25 Aprile

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Cattura3

In occasione del 25 Aprile riproponiamo l’articolo, pubblicato il 18/08/1945 sul giornale “Il Partigiano” di Genova, dal giornalista catanese Igor Man storico inviato della “Stampa”.
La scintilla che accese la fiamma grande della insurrezione armata sprizzò nell’Isola del Sole e, precisamente, a Catania.
I tedeschi sentivano ormai che per loro era finita. Consapevoli della sorte che li attendeva, belve in gabbia sfogavano i loro istinti abbandonandosi ad atti di vi1enza contro « die sizilieniseken kamaraden» rei d’aver gridato la loro esultanza per la caduta del fascismo.
Ci furono, il 25 luglio, in Sicilia, pur nella foscaggine dell’ora , manifestazioni d’entusiasmo severo, tragico. Le dimostrazioni antifasciste avevano sapore di sangue e la gioia sapeva di lacrimare. I cortei erano guidati da uomini e donne laceri, scalzi, affamati che la cieca guerra voluta da Mussolini aveva privato delle case, dei parenti, di tutto. In questa atmosfera avvenne l’episodio per il quale e da cui iniziò l’insurrezione armata e aperta.


30 luglio 1943,
Catania, Una pattuglia tedesca giunse in piazza Stesicoro. Dagli autocarri balzano armatissimi, paracadutisti della Goering, scendono la scassata scala di legno che porta al grande rifugio antiaereo naturale ricavato dai sotterranei del teatro romano. Negli umidi ambienti, in mezzo a rifiuti e ad escrementi vivono da lungo tempo circa diecimila persone. Abitanti del quartiere marinaro, cosidetto della “Civita”, hanno perduto tutto, nessuno pensa a loro, muoiono di fame e di tifo.
Alcuni tedeschi bloccano le uscite con mitragliatrici. Gli altri penetrano nel rifugio. Con pistole spianate e con lanterne accese lo percorrono quasi tutto. Cercano «qualcosa»: donne.
Quattro ragazze sono «scelte» e costrette a seguirli. Le pistole puntate fino a quando i paracadutisti non escono dai sotterranei e le mitragliatrici poi, impediscono agli uomini, colti di sorpresa, di intervenire in difesa delle loro donne.
Compiuta l’ operazione , trascinando a viva forza le ragazze che si dibattono disperatamente (una fu colpita al seno, violentemente, con il calcio d’una pistola d’ordinanza), i paracadutisti balzano sugli autocarri, il motore non era stato spento, e si allontanano rapidi.
Poco dopo giungeva sul posto un gruppo di carabinieri che qualcuno aveva avvisato.
Un popolano, sulle cui guance la fame e le angosce avevano giocato senza misericordia di scalpello, scalzo, con indosso un ormai ridicolo simulacro d’abito, si staccò dal gruppo d’uomini salito in piazza e gridò: «Vogliamo le armi! Semu siciliani e difenderemo da noi le nostre donne. Cacceremo questi assassini! ».
Al suo grido si unirono gli altri e tutti corsero alla caserma di piazza del Carmine e ai depositi d’armi abbandonati. Ognuno ebbe un’ arma. Vecchi e donne, uomini e ragazzi. E da quel momento i tedeschi non ebbero più un momento di requie. Di notte ed anche di giorno, dalle finestre dei palazzi, quando passavano per le vie del centro, dai buchi più impensati, quando transitavano in periferia, erano fatti segno a fucilate precise che non perdonavano, a fucilerie nutrite al termine delle quali parecchi erano i nazisti che non si rialzavano più.
Ai popolani si uniscono presto agenti di PS. e anche carabinieri. Particolare curioso. Una notte, ai Quattro Canti di città, si trovarono a sparare contro i tedeschi, con il fucile piazzato tra 1le macerie del palazzo San Demetrio un agente di pubblica sicurezza, toscano, comunista di vecchia data, e un evaso dalle carceri giudiziarie, che doveva diventare un arditissimo patriota.
A Misterbianco, un paesino alle falde dell’Etna, arriva un giorno trafelato un popolano «Oggi verranno i tedeschi per razziare le bestie!».
Qualcuno risponde : “Vengano pure. Suoneremo per loro la banda”.
E che banda! Cinque ore di combattimento serrato fra popolani in unione alle poche forze armate di stanza in paese, e un considerevole numero di nazisti. Il parroco, abile cacciatore, sparava con un 91 dall’altezza del campanile. Fra una fucilata e l’altra si segnava. Ad ogni caricatore consumato recitava l’assoluzione dei nemici. Questi furono costretti ad alzare bandiera bianca. Ci fu uno scambio dì prigionieri!
Anche in altri centri della Sicilia e particolarmente a Messina, il popolo prese le armi e le depose soltanto quando nell’Isola i tedeschi rimasti furono soltanto prigionieri o morti.
Combatteremo con la beffa e con le armi
Con istintiva sensibilità politica (quella stessa che non fece mai di loro dei fascisti, quella stessa che malauguratamente, è stata guastata proprio ironia! in regime di -libertà), i siciliani che avevano fin dal primo momento compreso da che parte stessero i veri alleati, colta l’occasione propizia si schierarono apertamente contro l’eterno nemico e lo combatterono e lo umiliarono.
Siciliani: patrioti, primi partigiani della grande Lotta di liberazione; uomini armati di coraggio e poi di un’arma: una doppietta o un moschetto o un coltello soltanto, contro soldati rotti alle fatiche di guerra; armatissimi, ferocemente ben nutriti, superiori di numero.
Combatterono contro i tedeschi i siciliani e li vinsero due volte: con il disprezzo e la beffa prima, conle armi poi.
I primi partigiani sono stati siciliani.
Igor Mann

La foto è dovuta alla pagina web: http://www.mimmorapisarda.it/Cataniaguerra.HTM

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