Vendicari

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Sito Etnanatura: Vendicari.

All’interno della Riserva la storia umana mostra una lunga permanenza. Vi sono diversi insediamenti archeologici e architettonici che testimoniano la vita dell’uomo in questi luoghi sin dall’epoca greca. È possibile trovare infatti le tracce di vasche-deposito di un antico stabilimento per la lavorazione del pesce di età ellenistica, accanto alle quali si è scoperta anche una piccola necropoli. In epoca bizantina (sino al VI secolo d.C.) l’area venne abitata a sud con la presenza di una chiesa diverse catacombe e abitazioni. La pericolosità delle coste indusse gli abitanti all’abbandono del sito per le aree interne come Pantalica.

La Torre Sveva, costruita probabilmente da Pietro d’Aragona, conte di Alburquerque e duca di Noto (1406-1438), nonché fratello di Alfonso V d’Aragona, re di Spagna e Sicilia (1416-1458) testimonia l’interesse strategico dell’area per la difesa della costa. Poco lontano vi è la tonnara di Vendicari, un edificio in disfacimento che conserva ancora in buone condizioni la ciminiera, oltre a vari stabilimenti e alle case dei pescatori: la tonnara fu costruita nel Settecento: nel periodo di massima espansione ebbe 40 dipendenti, tra cui due rais (il primo di Avola e il suo vice di Pachino). Smise la sua attività nel 1943. Le saline di Vendicari ebbero importanza economica per lungo tempo, certamente a supporto della tonnara per la conservazione del pesce. I primi impianti risalgono al XV secolo e, a tutt’oggi, ne restano vestigia sul Pantano Grande. La Riserva di Vendicari si estende per circa 1512 ettari, di cui 575 in zona A e 937 in zona B (la cosiddetta preriserva), a sua volta divisa in zona B1, dedicata all’agricoltura (agrumeti, uliveti, vigneti e orti riparati da tomboli di sabbia o roccia) per 701 ettari, e B2, dedicata, per la restante parte, a strutture per il turismo e lo sport. Si trova in una stretta fascia costiera acquitrinosa, di fondamentale importanza per le specie di uccelli migratori. Infatti la presenza dei vasti pantani dall’elevata salinità ha contribuito alla creazione di un ecosistema che è punto di riferimento per gli uccelli che, provenienti dall’Africa (distante 350 km circa in linea d’aria), sostano qui numerosi prima di raggiungere le mete migratorie in tutta Europa. In effetti, l’area della riserva si trova ad una latitudine inferiore a quella di Tunisi. La riserva è una zona umida costiera di alto valore biologico per la presenza di biotopi differenti: costa rocciosa, costa sabbiosa, macchia mediterranea, pantani (salmastri e d’acqua dolce), saline, garighe e aree coltivate. I pantani Piccolo, Grande, Roveto e i due minori (Sichilli e Scirbia, collegati al solo Roveto) sono separati l’uno dall’altro solo da poche decine di metri: essi rappresentano il fulcro della riserva. Tra i tre, solo il Pantano Piccolo non si prosciuga mai, neppure nei periodi di siccità, e ciò grazie alla presenza di sorgenti di acqua salmastra. Pantano Roveto è, invece, il più esteso (1,24 km²) e la foce che lo collega al mare è solitamente interrata. La profondità media dei tre pantani principali è di 30-40 cm, mentre la massima è di 1-2 m. Quattro sono gli accessi alla riserva: uno in zona Eloro (il più a nord), uno in zona Calamosche, l’ingresso principale all’altezza della Torre Sveva e, infine, quello di Cittadella dei Maccari (sede dell’insediamento bizantino di cui resta un tempietto e la necropoli). La riserva è ricca di spiagge: a nord quella di Eloro, con accanto la spiaggia di Marianelli, Calamosche, la spiaggia di Vendicari (nei pressi della tonnara) e a sud la spiaggia di San Lorenzo. Le caratteristiche dell’ecosistema della riserva di Vendicari hanno favorito