Le orme di sant’Agata e … del diavolo

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Nunziata è una piccola frazione di Mascali uscita miracolosamente indenne dalle devastazioni causate dall’eruzione del 1928 che distrusse la cittadina etnea. Solo da lontano si vedono le lingue di lava fuoruscite dalla Bocche di Santoro (vedi) che coprirono inesorabilmente le case di Mascali. La cittadina conserva un tesoro artistico- archeologico di inestimabile valore che fa da corona a storie, miti e leggende. Ma procediamo con ordine (si spera).
Dal centro del paese, lasciando alle vostre spalle la chiesa madre dedicata alla Madonna dell’Itria, risalendo via Etnea, dopo qualche centinaio di metri sulla destra incontrate la chiesa della Nunziatella (vedi).

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” La chiesa medievale dedicata a Santa Maria Annunziata o per antonomasia identificata da tutti come “Nunziatella”. L’ area geografica su cui è stata costruita è terra di mezzo fra Catania e Messina e precisamente l’ antica Contea di Mascali che a partire dal XVII secolo è stata contesa tra il beneficio vescovile di Catania e quello di Messina come testimoniano altri numerosi riferimenti notarili dell’ epoca. Tuttavia i manufatti artistici e architettonici recuperati tramandano un’eredità storica precedente a quella dell’ età del priorato accennata prima, come attesta la presenza accanto alla chiesa della “Nunziatella” di una basilica paleocristiana, datata dagli archeologi intorno al VI secolo d.C. con splendidi mosaici policromi raffiguranti soggetti marini. Del resto, il territorio di Nunziata che si distingue fra i luoghi della Contea mascalese per ricchezza di sorgenti e fertilità del suolo, fu popolato già dall’ età preistorica, il ritrovamento e la presenza di necropoli accertano tracce del periodo ellenistico; il ritrovamento di reperti allestiti con la tecnica del mosaico, accertano la presenza dell’influenza romana, invece le pratiche di sepoltura e i rinvenimenti di fornaci accertano l’insediamento bizantino. Il “complesso della Nunziatella” dopo aver subito numerose “offese” dal susseguirsi storico-cronologico della sua esistenza, viene riportata alla luce attraverso attenti lavori di riscoperta nel 10 aprile del 1984 quando ebbero inizio le diverse fasi di rinvenimento.

