Donne di Sicilia

Share Button

Di Marinella Fiume.

Donne di Sicilia. Maghe, Megere, Matriarche…, così la fantasia maschile ha spesso dipinto le Madri Mediterranee. Goethe e Freud, ognuno a suo modo, trovarono in occasione del loro viaggio in Sicilia la Madre, e l’antica presenza di riti agrario-misterici riferiti alla Madre Terra è attestata da moltissime fonti. È terra di quella civiltà delle Dee che l’archeologa Marija Gimbutas individuò in tutta quella grande parte del mondo che chiamò “Vecchia Europa” e che nel Mediterraneo aveva il suo epicentro in epoca proto-indo-europea.

Continua a leggere

Share Button

Il bimbo e l’allodola

Share Button

di Marinella Fiume.

… Spingi, tira, salta, issa, spremi, scompari, ficcati sotto le gonne… Di mamma? Di una qualsiasi, ci sono tante donne qui, che importa che non siano la tua mamma, brutto moccioso… Hai paura del mare? Non l’hai mai visto? Piangi chè ti sistemo per le feste… Dov’è andato a finire quel farabutto?… Qui non c’è tempo di stare a badare, e poi, a un bambino… Piuttosto,  avrà pagato anche per lui sua madre? Presto… non c’è tempo… Bisogna partire e chi c’è c’è, prima che torni il sole e ci metta tutti allo scoperto.

Un sordo rumore, il motore è avviato, il carico umano si è imbarcato e prende il largo sollevando grandi ondate che bagnano i viaggiatori. A tutto gas nell’autostrada del mare.

Adisu, in etiope “Nuovo fiore”, la mamma non riesce a vederla e, piccolo com’è,  ha trovato intanto un nascondiglio sicuro tra le gambe e i piedi di chi occupa il barcone, cercando di non farsi calpestare dalla calca.  Custodisce un segreto lui, qualcosa che non poteva portare con sé dall’Etiopia, ma che non ha voluto lasciarlo, l’ha seguito come un cagnolino, anche se non è un cane e lui non può tenerlo al guinzaglio.

Si è messo sul tetto del camion sgangherato che li ha portati stipati verso il mare in un lungo viaggio infernale durato giorni e giorni. Da lì spiccava voli possenti e ondulati, alternando battiti a chiusure d’ala. Un volo verso il cielo di  qualche centinaio di metri di altezza, per poi ritornare verso terra ad ali chiuse, riaprendole solo a poca distanza dalla tettoia.

Perché è un passero lui, un’allodola, dal piumaggio di colore marrone leggermente striato di nero nella parte superiore e  un piccolo ciuffo che mostra solo in questi casi perché è allarmato…  Adisu ne ha osservato ammirato in volo la coda e le larghe ali corte bordate di bianco. Approdato sulla tettoia, si è messo a camminare e saltellare agilmente, aspettando la notte, quando i viaggiatori si gettavano a dormire in un’ ammucchiata di corpi esausti e affamati per volargli sulla spalla, non visto, e mettere in bocca al piccolo Adisu un seme che ha raccolto e messo in serbo per lui.

È partito coi suoi da un villaggio poverissimo dell’area di frontiera dell’Etiopia al confine con la Somalia per sfuggire alla fame e ai continui attacchi della guerriglia dei secessionisti. Ma è là che si sono conosciuti e hanno familiarizzato. L’allodola sembrava smarrita, sola, aveva perduto il suo piccolo branco, volava e tornava inquieta a terra, saltellava e affondava il piccolo becco in un mucchietto di terra in cerca di cibo o forse del nido dove aveva deposto le uova che stava covando prima che una mina esplosa nel cortile vicino alla baracca cambiasse l’assetto del terreno devastando ogni cosa.

L’aveva sentita anche cantare, un canto melodioso, una musica triste e insieme soave, una preghiera che da terra si innalza verso Dio, il canto di chi ha perso il nido e lo chiede al Cielo.