una molteplice vegetazione. Vendicari, in quanto “zona umida costiera”, è ricca di acque, ma ad alto tenore di salinità. Pertanto nei suoi ecosistemi possono vivere solo quegli organismi vegetali e animali in grado di adattarsi a tale ambiente. Le piante alofite (che si adattano, cioè, a terreni ad alta concentrazione di sale) si sono sviluppate in modo da eliminare i sali in eccesso, le succulente accumulano nei tessuti riserve d’acqua dolce; altre piante come il ginepro, le tamerici e le salicornie con la riduzione delle superfici fogliari minimizzano la traspirazione e la perdita d’acqua. La fascia costiera di Vendicari è un continuo alternarsi di tratti sabbiosi e tratti rocciosi. Di conseguenza, la vegetazione presenta una corrispondente alternanza tra associazioni di piante rupicole ed associazioni di piante psammofile (amanti della sabbia). Numerose sono le specie di uccelli che sostano a Vendicari: i trampolieri, gli aironi cinerini, le cicogne, i fenicotteri e, inoltre, il germano reale, i gabbiani, i cormorani e il cavaliere d’Italia che sosta qui nel suo viaggio dal deserto del Sahara ai luoghi di nidificazione nel nord Europa. Varie anche le aree di provenienza di questi volatili: Russia: anatre, vari limicoli Polonia, Ungheria: gabbiani comuni Francia: fenicotteri Svezia, Finlandia: sterne maggiori Ungheria, ex-Jugoslavia: spatole, aironi Il mese di dicembre è il migliore per l’osservazione degli uccelli (birdwatching) Oltre agli uccelli, a Vendicari sono presenti anfibi come il rospo smeraldino (Bufotes siculus), alofilo e molto più raro del rospo comune (Bufo bufo); tra i rettili è facile incontrare il biacco (Hierophis viridiflavus ), un serpente di medie dimensioni, il colubro leopardino (Elaphe situla) e la tartaruga palustre siciliana (Emys trinacris). Tra i mammiferi presenti si ricordano la volpe, il riccio, l’istrice e il coniglio selvatico. Tra le specie della ricca entomofauna va segnalata la presenza di due cicindele: Lophyra flexuosa circumflexa e Calomera littoralis nemoralis; questi piccoli coleotteri, in quanto carnivori predatori situati al vertice delle catene alimentari delle comunità di microinvertebrati, dimostrano, già con la loro stessa presenza, la qualità e l’integrità dell’ambiente. Per quanto la riserva di Vendicari sia soprattutto famosa come riserva naturalistica all’interno del territorio sono presenti diverse strutture archeologiche di varie epoche. A sud di Eloro, poco distante dalla spiaggia di Marianelli, sono presenti alcune latomie del V secolo a.C. sicuramente utilizzate dalla antica città greca di Eloro per la costruzione di templi e monumenti. Poco distante dalla torre sveva, in riva al mare sono presenti delle vasche per la lavorazione del tonno e la produzione del garum, indice di una continuità della tradizione anche nei secoli successivi attraverso lo sviluppo della vicina tonnara. All’interno delle riserva è visibile anche un tratto dell’antica via elorina, strada di collegamento tra la colonia di Eloro e Siracusa. Nella parte sud della riserva si trova il complesso di eta bizantina (V/VI secolo d.C.) denominato Cittadella dei Maccari. Di questo luogo vi sono diverse testimonianze descritte da Tommaso Fazello e successivamente da Jean-Pierre Houël. Il sito consta di una cuba bizantina: la Trigona che come tutte le chiese di questa epoca presenta una pianta quadrata con tre absidi, una cupola superiore e un’apertura a oriente affinché, secondo tradizione, durante la veglia pasquale la luce della luna piena entrando nell’edificio attraverso l’apertura desse inizio alla Pasqua. « A tre miglia da Noto, sulla riva del mare, in una penisola del feudo della Falconara, si trova un edificio abbastanza ben conservato, chiamato la Cittadella. Alla