfante con le sue galere nel porto di Messina, dove fu ricevuto con grandi onori. (Wikipedia)

Me mentre Messina rivendicava orgogliosa l’autonomia dal governo spagnolo, gli acesi dormivano il sonno della ragione (cosa vi ricorda?) e pensavano bene di difendere i privilegi dei nobili da un’eventuale invasione francese dei territori.  Riporta mons. Bella:

“Fu anche sotto la sua dominazione che avvenne la guerra tra Francia e Spagna nella quale buona parte ebbero i nostri insieme con gli acesi. Troviamo infatti in quella guerra esser a capo delle milizie cittadine D. Diego Pappalardo, cavalier Gerosolimitano, il Barone D. Alessandro Grassi Biviera ed il nostro D. Giovanni Tropea. Fu anche in questa guerra, per difendere Catania dalle armi francesi, già padroni di Taormina, che nel territorio della nostra città, al Fieri, si fabbricò quel fortino, i cui avanzi esistevano sino al 1863. Quel castello, ebbe nome di Castel Roderico, dal nome del Vicerè che l’aveva decretato, D. Aniello De Gusman, marchese di Castel Roderico nel 1677. Dirigeva i lavori il Colonnello Don Carlo de Grunembergh, (dispaccio del 2 dicembre 1677): e le spese faro no tolte dalle Tande della R. C di Pedara, Trecastagne e Viagrande e del Tesoro della Deputazione del Regno.”

Di quel fortino oggi non rimane che un muraglione attaccato dalle erbacce e soffocato da un’edilizia di saccheggio  a testimonianza che, ahinoi, siamo rimasti nei secoli “spagnoli”.

Per un approfondimento si consiglia l’articolo di Antonio Patanè pubblicato dall’Accademia degli Zelanti di Acireale e reperibile sul sito storiofiliaci.it.

Sito Etnanatura: Fortino Fleri.

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