E’ impossibile districare dalla matassa aggrovigliata dai fili della storia, della religione e della leggenda, la verità sulla vita dei santi Alfio, Filadelfo e Cirino. Leggenda vuole che la loro ultima prigione fosse a Lentini dove ancor oggi ritroviamo la Grotta dei Santi.
Sulla vita di Alfio, Filadelfo e Cirino riportiamo il racconto che ne fa il prof. Davide Gullotta sulla pagina Facebook “Ti cuntu“.
Nel 250, l’imperatore Decio emanò un editto secondo cui ogni persona doveva effettuare un sacrificio alle divinità della Religione romana; il rifiuto avrebbe significato il rifiuto di sottomettersi all’impero e la pena sarebbe stata la condanna a morte.
Verso la fine del 251, mentre era a capo dell’impero Treboniano Gallo, succeduto a Decio, un plotone di soldati romani si presentò a Vaste nel leccese, nella casa patrizia di Vitale e Benedetta da Locuste. Avevano l’ordine incarcerare i loro tre giovani figli, Alfio, Cirino e Filadelfo, rei di avere infranto la legge con la professione cristiana. Dopo vari trasferimenti, per essere processati, presso i consoli e patrizi romani dell’Italia meridionale i tre fratelli finirono in Sicilia, ove governava Tertullo, giovane patrizio romano che aveva fama di funzionario autoritario. Sbarcati a Messina il 25 agosto del 252, Alfio, Cirino e Filadelfo subirono un primo processo a Taormina. Passarono poi dall’attuale Trecastagni, alle falde dell’Etna, dove durante una sosta, una donna pietosa donò ai tre fratelli altrettante castagne, che loro piantarono nel terreno. È, d’altra parte, possibile che il racconto delle castagne origini dalla cattiva interpretazione dell’espressione “tre casti agni”, cioè agnelli, nome con cui sarebbero stati indicati originariamente i tre. Vennero infine condotti a Lentini dove Tertullo li affidò al suo vicario Alessandro. Viveva allora a Lentini Tecla, nobile e cugina di Alessandro che da oltre sei anni era stata colpita da paralisi alle gambe. Sapendo dei poteri taumaturgici dei tre fratelli, chiese al cugino di poterli incontrare, per ottenere, per loro tramite, la guarigione. I tre fratelli rimasero commossi alla vista di quella bella giovane immobilizzata sul letto e le promisero che avrebbero pregato per lei. Durante la stessa notte a Tecla sarebbe comparso in sogno l’apostolo Andrea, il quale, segnatala con un segno di croce, le assicurò che sarebbe guarita grazie all’intercessione di quei giovani incarcerati da Tertullo. La leggenda racconta che ella si svegliò guarita e volle recarsi subito al carcere per ringraziare i tre giovinetti che, da allora, continuò a visitare ogni giorno di nascosto, assistendoli, confortandoli e portando loro da mangiare. Ma Tertullo, arresosi di fronte allo loro inflessibile costanza nella fede in Cristo, emanò la sua sentenza, seguita dall’immediata esecuzione: dopo averli fatto girare ammanettati e frustati per le vie di Lentini, ad Alfio venne strappata la lingua (per questo motivo è considerato il patrono dei muti), Filadelfo fu bruciato su una graticola, Cirino fu immerso in una caldaia di olio bollente. Era il 10 maggio del 253 ed Alfio aveva 22 anni e 7 mesi, Filadelfo 21 anni, Cirino 19 anni e 8 mesi. Su ordine di Tertullo, i loro corpi martirizzati furono legati con funi e trascinati in una foresta, chiamata “strobilio” per la gran quantità di pini esistenti. Le spoglie vennero buttate in un pozzo secco, vicino alla casa di Tecla, ormai convertita, la quale, nella notte tra il 10 e l’11 maggio, accompagnata dalla cugina Giustina e da undici servi (di cui cinque donne), estrasse i corpi e, trasportatili in una campagna vicina, diede loro degna sepoltura, sfruttando una piccola grotta, quella oggi contenuta nella chiesa di Sant’Alfio e sulla quale successivamente, nel 261, placatesi le persecuzioni, venne eretto un tempio ed essi dedicato. Il primo vescovo di Lentini fu Neofito, nuovo nome di quell’Alessandro, vicario di Tertullo, convertitosi anch’egli al cristianesimo e consacrato nel 259.
Foto di Rosaria Privitera Saggio.
Sito Etnanatura: Grotta dei Santi.