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Le pitture, presenti nella parte sinistra della chiesa, appartengono ad un registro pittorico di tipo ionico, ovvero con la rappresentazione isolata dei santi a figura intera ed in sequenza. Sebbene le tracce siano modeste, la presenza del colore marrone per descrivere i piedi e l’abito del santo posto a sinistra della figura vescovile, dovrebbero appartenere all’immagine di San Francesco d’Assisi. Ne consegue che le pareti laterali della chiesa furono affrescate necessariamente dopo la canonizzazione di Francesco fatta da Papa Gregorio IX. Quindi è lecito supporre che la chiesa sia stata allungata dopo la metà del XIII secolo. A questa fase tardo medievale sembrano appartenere anche i volti della Madonna con il bambino a destra della parete dell’abside. Davanti a questo era anche emerso un recinto di circa sei metri per sei e formato da muretti spessi 40cm e alti 60. Il ritrovamento durante le indagini in questa zona della chiesa di alcuni scheletri, ci fornì ulteriori elementi di comprensione per l’evoluzione storica del manufatto architettonico in quanto gli scheletri appartenevano ad individui femminili di età tra gli 8 e i 40 anni. Gli scheletri sono posizionati in asse con la chiesa e con la testa verso l’abside per cui è molto probabile che i resti dei corpi rinvenuti appartengano a membri di una piccola comunità religiosa femminile legata alla Nunziatella durante il medioevo. Il progetto prevedeva l’acquisizione di una modesta abitazione di fine Ottocento parzialmente diruta e posta a nord della chiesa della Nunziatella. La struttura architettonica, rinvenuta al di sotto della casa che era stata acquistata, si rivelò essere quella di un’altra piccola chiesa, mono absidata, con impianto basilicale a tre navate e impostata pressoché alla stessa quota della Nunziatella. Se precedenti scoperte nell’intorno di Nunziata, davano già frequentazioni della zona nell’antichità, sia in periodo ellenistico che romano e bizantino con la presenza di una fornace poco lontano dal nostro sito, questa scoperta porta di molto indietro la storia di questo luogo di culto cristiano, rispetto a quanto si pensasse prima di questi ultimi lavori, e sulla base degli affreschi medievali presenti dentro la chiesa. Dalla sovrapposizione degli strati di crollo della struttura architettonica al di sopra di una grande quantità di tegole rotte a contatto con il pavimento, nonché dalle tracce di incendio sugli intonaci dell’abside e dei reperti rinvenuti durante lo scavo, possiamo considerare il IX secolo come terminus a quo saranno avvenuti, prima il crollo del tetto ligneo con copertura a coppi, e successivamente quello delle strutture murarie. Alcune monete della zecca di Siracusa, di Costante II e di Costantino IV, e due di Teofilo, trovate durante lo scavo sul pavimento, attestano la frequentazione dell’edificio tra il VII e il IX secolo. Dalla posizione di interi pezzi di muratura frammisti a singole pietre sopra lo strato di tegole, la dinamica dei crolli degli elevati strutturali, ovvero delle arcate impostate sui pilastri tra le navate e dei muri, sembra scriversi ad un evento tellurico, forse al noto terremoto che colpì la Sicilia Orientale intorno al 1969 che ebbe il suo epicentro nelle pendici nord orientali dell’Etna, e quindi dovette essere fortissimo a Mascali. Per la struttura della pianta, per le strutture murarie e per rapporti dimensionali, la chiesa della Nunziatella richiama ad altri esempi architettonici sparsi per l’Italia ed in Sicilia. Basti pensare alla basilica post costantiniana di Nora, in Sardegna, i cui resti si osservano ancora vicino al mare, anche essa con abside a occidente; nell’area pugliese somiglianze tipologiche si riscontrano con le Cento Porte(chiesa di San Cosma e Damiano) a Giurdignano e, per la presenza di un’articolata recinzione presbiteriale, con la basilica paleocristiana rinvenuta negli anni ’90 del secolo scorso sotto la cattedrale di Barletta in Sicilia e datata intorno al V e VI secolo: la basilica di Sofiana a Piazza Armerina e quella di Kaucana a Santa Croce Camerina; in particolare analogie dimensionali si osservano con la basilica di Monte Po nella zona di Nesima presso Catania. La piccola basilica di Nunziata potrebbe appartenere a quella tipologia dalla caratteristica forma cosiddetta “quadratica”; nei rapporti dimensionali la sua pianta si sovrappone infatti in maniera quasi perfetta a quella della chiesa di San Michele in Africisco a Ravenna, datata intorno al VI secolo. Per restare in Sicilia l’orientamento presenta anche la basilica Incontrada San Miceli a Salemi, che viene datata intorno al V secolo. All’interno del recinto rettangolare della navata centrale si sono rinvenuti due preziosi mosaici policromi pavimentali in sequenza. Uno posto alla stesa quota del piano pavimentale della chiesa, l’altro copre l’area del presbiterio, sopraelevato di circa 80 centimetri rispetto al pavimento della chiesa e accessibile attraverso un passaggio centrale con tre gradini.

