Montalbano Elicona

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Chiesa di santa Caterina

Chiesa di santa Caterina

Gli studiosi non sono concordi sulle origini del paese e del suo nome. Alcuni fanno risalire tale origine dai nomi latini mons albus con riferimento ai monti innevati, altri al nome arabo al bana, dal suggestivo significato di “luogo eccellente”. L’appellativo Elicona risale senz’altro alla colonizzazione greca.

Durante il periodo della colonizzazione (VII-VIII secolo a.C.), i Dori, pensando al mitico monte delle Muse, chiamarono Helikon un sito, coincidente con l’altura su cui sorge il borgo medievale ed un torrente vicino il cui andamento tortuoso giustifica l’appellativo. Le prime testimonianze sull’esistenza del borgo risalgono all’XI secolo, quando risultava possesso demaniale. Nel 1232 si rivoltò contro Federico II di Svevia, parteggiando per il Papa insieme ad altri centri. Successivamente appartenne a diversi feudatari: a Matteo Palizzi nel 1350, a Vinciguerra d’Aragona nel 1359, ai Lancia nel 1396, ai Romano Colonna, ai Bonanno nel 1587.

Il Castello

Il Castello

Il castello.

L’area del castello s’identifica con la primitiva rocca romana sulla quale si sedimentano le successive fortificazioni d’impronta bizantina e araba, culminate con la ricostruzione effettuata dai Normanni. L’imperatore Federico II di Svevia impone un nuovo assetto politico e una diversa configurazione alla struttura urbanistica del centro Medievale ribellatosi alla sua volontà a causa delle promulgazioni delle Leggi Melfitane o Costituzioni di Melfi, demolendo parzialmente il primitivo manufatto, deportando gran parte della popolazione a Agrigento e procedendo in seguito, a una totale riedificazione della fortezza, portata a termine solo più tardi dal pronipote Federico III d’Aragona. La prima documentazione scritta è dovuta al geografo viaggiatore arabo Idrisi che lo annovera nel Libro di Ruggero del 1154 come torre di guardia quadrangolare posta a mezzogiorno provvista di cinta difensiva. L’aggiunta di una torre poligonale a settentrione ne modifica la struttura nel periodo Svevo, mentre le fortificazioni a quota più bassa cominciano ad assumere l’aspetto di possenti mura d’edificio rettangolare, ove il lato nord occidentale è costituito dal primitivo baluardo da sempre oggetto d’interventi stratificati. Il nucleo sommitale originario, nasce come presidio militare ma, per la sua posizione, si rivela ben presto inefficiente e inefficace come baluardo difensivo. La fortificazione sebbene ubicata oltre i 900 metri sul livello del mare, controlla una parte limitata della costa e delle vie d’accesso poste sul litorale tirrenico. Per salubrità e mitezza del clima si presta in modo particolare come residenza di svago pur assumendo connotazioni e architetture di carattere difensivo. Durante il regno federiciano è avviato un censimento dei castelli e con il decreto “Statutum de reparatione castrorum” (1231 – 1240), il quale prevede la loro ristrutturazione e manutenzione a carico dei cittadini. Il castello non è inserito nel Castra exempta redatto per volontà dell’Imperatore Federico II di Svevia con la collaborazione di Pier delle Vigne stilato nel 1239. In esso non compaiono i palazzi e le residenze di caccia e svago, le “domus solaciorum”, di pertinenza comunque regia e soprattutto alcuni siti molto noti, spesso sotto il controllo della Curia, che all’epoca non erano ancora stati costruiti o ultimati. Accorpati gli undici Giustizierati del Regno in sole cinque circoscrizioni più ampie. Nello specifico: “Sicilie citra flumen Salsum et totius Calabrie usque ad portam Roseti”.

