Descrizione |
Per Castello normanno di Paternó si intende la torre principale - sovente detta "dongione" - di un complesso fortilizio che essa dominava. Assurta a simbolo della cittá, la torre faceva parte di un castello fatto edificare nel 1072 dal Gran Conte Ruggero per garantire la protezione della valle del Simeto dalle incursioni islamiche. Il castello fu assegnato alla figlia di Ruggero, Flandrina, sposa dell'aleramico Enrico di Lombardia. Attorno al castello e al piccolo borgo la popolazione inizió a crescere grazie ai numerosi mercenari al seguito dei conquistatori normanni e all'arrivo di coloni provenienti dall'Italia settentrionale attirati dai privilegi a loro concessi. Il primo nucleo del maniero fu ben presto ampliato e dalle primigenie funzioni prettamente militari fu utilizzato per usi civili, divenendo la sede signorile della Contea di Paternó che Enrico VI di Svevia assegnó nel 1195 al nobile di origine normanna Bartolomeo de Luci consanguineo del sovrano svevo. Il Castello negli anni seguenti ospitó re e regine, tra i quali Federico II di Svevia, la regina Eleonora d'Angió e la regina Bianca di Navarra. E per concessione di Federico II passó a Galvano Lancia. Il castello di Paternó e i territori sottoposti, infatti, furono inseriti nella cosiddetta Camera Reginale che venne costituita da Federico III d'Aragona come dono di nozze alla consorte Eleonora d'Angió e che poi venne ereditata dalle Regine che si susseguirono, sino alla sua abolizione. Dopo il 1431 appartenne alla famiglia Speciale e dal 1456 fino alla fine del feudalesimo fu proprietá della famiglia vicereale dei Moncada. Utilizzato come carcere nel XVIII secolo inizió il processo di degrado e abbandono, ma dalla fine dell'Ottocento ha visto diverse campagne di restauro che gli hanno restituito l'antica possenza. L'edificio é a pianta rettangolare su tre livelli e raggiunge un'altezza di 34 m. Dall'epoca sveva il maniero era coronato da una merlatura ghibellina (come si osserva nel seicentesco Disegno della veduta di Paternó) di cui allo stato attuale resistono solo dei monconi. Particolarmente interessante e gradevole l'effetto di bicromatismo che si crea tra il colore scuro delle murature e le cornici delle aperture in calcare bianco. Al piano terra si trovano una serie di ambienti di servizio e la cappella di S. Giovanni ornata da pregevolissimi affreschi del XIII secolo. Al primo piano il grande salone d'armi é illuminato da una serie di bifore. All'ultimo piano quattro grandi ambienti un tempo adibiti per l'abitazione del re sono disimpegnati da un vano delle dimensioni del salone sottostante e disposto trasversalmente ad esso, chiuso su entrambi i lati da due grandi bifore gotiche che dischiudono lo sguardo verso il Simeto e verso l'Etna.
Da Wikipedia |