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Il mosaico superiore risulta molto danneggiato per la presenza di due fosse scavate nell’abside, ed un’altra imposizione centrale nel presbiterio, contenente uno scheletro composto in mezzo alla terra, con la testa verso l’abside, non manomesso, di un individuo di sesso maschile con una patena tra le braccia, quindi apparentemente al clero celebrante. Nella navata destra invece, a pochi centimetri dalle pareti di fondo si è trovata un’altra tomba, con piano interno e pareti in muratura, ma vuota e con lastre di copertura, in parte di marmo e in parte di mattoni, crollate all’interno; essa sembra costruita contemporaneamente alla chiesa, e forse svuotata già prima del crollo del tetto; è leggermente più ampia dal lato est, il che fa supporre che il defunto per cui fu predisposta fosse posizionato con la testa verso l’ uscita della chiesa. Questo dato, e la sua posizione nella navata destra ci orienta a ritenerla destinata ad un personaggio importante, ma laico. La colonna di marmo bianco rinvenuta sul pavimento nella navata destra che ha una fattura classica, per il posto dov’è stata rinvenuta può essere l’unica superstite di una serie al tempo riutilizzata in una possibile pergula di recinzione del presbiterio. Il pannello pressoché quadrato del mosaico del presbiterio presenta, all’interno di un’elegante cornice, una scena dove si fronteggiano due pavoni ed in basso due cerbiatti, in uno sfondo bianco con volute, foglie d’ acanto e rami fioriti. Anche se la parte centrale del mosaico manca, si presuppone dovesse esserci una fonte, o un altro elemento legato all’acqua. Il secondo mosaico, davanti al primo è posto alla stessa quota del piano pavimentale della chiesa, copre una superficie rettangolare. Questo tappeto musivo era quasi integro nel complesso, ad eccezione di una modesta lacuna laterale superficiale. I due mosaici differiscono anche per la grandezza delle tessere. A differenza di quello superiore il secondo mosaico ha un’organizzazione fortemente geometrica, la cornice è figurata in prevalenza con volatili rivolti verso il centro del tappeto musivo. La diversa fattura e composizione figurativa dei due mosaici rivela con molta probabilità l’ esecuzione ad opera di due differenti mosaicisti e una maggiore antichità del mosaico inferiore più usurato. L’ uso della tecnica di posatura delle tessere e le figure rappresentate richiamano molto le immagini del bestiario delle chiese dell’ adriatico e delle ville imperiali romane. Tornando all’architettura della basilica recentemente scoperta è evidente che essa venne costruita addossata ad un terrapieno dei lati nord ed est. Per quanto lo sviluppo della pianta presenti leggeri fuori squadra, ed in particolare una slittamento degli elementi verso sud, rilevando le misure delle navate laterali, larghe intorno a m 1,86 e il diametro dell’abside di m 3,10, si evince che l’ unità di misura usata fu il piede bizantino, corrispondente a 31,2 cm. Complessivamente la basilica appare costruita utilizzando il principio della diagonale di un quadrato, tipico rapporto uguale a √2 . La larghezza della navata è di 2X5 piedi X √2, per un totale di metri 4,41. L’iconografia dell’affresco con il Cristo risorto della Nunziatella è tipicamente bizantino, si basa su regole che provengono da Costantinopoli sin dal periodo di Giustiniano, ma si diffonderanno e continueranno ad essere ripetute oltre Costantinopoli ancora per molti secoli. L’ispirazione costantinopolitana è nel nostro affresco evidente nella postura delle figure angeliche inferiori impostate volanti che sembrano ispirarsi a consolidate composizioni come quella degli angeli scolpiti in un sarcofago di bambino custodito al Museo Archeologico di Istanbul e datato al IV secolo. Le indagini antropologiche condotte sui reperti umani provenienti dalla Nunziatella hanno consentito di trarre alcuni importanti dati in merito all’ età di morte degli individui, al sesso, alla statura e ad eventuali patologie o tratti ereditari. L’ osservazione macroscopica è stata finalizzata ad una ricostruzione più completa dell’assetto tafonomico e dell’architettura funeraria, portando un fondamentale contributo alla comprensione del quadro storico ed archeologico dell’ area indagata.”

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In via san Domenico ritroviamo l’omonima chiesa, purtroppo ormai irrimediabilmente compromessa e abbruttita da interventi scellerati, la cui origine può farsi risalire a cavallo dei secoli undicesimo e dodicesimo.

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Proseguendo sulla stessa via ci si imbatte un’area umida con un piccolo ruscelletto che potrebbe essere un polmone verde di inestimabile valore se non fosse profanato da cumuli orridi di immondizia.
Proseguiamo la risalita che diventa sempre più godibile man mano che ci allontaniamo dal centro abitato: i paesaggi sono meno profanati e il verde delle vigne si impone con naturale bellezza.

