Medio_Alcantara

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Sito Etnanatura: Medio Alcantara.

Gurne dell’Alcantara.
Il fiume Alcantara, nella sua incessante azione erosiva operata per millenni sulle colate laviche, ha creato una serie di laghetti dalla forma rotondeggiante conosciute con il nome di “Gurne” o “Vulli”. Questa particolare tipologia di laghi di natura lavica caratterizza il corso dell’Alcantara in un tratto limitato che si estende (escludendo i due Vulli in prossimità di Mojo Alcantara, meno importanti rispetto agli altri) prevalentemente nel territorio del Comune di Francavilla di Sicilia (Me), tra la contrada Santa Caterina e l’omonimo ponte, fino all’abitato di fondaco Motta, frazione di Motta Camastra (Me). Le Gurne dell’Alcantara sono sedici. La loro larghezza varia tra i 5 ed i 30 metri di diametro mentre la profondità varia tra i 5 e i 10 metri massimi, che si raggiungono solo in prossimità delle cascate.

Le dimensioni e le profondità delle “Gurne” variano al variare delle piene del fiume e sono condizionate anche dall’accumularsi di detriti e sedimenti che trasformano la morfologia del corso. (Da Comune di Francavilla). Lungo il percorso si incontrano resti archeologici risalenti al V secolo a.C. che testimoniano la presenza dei Calcidesi di Naxos nella Valle dell’Alcantara. In alto, in cima alla collina, svetta l’antico Castello feudale, purtroppo ridotto ad un cumulo di macerie. Le pietre sono saldate con calce malfitana molto usata dagli antichi e di cui esiste ancora una cava nel territorio di Francavilla di Sicilia. Dal lato Est, i ruderi sono rappresentati da grosse ed alte mura, che svettano monumentali sul ciglione sovrastante la ripida parete del colle. Resta inoltre la saldatura muraria tra la linea del ciglione e l’alta muratura. Tra i ruderi della divisione interna; in un cortile, si trovano gli avanzi di una grande cisterna che doveva essere di primaria utilità per i presidiatori del luogo.
(Da Siciliaparchi.com)

Castello Francavilla di Sicilia
Il Castello di Francavilla sorge su un rilievo isolato al centro della Valle dell’Alcantara, in corrispondenza di un suo restringimento ed alla confluenza del fiume San Paolo. Dal castello si domina, oltre l’abitato, anche il corso del fiume Alcantara che proprio nella strettoia sotto la rupe del castello veniva attraversato da un ponte del quale permangono le rovine. L’antico ponte (in arabo ‘Al Qantarah’) può essere osservato da vicino seguendo il sentiero natura de ‘Le Gurne’, un suggestivo percorso che porta alla scoperta di antichi mulini, sfruttati per la produzione di energia elettrica (tra i primi in Italia), e dei meravigliosi laghetti (gurne) che forma l’Alcantara in questo tratto, proprio sotto il castello di Francavilla. Purtroppo dobbiamo segnalare che la segnaletica di questo percorso è stata danneggiata e quasi distrutta negli ultimi due anni, ed ancora una volta l’ignoranza e l’inciviltà di pochi ‘indigeni locali’ va a scapito della fruizione turistica e culturale dei molti turisti stranieri che visitano la Valle. Il castello è dominato a distanza dal castello grande di Castiglione, che si trova ad una quota molto più elevata, ma domina visivamente tutta la parte più bassa della Valle dell’Alcantara. Il castello di Francavilla è inoltre in comunicazione visiva con Motta Camastra. La parte sommitale del castello è costituita da uno strettissimo corpo di fabbrica con almeno tre elevazioni, che si adatta alla cresta del rilievo su cui si erge il castello. Nella parte centrale, sporgendo verso il lato che guarda l’Alcantara, una possente opera a scarpa ha permesso l’edificazione di una torre centrale, con probabili funzioni di mastio, dove erano locali più ampi. Un’altra torre, della quale avanza uno slanciato spezzone murario con un cantonale in pietra lavica ad angolo ottuso, chiudeva il corpo principale del castello in corrispondenza dell’accesso meridionale lungo la cresta. Due avamposti, rispettivamente a nord e sud sulla cresta rocciosa, uniti alla parte centrale del castello da basse mura e posti alla distanza di qualche decina di metri dal maschio, impedivano l’accostamento e controllavano i due probabili accessi alla fortezza. Il castello è attualmente allo stato di rudere e necessita urgenti lavori di consolidamento e di restauro, affinchè il maniero possa conservarsi nel tempo e soprattutto possa essere fruibile a visitatori e turisti. Le rovine del castello promanano un fascino unico per la loro collocazione e sarebbe un vero peccato lasciarle ulteriormente nel degrado in cui versano. Ci auspichiano che anche l’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara posso realizzare le adeguate pressioni sulle autorità preposte alla sua salvaguardia. Intanto ancora ad oggi (luglio 2011) le rovine sono lì, silenziose e solitarie, a dominio della Valle, in attesa di una valorizzazione adeguata all’interno del circuito castellano dell’area etnea. Scheda Compilata da: Dott. Andrea Orlando.
Da icastelli.it

