La regina brigantessa di Maletto

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Castello di Maletto

Castello di Maletto

di Marinella Fiume.

Maletto (Ct) è il più alto comune del comprensorio etneo, sul versante nord-occidentale del vulcano. L’abitato è situato al limite tra l’edificio vulcanico etneo e la valle del Simeto ed è costruito sul versante occidentale della collina denominata Pizzo Filìcia, ad una quota media di metri 950 s. l. m., al centro del triangolo costituito dai comuni di Randazzo, Maniace e Bronte dal cui territorio è tutto circondato, mentre a valle si trova la grande pianura di lave preistoriche incorniciata dalla catena montuosa delle Caronie, da cui nasce il Simeto.

La terra di Maletto, difesa da una fortezza edificata nel 1263 sopra una rupe di roccia arenaria di cui sono ancora visibili i ruderi, fu fondata dallo svevo Manfredi di Maletto, conte di Mineo.  Il Castello fu il nucleo attorno al quale si sviluppò il primo centro abitato che dal fondatore prese il nome. La torre, detta anche castello per la sua posizione, fu coinvolta nella lunga guerra del Vespro, scoppiata a Palermo il giorno di Pasqua del 1282, combattuta per mare e per terra tra gli eserciti siculo-aragonesi e quelli angioini e finita, con lunghi strascichi, con la pace di Caltabellotta del 1302. Perduto dai Maletto, il feudo e il castello passarono, nel 1386, alla potente famiglia Spatafora, nelle cui mani restò fino al 1812, anno dell’abolizione del feudalesimo in Sicilia.

Non c’è castello in Sicilia, per quanto ridotto in rudere, che non sia abitato da spiriti e fantasmi. Così, la leggenda narra che, in epoca antica, sulla rocca del Castello dimorasse una principessa di nome Maretta, la quale era a capo di  una banda di briganti. I briganti costruirono il paese proprio attorno alla rocca, e la principessa lo resse e governò con sagacia e generosità.  In onore  alla potente famiglia di Maretta, gli fu dato il nome di Marettu, che è appunto il toponimo dialettale del paese. La regina brigantessa, fondatrice della fortezza e del borgo, neanche dopo morta volle lasciare il castello e tra quelle rovine aleggia ancora il suo spirito, nume tutelare degli abitanti.

La bellezza di questi luoghi cui si giunge costeggiando il Monte Maletto (m. 1773), uno dei crateri secondari del Vulcano, tra boschi di faggi e querce, affascinò sin dall’antichità, poiché insediamenti umani si ebbero già dal primo millennio a. C.. Vi abitarono i Sicani e i Siculi, i Greci, i Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni e gli Svevi.

Una delle rupi più alte è la Rocca Calanna, tra Bronte e Maletto, dove  si trovano grotticelle artificiali scavate nell’arenaria  e circondate da lave assai più recenti, quelle del 1651, dette i gruttitti, cellette funerarie a foggia di forni dove venivano seppelliti i defunti insieme al loro corredo funerario, e la cui curiosa  tipologia appare diversa dalle tombe a grotticella dell’età del bronzo e del ferro, perché si presentano come dei loculi con apertura e pianta rettangolare. C’è chi li attribuisce ai Sicani, sostenendo che in una parte del territorio, successivamente invaso da antiche colate laviche, avessero avuto dimora questi popoli antichissimi e vi avessero sepolto i loro morti.

Oltre a queste, a pochi chilometri da Bronte, si trovano  le “grotte dei Saraceni”, riferimento topografico di evidente derivazione araba, come il gran numero di parole arabe presenti nel dialetto brontese. Alcuni chiamano queste grotte “dei Giganti”, e costituiscono una delle tante tracce della presenza di antichi popoli in queste contrade: sono ambienti scavati nella roccia in un’alta rupe di arenaria adiacente un’ansa del fiume della Saracena, un affluente del Simeto.

Nello stesso territorio si trovano i pagghiari (pagliai), capanne preistoriche in funzione di rifugi di forma circolare e di varie dimensioni,  usati dai contadini e dai pastori per ripararsi dalla pioggia o dalla neve, che devono il nome al materiale con cui venivano costruiti, la paglia, in seguito sostituita dalla  pietra lavica.

Marinella Fiume

Foto si Salvo Nicotra

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