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Su una traversa di via Rogatuso, alla fine di via Pedata sant’Agata, ci imbattiamo in un altarino con un’immagine ottocentesca della santa catanese che ci annuncia il sito che ha dato il nome a questo articolo. Scavata sulla roccia lavica, una piccola orma umana di fanciulla disegna la forma del piede della santa. Lì accanto, ci assicurano i vicini, era visibile una seconda orma, questa volta a forma di piè di capra: quella del diavolo tentatore delle virtù virginee della nostra santa. Ovviamente dimenticate la storia e la veridicità del tutto per assaporare solo la leggenda imbevuta del mondo fantastico dei nostri avi (se per caso siete scettici e agnostici come chi scrive, non vedrete niente di tutto ciò ma solo una pietra lavica dovuta molto probabilmente a qualche colata preistorica).

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Chissà per quale motivo sembra che sant’Agata usasse lasciare la sua impronta nella pietra a testimonianza della sua presenza in quei luoghi.
Ci racconta Giuseppe Pitrè nella sua raccolta di leggende siciliane:
“Nella chiesa, detta di Sant’ Agata la Pidata, in Palermo, fuori porta Sant’ Agata, sulla via che conduce alla Chiesa di S. Spirito , è la impronta di un piede. “Si vuole che abbia dato motivo alla erezione (di essa chiesa) l’impressione miracolosa, che dicono, del piede di detta Santa in un sasso, perchè nell’anno 253 della persecuzione di Decio Imperatore , essendo Prefetto della Sicilia Quinziano, che iacea la sua dimora in Catania, ed avendo, come scrivesi, a se chiamata la Vergine S. Agata, uscita questa dalla città, e giunta al luogo ove è ora la chiesa, le si sciolse il laccio di una scarpa, onde posò il piede su di un sasso , per legarselo, e di un subito restò impresso il vestigio sulla pietra. Fanno menzione di questo leggendario prodigio il Codice Vaticano riferito dal P. Ottavio Gaetani , il Pini, il Baronio, il Forte, il Faso, il Cascini ed altri. Anticamente si chiamava esso luogo: S. Agata la pietra; così nel 1324 in un testamento di Riccardo Filangeri. La impronta di Sant’Agata è religiosamente custodita sotto il primo altare a sinistra di chi entri.”
Questa testimonianza potrebbe fare riaprire fra i nostri lettori un’antica e mai risolta diatriba circa il luogo di nascita della santuzza: Palermo o Catania?
Ma ci rifacciamo subito con una terza impronta questa volta impressa nella chiesa di sant’Agata al Carcere in Catania (vedi).
“Un pezzo di lava conservasi nella chiesa del Santo Carcere, nel quale son le impronte delle piante di due piccoli piedi; tali impronte si dice siano state lasciate da Sant’Agata, quando eia uno sgherro fu spinta nella prigione. Questo sasso è da tempo oggetto di grande venerazione ai fedeli; come lo è parimenti il velo che ancora si conserva e che si dice sia rosso perché divenuto tale allorché la Santa fa gettata nella fornace”.

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Ritornando verso Nunziata per la via di san Giovanni Montebello possiamo vistare la chiesa del Carmine, recentemente restaurata con esiti a nostro parere non felici. Malgrado la chiesa non si segnali per particolare bellezza, consigliamo la visita per ammirare un affresco di una Madonna con bambino recentemente ritrovato sotto l’immagine posticcia di un’altra Madonna. Ancora una volta ritornano nel nostro racconto i diavoli (o per lo meno i dannati dell’inferno) ritratti nella parte bassa del dipinto, mentre ardono fra le fiamme del fuoco eterno.

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Ultima notazione la riserviamo ad una casa padronale che ritroviamo, sempre nella via di ritorno, dove a fatica si possono ammirare alcuni affreschi ormai corrotti dal tempo.
Le informazioni sulla chiesa Nunziatella sono dovute a Wikipedia (vedi).
Si ringrazia la Pro Loco (vedi) di Mascali e il suo presidente Roberto Patané.

Foto di Etnanatura, Michele Torrisi e Roberto Patanè.

Siti Etnanatura:

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