pianta quadrata e il tetto a cupola. Ogni facciata riceve la luce, da una piccola apertura di forma pressappoco quadrata. Al di sopra di ogni apertura corrisponde nella cupola un’altra, più piccola: tutte le finestre di questo tipo lasciano entrare poca luce. L’interno dell’edificio è di appena 26 piedi quadrati. Tre lati hanno, nella parte interna, antigieniche che formano, all’esterno, delle masse rotonde simili, viste dall’esterno, alla volta di un forno. L’edificio a tre porte: la principale rivolta ad oriente nell’atto privo di nicchia, le altre due si trovano gli angoli della stessa parete, così come le ho rappresentate. » Poco distante dalla Trigona sono visibili diverse catacombe dello stesso periodo, in buono strato di conservazione con tombe famigliari e singole. Nell’area fu rinvenuta, negli anni 70 del secolo scorso, una lastra tombale con simboli ebraici. L’area inoltre presenta diversi resti di abitazioni, segno che l’area era densamente popolata forse a causa del vicino porto, di cui restano tracce. L’arrivo poi delle continue minacce da parte dei barbari prima e degli arabi poi ha determinato l’abbandono di questi luoghi in favore degli inaccessibili altopiani di Pantalica, dove appunto i bizantini si trasferirono. La Torre Sveva, è la costruzione più bella e visitata della riserva di Vendicari. Venne costruita probabilmente da Pietro di Trastámara, conte di Alburquerque e duca di Noto (1406-1438), nonché fratello di Alfonso V d’Aragona, re di Spagna e Sicilia (1416-1458). Dopo un secolo la struttura fu rimaneggiata dal viceré Juan de Vega, facendo assumere alla struttura la forma attuale. La torre veniva utilizzata come punto di vedetta e segnalazione contro le scorribande di navi di pirati ed eventuali attacchi nemici. Le prime informazioni in merito all’esistenza delle saline di Vendicari risalgono al Quattrocento per poi avere ulteriori riscontri dal Fazello in epoche successive. Probabilmente l’area del pantano veniva utilizzata persino in epoca greca, dato che nelle vicinanze vi sono dei resti di vasche per la lavorazione del pesce. Ciò non esclude la produzione di pesce salato e l’utilizzo del sale in loco. Le saline poi hanno affiancato l’attività della tonnara restando in funzione sino al 1951, anno in cui una alluvione aveva procurato parecchi danni alla zona. Quell’evento determinò la chiusura della struttura, dato che la concorrenza di altre saline aveva reso antieconomica l’attività. Oggi le saline vengono utilizzate dagli uccelli come oasi di ristoro e sono una delle più importanti attrattive della riserva. La costruzione della Tonnara di Vendicari detta anche Bafutu risale al Settecento. L’attività dello stabilimento ha avuto fasi alterne, periodi floridi a periodi di chiusura in base al costo del prodotto e alla concorrenza delle vicine tonnare di Marzamemi, Avola, Noto e Siracusa. Con provvedimento ufficiale della Capitaneria di Porto di Catania venne chiusa nel 1884 per essere riaperta, dopo una serie di lavori di ristrutturazione nel 1914 grazie al supporto economico del nobiluomo avolese Antonino Modica Munafò. L’attività si sviluppava grazie alla presenza della vicina salina, che permetteva l’estrazione del sale e lo stabilimento vero e proprio dove il tonno veniva cotto nei forni e inscatolato. Il tonno veniva pescato nelle acque antistanti e trasportato nella balata dove veniva tagliato e lavorato. Nel 1943, a seguito dello sbarco degli alleati, ma anche per una scarsa resa economica del commercio dei tonni, lo stabilimento venne chiuso. Oggi rimane una testimonianza dell’antica tradizione siciliana delle tonnare. 
Testo tratto da Wikipedia

Sito Etnanatura: Vendicari.

Foto di Santo Bella.

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