Catania e Agata

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Il lavoro che vi proponiamo nasce dalle ricerche congiunte di due gruppi affiliati: “Etnanatura” e “Ti cuntu“. Volutamente abbiamo tralasciato gli aspetti religiosi e folkloristici preferendo un’analisi storica e ricercando i siti che la leggenda e la storia hanno individuato nella città di Catania come luoghi di Agata.

Alleghiamo inoltre il racconto “Il velo di Agata” di Marinella Fiume che abbiamo già pubblicato nei giorni precedenti.

Foto di Etnanatura e Michele Torrisi.

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Fontana dei Mille

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Sito Etnanatura: Fontana dei Mille.

Storica fontana ottocentesca in pietra lavica. Deve il nome al fatto che le truppe garibaldine vi abbeverarono i cavalli lungo il percorso che da Centuripe li portò a Bronte.

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Per non dimenticare

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Giornata-della-memoria

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no

Primo Levi

 

Il 27 Gennaio 1945 i soldati sovietici liberarono i pochi superstiti del campo di sterminio di Auschwitz sopravvissuti alla bestialità del regime nazista e alla connivenza dei regimi fascisti d’Europa. Anche noi oggi vogliamo gridare “non dimentichiamo” ricordando le vittime siciliane di quell’immane olocausto.

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30 luglio 1943, la rivolta di Catania

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Anfiteatro romano di piazza Stesicoro

Anfiteatro romano di piazza Stesicoro

Catania, Una pattuglia tedesca giunse in piazza Stesicoro. Dagli autocarri balzano armatissimi, paracadutisti della Goering, scendono la scassata scala di legno che porta al grande rifugio antiaereo naturale ricavato dai sotterranei del teatro romano. Negli umidi ambienti, in mezzo a rifiuti e ad escrementi vivono da lungo tempo circa diecimila persone. Abitanti del quartiere marinaro, cosidetto della “Civita”, hanno perduto tutto, nessuno pensa a loro, muoiono di fame e di tifo.
Alcuni tedeschi bloccano le uscite con mitragliatrici. Gli altri penetrano nel rifugio. Con pistole spianate e con lanterne accese lo percorrono quasi tutto. Cercano «qualcosa»: donne.

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25 Aprile

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In occasione del 25 Aprile riproponiamo l’articolo, pubblicato il 18/08/1945 sul giornale “Il Partigiano” di Genova, dal giornalista catanese Igor Man storico inviato della “Stampa”.
La scintilla che accese la fiamma grande della insurrezione armata sprizzò nell’Isola del Sole e, precisamente, a Catania.
I tedeschi sentivano ormai che per loro era finita. Consapevoli della sorte che li attendeva, belve in gabbia sfogavano i loro istinti abbandonandosi ad atti di vi1enza contro « die sizilieniseken kamaraden» rei d’aver gridato la loro esultanza per la caduta del fascismo.
Ci furono, il 25 luglio, in Sicilia, pur nella foscaggine dell’ora , manifestazioni d’entusiasmo severo, tragico. Le dimostrazioni antifasciste avevano sapore di sangue e la gioia sapeva di lacrimare. I cortei erano guidati da uomini e donne laceri, scalzi, affamati che la cieca guerra voluta da Mussolini aveva privato delle case, dei parenti, di tutto. In questa atmosfera avvenne l’episodio per il quale e da cui iniziò l’insurrezione armata e aperta.

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Il fiume di latte

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02-07-2015 19-19-51Nei pressi di Catenanuova rimangono i resti di un’antica masseria la cui storia s’intreccia con la leggenda: il fondaco Cuba. In passato ha fatto da albergo e da stazione di posta, a coloro che a cavallo o in carrozza andavano da Castrogiovanni a Catania. Una lapide ricorda che nel 1713 ospitò un re e una regina. ospitò anche un grande poeta. Wolfang Goethe con il pittore Cristofaro Kneip. La coppia reale che pernottò nella masseria, lo fece, grazie alla furbizia del proprietario.