Alcantara gurne area archeologica
Sito archeologico. Sito megalitico. L’antico abitato, ancora anonimo, si rivela importante e assai consistente e data anteriormente al VII sec. a.C., era in cui forte fu l’impronta dell’espansionismo ellenistico. Tuttavia una forte presenza di complessi megalitici legati ai culti della fertilità, e soprattutto a quelli della Dea Madre (culto fortemente rappresentato dai reperti archeologici del VI sec. in poi- nella vasta area Piano di Marco/Via don Nino Russotti- i cui legami con Demetra e Kore sono inequivocabili, secondo gli studiosi), e disposti secondo precisi allineamenti, multiformi nell’aspetto e dalle forti impronte antropozoomorfe (con molti riferimenti ai rettili e alle divinità ctonie, al corredo di animali propri della dea Afrodite, arieti in particolare), rivelano essere sentinelle di peculiari percorsi che, olisticamente parlando, tracciano le grandi vie di comunicazione, sacre in quanto tali, di un’antichità tanto lontana quanto ancora ignota, ma che riserva quasi quotidianamente scoperte che destano tanta meraviglia quanti sono gli interrogativi che pongono. Disposti secondo mappe celesti che, spesso, le stesse pietre riportano sotto forma di fori allineati secondo varie figure e cerchi, rivelano la presenza di una civiltà ignota ma sicuramente evoluta. Non è difficile- ecco una traccia a nostro favore- collegarli con simili complessi megalitici sparsi un po’ in tutto il mondo, ma possiamo forse datarli ad un’era anteriore alla stessa Stonehenge e ai complessi megalitici del nord Europa, per via delle loro forme e le gigantesche dimensioni. L’argomento è oggetto di attenti studi. L’ antico nome di età greca fu presumibilmente Camastra, da cui la denominazione di Motta col predicato Camastra già in età medievale. Riporta Vito Amico che fu distrutta da Camestrio, generale di Gelone di Siracusa, ma possiamo affiancare a questa interpretazione del nome Camastra una forte assonanza con la Dea Madre-Amastris (Demetra, Demether per i Greci) che fu la divinità principale anche per i Fenici (Astarte). Un legame, ancorché sottile, lega i culti della Dea Madre ad un toponimo di probabile derivazione fenicia, presente tuttora nel taorminese con una contrada, Mastrissa, che insiste in un territorio caratterizzato da forte attinenza con la dea Venere romana e con Santa Venera cristiana. Mentre a Francavilla, sul monte Cucco/Orgala, prospiciente l’abitato, una contrada viene ancor oggi denominata ” “a Matraria”, che assona con “Demetra” secondo la pronuncia dialettale, oltre alla contrada ‘san Dimitri’ (san Demetrio) nei pressi di Rocca Badia, altro sito ad alta intensità megalitica, per non parlare, inoltre, della contrada santa Venera, disseminata di allineamenti litici visibili e ben concentrati secondo precise convergenze dal fiume s. Paolo alla vetta del colle omonimo.
da http://it.wikipedia.org/wiki/Francavilla_di_Sicilia

San Nicola

Cuba di Castiglione
Il tempio sito nella Valle dell’Alcantara, denominato a “Cuba”, ma dedicato a Santa Domenica, come diceva il Lojacono forse per tradurre in forma latina la sua antichissima dedica a Santa Ciriaca, appartiene alla cosiddetta Nuova Età che va dal VII Sec. fino al IX Sec., segnando così la fine dell’Antichità. Il lato Sud di questo vetusto complesso doveva essere strutturalmente e funzionalmente associato ad un altro edificio monastico, sorto successivamente; la porta murata durante i restauri sul finire degli anni 50, da parte di P. Lojacono, è un chiaro esempio di comunicazione chiesa – monastero. La cupola a vela del naos era fortemente spaccata in più punti, e alcuni speroni mancanti o disgregati non potevano assicurare più l’equilibrio dell’insieme. Si aggiunga che fondazioni allo scoperto, squarci interni e l’asportazione di grossi blocchi di base di alcuni pilastri portanti avrebbero costituito l’inizio ad un eventuale pregiudizio alla stabilità. La Chiesa di Santa Domenica sorse probabilmente tra il 775 ed i primi anni dell’800, dopo la morte dell’imperatore Costantino V figlio dell’imperatore Leone III detto l’Isaurico; si distinsero entrambi nella lotta iconoclasta che decretarono ed operarono sempre nel nome di Dio, facendo credere che le immagini fossero idoli e i veneratori idolatri; dunque, sia gli uni che gli altri, venivano distrutti. Furono dunque i monaci i veri costruttori ed architetti delle cinque Cube nella Valle dell’Alcantara? Inoltre la Chiesa di Santa Domenica per essere la più grande della Valle dell’Alcantara, lascia supporre che il Sito di Contrada “Cuba” doveva essere densamente abitato, e che le altre quattro “Cube” dovevano roteare intorno; analizzando invece i diversi reperti archeologici trovati in Contrada Imbischi in Contrada Cuba e dintorni, notiamo che il passato di questi territori è legato alla stessa civiltà. Anche se il materiale impiegato per la costruzione di Santa Domenica è molto diverso nelle qualità da quello delle Chiese dell’Anatolia, la Chiesa di Santa Domenica sembra derivi dalle tradizionali costruzioni a Basiliche che poggiano su enormi spazi con grandi cupole al centro, e nel contesto di queste forme, si ricorda la Chiesa di Santa Sofia di Costantinopoli o Chiesa Grande. La Chiesa di Santa Domenica è stata dichiarata Monumento Nazionale il 31 Agosto del 1909 dopo la relazione del Prof. Sebastiano Agati della Regia Soprintendenza di Siracusa.
Da http://web.tiscalinet.it/Castiglione_di_Sic/cuba.htm

Sito Etnanatura: Medio Alcantara.

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