Si avvicinava con circospezione, Alidu, temeva che fuggisse impaurita, e invece l’allodola non scappava al suo apparire, si fermava, se ne stava immobile, sembrava che lo aspettasse. E così ogni giorno. Perché era un piccolo d’uomo lui e lei cercava i suoi piccoli. Ma quando qualcuno dei familiari lo veniva a chiamare per un servizio, l’allodola scappava via. Del resto, se lei non fosse scappata, lui l’avrebbe cacciata via bruscamente: poteva essere un pasto per alleviare i morsi della fame dei suoi, il nonno diceva che la carne dell’allodola è prelibata e questo era un bell’esemplare – pensava con terrore Adisu – lungo circa diciotto centimetri e di circa quarantacinque grammi di peso…

Il nonno era uno specialista nella caccia di piccoli e grandi volatili: con la sua abilità di cacciatore, scoccava frecce precise e infallibili. Per catturare i più piccoli, si era costruito un rudimentale strumento formato da due palette che giravano, coperte da frammenti di specchio e mosse da una specie di meccanismo a molle che, illuminato dal sole, inganna le allodole e le attira nella rete.

Adisu non voleva che facesse questa fine. Era la sua compagna di giochi, Ashe, “Carezza”, l’aveva chiamata così perché, quando si poggiava sulla sua spalla, con le morbide piume gli accarezzava il viso. Alleviava la sua solitudine…, alla fame ci aveva fatto il callo ormai, e poi lei gli procurava piccoli bruchi verdognoli, insetti, bruni semi commestibili, germogli, foglioline, che dividevano nella mensa in comune di nascosto a tutti.

Quella mattina della partenza il suo cuore era scuro, piangeva sicuro di doverla lasciare, di non rivederla mai più…

E poi, lungo il viaggio, la sorpresa, lo stupore, la gioia di vedere che l’aveva seguito… Non credeva ai suoi occhi, non riusciva a crederci…, avrebbe voluto conferme…, condividere la gioia con i suoi in quell’inferno del camion… ma ancora una volta non ne fece parola con nessuno.

Un uccellino volteggiava sul barcone tra i flutti alla deriva, ma non era un gabbiano… che strano! Il motore si era fermato da ore… cominciavano a scarseggiare l’acqua e i viveri… il barcone imbarcava acqua…  

Fortunosamente Adisu riusciva a sbucare dalla calca…, era così piccolo “Nuovo Fiore”, che si faceva largo dappertutto, come un bucaneve che, esile e delicato com’è, riesce a bucare lo spesso manto di neve! Gli occhi al cielo cercava la sua  Ashe che, immancabilmente, scendeva silenziosa e, senza che nessuno la vedesse, veniva a mettere sulla sua bocca un piccolo seme bruno.

Chissà dove l’aveva preso in quella distesa infinita di mare![1]

Marinella Fiume

Dal libro Echi da Echi – Dialoghi letterari sulle migrazioni per accorciare le distanze, edito da Scuola di Lingua italiana per stranieri, Università di Palermo, Palermo University Press.

[1] Adisu è un bambino etiope, ma, secondo una leggenda indiana, Bahradvāja, poeta e uno dei saggi del Mahābhārata, fu nutrito da un’allodola.

Da oggi “Echi da Echi” è in vendita nelle seguenti librerie di Palermo:

  • Libreria Modusvivendi, via Quintino Sella 79, tel. 091323493;
  • Libreria Broadway, via Rosolino Pilo n. 18, tel. 091609 1086;
  • Libreria Easy Reader, via Alessandro Paternostro n. 17, tel. 091585223;
  • Spazio Cultura Libreria Macaione , via Marchese di Villabianca n. 102, 091 625 7426
  • Libreria Tramontana Salvatore, via dei Nebrodi n. 61, 091 514866.

Il ricavato della vendita finanzierà i progetti #itastra di inclusione linguistica.