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Ponte dei malati

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07-06-2015 17-31-46Il 14 Luglio del 1943 il generale  Bernard Law Montgomery, comandante delle truppe che sbarcarono in Sicilia (l’operazione Husky),  decide che il Ponte dei Malati di Lentini, sulla strada che collegava Siracusa a Catania, è indispensabile per una veloce avanzata: deve essere preso intatto, impedendo a tedeschi ed italiani di farlo saltare. Alle 3 di notte del 14 luglio arriva al ponte dei Malati dove un unico plotone di italiani presidiava i fortini.

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L’Etna e il vino

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Di Marinella Fiume.

Vestibolo di Polifemo - Villa del Casale. Piazza Armerina

Vestibolo di Polifemo – Villa del Casale. Piazza Armerina

Questi si affidano ai numi immortali:
non piantano alberi, non arano campi; ma tutto dal suolo
per loro vien su inseminato e inarato,
orzo e frumento e viti che portano vino
nei grappoli grossi, che a loro matura
la pioggia celeste di Zeus.

(Odissea, IX, 107-111)

Le origini del vino dell’Etna sono testimoniate solo nel V sec., ma il mito narra di tempi assai più antichi, di quando i coloni greci, i Calcidesi sbarcati a Naxos, non lontano da qui, si dedicarono professionalmente alla cultura della vite e chiamarono Enotria l’Italia, la terra della vite. Se il primato nella storia del vino in Sicilia spetta ai Fenici che lo introdussero in tutto il Mediterraneo, il ritrovamento di viti “ampelidi”, scoperte alle falde dell’Etna, dimostra la presenza della vite selvatica tra la flora mediterranea già nell’era terziaria. Con l’VIII sec., piuttosto, la cultura del vino in Sicilia si sviluppò, e in epoca romana accrebbe la sua importanza.

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Bronte e la pantofola della regina Elisabetta

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Ma, su una delle sue rupi più alte, la Rocca Calanna, cadde una pantofola che calzava un piede regale di Elisabetta …

di Marinella Fiume.

Affacciandosi dai ruderi del Castello di Maletto, si può scorgere in lontananza il fiume Saracena, sulle cui rive sorgeva l’abbazia di Santa Maria di Maniace, in territorio di Bronte, costruita nel 1173 e donata nel 1799 come castello, insieme al titolo di duca, all’ammiraglio inglese Horatio Nelson da Ferdinando IV di Borbone.Ma che c’entra la sovrana inglese in Sicilia? E come va a perdere la sua pantofola proprio da queste parti? Secondo una leggenda “inglese” sempre viva in queste plaghe di Sicilia, l’anima della regina Elisabetta I d’Inghilterra ora risiede nell’Etna, a causa di un patto che fece col diavolo in cambio del suo aiuto per salire sul trono d’Inghilterra.

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Bronte

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Odilon Redon, "Le Cyclope", museo Kröller-Müller

Odilon Redon, “Le Cyclope”, museo Kröller-Müller

L’origine mitica della città. Di Marinella Fiume.

L’origine di Bronte ed il suo stesso nome risalgono all’alba dei tempi.  Secondo la mitologia, infatti, essi sono da ricondursi ai Ciclopi, giganteschi esseri dalla forma umana simbolo delle forze della natura, che la mitologia greca diceva essere figli del Dio Nettuno, uno dei quali, il ciclope Bronte (“Rimbombo”) fondò la cittadina verso il 1200 A.C,. Bronte ed i suoi fratelli Sterope (“lampo”) e Piracmon (“incudine ardente”), al servizio del dio Vulcano, erano stati condannati a lavorare presso la fucina del dio dentro le viscere dell’Etna con il compito di fabbricare i fulmini di Giove e le armi degli eroi. “All’interno d’un ampio antro manipolavano il ferro i Ciclopi Bronte, Stèrope e, nudo le membra, Piràcmon” (Virgilio).

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