Il Castello

Il Castello

In epoca Aragonese sotto il regno di Federico III sul poderoso quadrilatero aperto con prospetto principale a oriente, sorge una vera e propria residenza per i soggiorni estivi dotata dei più avanzati sistemi di controllo e di difesa esistenti all’epoca: le numerose feritoie che consentono un raggio d’esplorazione di oltre 270 gradi, camminamenti e merlature per il coronamento superiore del palazzo. La combinazione feritoie nel basamento inferiore e grandi finestre al piano nobile, l’assenza di bastioni, contrafforti e rivellini, fossati, ponti levatoi e ulteriori cinta di mura protettive, fanno protendere alla realizzazione di una vera dimora reale adibita agli ozi e diletti dei sovrani. All’interno del maniero è presente la Cappella Palatina della Santissima Trinità privilegio esclusivo dei sovrani, identificabile come “tricora” o “cuba” di epoca bizantina, cronologicamente coeva alla chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo sorta nella Cittadella al di fuori del perimetro del Palatium, tramutata e pervenuta a noi come basilica minore di Santa Maria Assunta e San Nicolò Vescovo. All’interno della cappella è presente la lapide spartana di Arnaldo da Villanova. Il medico e alchimista consigliere della Corona d’Aragona, presente numerose volte in Sicilia e spesso ospite nel castello di Montalbano, muore durante un viaggio presso il porto di Genova, pertanto è verosimile che la targa marmorea presente nella cappella abbia solo funzioni commemorative. 1348, Il Re Ludovico d’Aragona e la madre Elisabetta di Carinzia si ritirano a Montalbano. 1350, La proprietà è assegnata al nobile Matteo Palizzi esponente della fazione latina. Nominato nel giugno 1349 Gran Cancelliere del Regno di Sicilia, nel novembre 1350 cede a Blasco II Alagona il feudo di Caronia, ricevendo in cambio Montalbano Elicona e Butera.[1] Nel 1353 avanza alla corte angioina di Napoli un intervento a Messina, ma assediato dalle armate di Ludovico d’Aragona, è deposto e assassinato il 19 luglio di quell’anno dalla popolazione locale, in un tumulto, insieme a moglie e figlio. Nel 1355 Re Ludovico muore senza eredi legittimi pertanto, il trono passa al fratello Federico IV d’Aragona. 1356, Luigi di Taranto Re di Napoli prospettando una nuova occupazione dell’isola assegna il castello il 24 dicembre a Nicolò Cesareo col titolo di conte di Montalbano e i possedimenti di Naso e Tripi. Nella continua disputa fra fazioni dei latini e aragonesi, la cittadina si ritrova contesa tra Blasco II Alagona signore del Castello di Montalbano e Nicolò Cesareo. Il possedimento passa in linea ereditaria di proprietà ad Artale I Alagona. 1359, Federico IV d’Aragona assegna possedimenti e il Castello al nobile Vinciguerra d’Aragona appartenente alla fazione dei Catalani. 1372, Si trascinano le piccole ripicche locali ma, è raggiunta la pace tra gli angioini di Napoli e gli Aragonesi di Sicilia, l’isola resta alla casa d’Aragona e il sovrano Federico IV di Sicilia detto il Semplice è riconosciuto come re di Sicilia. Ma anche gli angioini reclamano il titolo che è riconosciuto alla regina Giovanna I di Napoli, distinguendo due regni di Sicilia e due Sicilie: “una al di là del Faro” e “una al di qua del Faro”. 1377, Maria di Sicilia erede designata al trono e promessa sposa al duca di Milano Giangaleazzo Visconti è rapita e rinchiusa nel Castello Ursino di Catania. Figlia di Federico IV di Sicilia regna supportata da quattro tutori e vicari: Artale I Alagona, Manfredi Chiaramonte, Francesco Ventimiglia e Guglielmo Peralta. Sposa Martino I di Sicilia detto il Giovane figlio di Martino II di Sicilia Re di Trinacria detto il Vecchio del casato d’Aragona. 1393, Berengario Cruillas nel dicembre assume la proprietà dei possedimenti. 1396, La proprietà è assegnata a esponenti del ramo siciliano della famiglia Lancia o Lanza anno in cui castello e possedimenti sono dichiarati feudo.

Duomo

“Basilica ME Veduta Piazza” di Effems – Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons – http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilica_ME_Veduta_Piazza.JPG#/media/File:Basilica_ME_Veduta_Piazza.JPG

 

Duomo.

Le origini del luogo di culto risalgono al IX – X secolo, costruzione ad unica navata e con diverso orientamento dedicata agli Santi Apostoli Pietro e Paolo, la cui edificazione è strettamente legata alle vicende del Castello di Montalbano Elicona. Con la parziale demolizione della primitiva rocca romana sulla quale si sono sedimentate le successive fortificazioni d’impronta bizantina, araba e successivamente ingrandita dai Nomanni, l’imperatore Federico II di Svevia impone un nuovo assetto politico e una diversa configurazione alla struttura urbanistica del centro Medievale. Alla primitiva “Cappella Reale”, identificabile come tricora o cuba di epoca bizantina, la Cappella Palatina della Santissima Trinità, corrisponde al di fuori delle mura di cinta, l’erigenda Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. La prima documentazione scritta sulla Chiesa di San Nicola risale al primo decennio del XIV secolo, tratta da Rationes Decimarum di quel periodo. Edificio ricostruito e ingrandito nel 1646 affiancando alla navata centrale le due navate laterali, le operazioni di ricostruzione determinano la modifica dell’orientamento. Il ribaltamento dell’asse ha consentito la realizzazione di uno scenografico prospetto posto alla sommità di una bella scalinata che ne amplifica l’imponenza. Il campanile, realizzato tra il 1665 – 1673, ne ammorbidisce la severità delle forme con la sua merlatura.

Argimusco

Argimusco

Argimusco.

L’Argimusco è un altopiano che si trova in Sicilia, poco a nord dell’Etna, all’incirca al confine tra i monti Nebrodi e i Peloritani, ed è diviso amministrativamente tra i comuni di Montalbano Elicona, Tripi (che sorge sul sito dell’antica Abacaenum) e Roccella Valdemone. In questa zona sorgono numerosi roccioni di arenaria quarzosa modellati in forma curiosa e suggestiva. La tradizione popolare ha identificato questi megaliti, con l’opera di popolazioni preistoriche: antichi menhir e quasi irriconoscibili dolmen. I geomorfologi e gli archeologi propendono piuttosto per l’origine assolutamente naturale di queste forme, dovute in particolare all’erosione eolica. Tra i megaliti più notevoli, nei pressi della Portella Cerasa si ergono maestosi, solenni e vagamente minacciosi due grandi massi di forma allungata, che richiamerebbero i simboli della virilità e della femminilità, mentre un altro megalite poco distante avrebbe aspetto di aquila e vi sarebbe stato inciso il simbolo del sole. Più a ovest, in località Portella Zilla, una costruzione pastorale ingloberebbe i resti di un dolmen con davanti un gran masso, che sarebbe quanto resta di un menhir rovinato al suolo. Attorno a questi presunti monumenti non sono stati trovati segni dell’uomo preistorico (ceramiche, utensili, ossa umane, ecc.).

Fonte Wikipedia

Foto di: Rosangela Russo, Francesca Raffone, Santo Bella e Salvo Nicotra.

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