 

Share Button

I Santoni di Akrai

Share Button
Houel, Voyage Pittoresque, Vol. III, 1785, Tavola 198

Houel, Voyage Pittoresque, Vol. III, 1785, Tavola 198 – Da Wikipedia

Di Marinella Fiume

Il misterioso culto ctonio di Cibele era praticato nelle fenditure della montagna, entro grotte, nicchie e gallerie. I suoi sacerdoti, che si chiamavano Galli nella Galizia, Coribanti nella Frigia, Dattili Idei nella Troade e Cureti a Creta, avanzavano al ritmo frenetico di timpani, cembali, flauti e tamburi e,  nel corso del rito, arrivavano a flagellarsi e mutilarsi evirandosi come Attis tra preghiere, urla, danze ossessive che culminavano in un vorticoso girare su se stessi e, in preda al parossismo, invasati dalla dea, vaticinavano, interpretavano i sogni, il moto degli astri, il volo degli uccelli, esorcizzavano gli spiriti del male.

Continua a leggere

Share Button

L’Etna delinquente della futurista catanese Adele Gloria

Share Button

depositi1443781717

di Marinella Fiume

 


La vetta delinquente
Il cielo
per la ferita
della vetta aguzza del monte
sanguina
e la bambagia
bianca
s’inumidisce di rosso.
Il lividore della morte
striscia piano piano
assaporando
il tattilismo aereo
delle carni azzurrine
e il mare
che riflette la pietà per il cielo
s’intristisce.
Invano
le torri e i campanili
si tendono
in spasmodico slancio;
esso agonizza
e travolge
travolge
colla sua grigia agonia
tutte le cose.
Il cielo morirà.

Continua a leggere

Share Button

La peste della cenere

Share Button

12309478_10206794614417131_7149831839720043537_o

Di Marinella Fiume – Foto di Alessandro Lo Piccolo

Non voleva proprio più smetterla di piovere dal cielo. Tre mesi ininterrotti erano davvero troppi. Roba che a memoria d’uomo in paese nessuno ricordava una pioggia di cenere di così lunga durata. I  vecchi giungevano con la memoria alla pioggia di una diecina di giorni cominciata il giorno dei morti dell’anno 1928, durante la terribile eruzione  quando la lava aveva ricoperto e raso completamente al suolo la vicina cittadina di Mascali, arrivando fino al mare. Poi, per quasi ottant’anni, solo ogni tanto  pioggia di qualche ora e per qualche giorno, non più di tre o quattro. Anche l’anno prima, in estate, durante le proiezioni del cinema all’aperto, era piovuta in paese una pioggia di lapilli leggeri, ma di più grossa dimensione della cenere, come un chicco di grandine, che li aveva costretti ad assistere al film coprendosi il capo con cappellini e foulards. Ed anche  la vigilia di Natale dello stesso anno il paese si era svegliato ricoperto di una lieve coltre di fine sabbia nera, ma il vento del giorno di festa l’aveva spazzata via facilmente, lasciandola attaccata solo alla neve finta dei presepi e annidata tra le pieghe più profonde del mantello celestrino della Vergine.

Continua a leggere

Share Button

Angeli custodi della Forestale

Share Button

pineta-etnadi Marinella Fiume

Si era fatta estate, l’estate siciliana che prosciuga i corsi d’acqua e brucia i campi d’arsura e le pinete alle pendici dell’Etna. Debora, diciannove anni e le sorelle Elena, quindici e  Valeria,  dodici, una sera d’agosto sentivano bussare alla porta. Era un carabiniere che diceva loro e al padre di seguirlo. Alle  ragazze il cuore balzò in gola, per la paura  che fosse successo qualcosa alla loro mamma.

Continua a leggere

Share Button

La discesa agli Inferi di Antonio Nicoloso

Share Button

antonio nicoloso guida dell'etnaDi Marinella Fiume

Colui che alla fine del Novecento era la più vecchia guida dell’Etna, Antonio Nicoloso, è scomparso nel 2007 nel paese dov’era nato nel 1933: Nicolosi (Ct), la porta dell’Etna, situato sul versante sud, meta di chi vuole raggiungere le piste da sci e la funivia, arrivando fino al cratere centrale. Fu un uomo dal carattere mansueto, sobrio e taciturno, ma la più leggendaria e carismatica guida dell’Etna, profondo conoscitore dei suoi misteri e di ogni suo segreto, un vero “maestro” per chi voleva scoprire il vulcano, e tutti coloro che hanno imparato da lui a conoscere intimamente e ad amare l’Etna gli sono debitori, perché la sua figura è simbolica del rapporto più autentico tra uomo e natura. Perciò il vulcano senza il suo figlio prediletto è come orfano.

Continua a leggere

Share Button

L’Etna e il vino

Share Button

Di Marinella Fiume.

Vestibolo di Polifemo - Villa del Casale. Piazza Armerina

Vestibolo di Polifemo – Villa del Casale. Piazza Armerina

Questi si affidano ai numi immortali:
non piantano alberi, non arano campi; ma tutto dal suolo
per loro vien su inseminato e inarato,
orzo e frumento e viti che portano vino
nei grappoli grossi, che a loro matura
la pioggia celeste di Zeus.

(Odissea, IX, 107-111)

Le origini del vino dell’Etna sono testimoniate solo nel V sec., ma il mito narra di tempi assai più antichi, di quando i coloni greci, i Calcidesi sbarcati a Naxos, non lontano da qui, si dedicarono professionalmente alla cultura della vite e chiamarono Enotria l’Italia, la terra della vite. Se il primato nella storia del vino in Sicilia spetta ai Fenici che lo introdussero in tutto il Mediterraneo, il ritrovamento di viti “ampelidi”, scoperte alle falde dell’Etna, dimostra la presenza della vite selvatica tra la flora mediterranea già nell’era terziaria. Con l’VIII sec., piuttosto, la cultura del vino in Sicilia si sviluppò, e in epoca romana accrebbe la sua importanza.

Continua a leggere

Share Button

Bronte e la pantofola della regina Elisabetta

Share Button
11347433_1162888183737966_638079943_o

Ma, su una delle sue rupi più alte, la Rocca Calanna, cadde una pantofola che calzava un piede regale di Elisabetta …

di Marinella Fiume.

Affacciandosi dai ruderi del Castello di Maletto, si può scorgere in lontananza il fiume Saracena, sulle cui rive sorgeva l’abbazia di Santa Maria di Maniace, in territorio di Bronte, costruita nel 1173 e donata nel 1799 come castello, insieme al titolo di duca, all’ammiraglio inglese Horatio Nelson da Ferdinando IV di Borbone.Ma che c’entra la sovrana inglese in Sicilia? E come va a perdere la sua pantofola proprio da queste parti? Secondo una leggenda “inglese” sempre viva in queste plaghe di Sicilia, l’anima della regina Elisabetta I d’Inghilterra ora risiede nell’Etna, a causa di un patto che fece col diavolo in cambio del suo aiuto per salire sul trono d’Inghilterra.

Continua a leggere

Share Button

Bronte

Share Button
Odilon Redon, "Le Cyclope", museo Kröller-Müller

Odilon Redon, “Le Cyclope”, museo Kröller-Müller

L’origine mitica della città. Di Marinella Fiume.

L’origine di Bronte ed il suo stesso nome risalgono all’alba dei tempi.  Secondo la mitologia, infatti, essi sono da ricondursi ai Ciclopi, giganteschi esseri dalla forma umana simbolo delle forze della natura, che la mitologia greca diceva essere figli del Dio Nettuno, uno dei quali, il ciclope Bronte (“Rimbombo”) fondò la cittadina verso il 1200 A.C,. Bronte ed i suoi fratelli Sterope (“lampo”) e Piracmon (“incudine ardente”), al servizio del dio Vulcano, erano stati condannati a lavorare presso la fucina del dio dentro le viscere dell’Etna con il compito di fabbricare i fulmini di Giove e le armi degli eroi. “All’interno d’un ampio antro manipolavano il ferro i Ciclopi Bronte, Stèrope e, nudo le membra, Piràcmon” (Virgilio).

Continua a leggere

Share Button