Descrizione |
A partire dal XVI secolo, a causa di alcune scorrerie di corsari turchi, la frazione di Santa Tecla venne dotata di una garitta di guardia, che tuttavia non riuscí a difendere la frazione dal pirata Luccialí, che proprio lí sbarcó il 3 maggio 1582 al comando di sette galee e ben trecento pirati. Ai limiti del fiabesco la vita di questo pirata di origini calabresi. Uluch Alí nacque in Calabria, probabilmente col nome di Giovanni Dionigi Galeni, nel 1519. Stava per entrare in convento e divenire monaco, quando fu catturato dal corsaro algerino Khayr al-DÄ«n Barbarossa nel 1536 a Le Castella, presso Isola di Capo Rizzuto in Calabria. Fatto prigioniero e messo al remo, rinnegó la religione cristiana dopo alcuni anni, per poter uccidere un turco che lo aveva schiaffeggiato e non essere di conseguenza ucciso in base alla legge islamica. Diventato musulmano, sposó la figlia di un altro calabrese convertito, JaÊ¿far Pasciá e inizió la propria carriera di corsaro, con grande successo. Divenne dapprima comandante della flotta di Alessandria, poi pasciá d'Algeri, e infine bey (governatore) di Tripoli. Da corsaro imperversó in tutto il Mar Mediterraneo. Opera sua furono le catture nei pressi di Favignana della galera di Pietro Mendoza (1555 ca.), a Marettimo quella di Vincenzo Cicala e Luigi Osorio (1561). Il suo nome é legato a numerose incursioni sulle coste italiane, soprattutto quelle del Regno di Napoli, allora dominio spagnolo. Secondo alcune voci dell'epoca, tramó anche con vari cospiratori calabresi per staccare la Calabria dai regni spagnoli e unirla ai domini turchi. Partecipó alla battaglia di Gerba nel 1560 e successivamente cercó di catturare il duca Emanuele Filiberto di Savoia presso Nizza. Nel 1564 partecipó ai ripetuti assalti e ai saccheggi del paese di Civezza, nell'attuale provincia di Imperia. L'eroica resistenza della popolazione del piccolo paesino passó alla storia. Subentró a Dragut a capo della flotta ottomana, quando questi morí durante l'assedio di Malta del 1565. Fu quindi autore di rilevanti imprese belliche, fra le quali l'assalto e il successivo assedio nell'agosto 1571 della cittá dalmata di Curzola. Considerato il miglior ammiraglio della flotta ottomana, nell'ottobre del 1571 combattè a Lepanto contro Gianandrea Doria. Riuscí ad insidiare Don Giovanni d'Austria ed a riportare in salvo una trentina di navi turche recando ad Istanbul, come trofeo, lo stendardo dei Cavalieri di Malta dopo una precipitosa fuga durante l'infuriare della battaglia. Dopo questa battaglia ottenne dal Sultano ottomano Selim II il titolo di ammiraglio della flotta turca e l'appellativo di Kılı Alí (Alí la Spada). Forte della nuova carica ricostruí in un anno la flotta distrutta a Lepanto e nel 1572 riuscí a sfidare ancora le flotte cristiane, anche se con scarso successo. Nel 1574 riconquistó all'impero ottomano Tunisi, che era stata espugnata l'anno prima dalla flotta cristiana. Morí nel luglio del 1587 nel suo palazzo sulla collina di Top-Hana vicino Istanbul e lasció ai suoi numerosi schiavi e servitori case e beni di proprietá, concentrati in un villaggio da lui fondato e chiamato "Nuova Calabria". Secondo alcuni resoconti, in punto di morte sarebbe tornato alla fede cristiana, ma gli storici turchi negano con decisione questa eventualitá, visto che giá in vita gli erano stati offerti feudi e ricchezze in terre cristiane che egli aveva sempre rifiutato preferendo la libertá di costumi di cui godevano a quel tempo i cristiani convertiti all'Islam. Altra leggenda che circola sul suo nome racconta di un viaggio clandestino sulla costa calabrese al solo scopo di riabbracciare la madre che, stando alle cronache coeve, lo avrebbe invece maledetto proprio per la sua abiura. Ricerche recenti, peró, ascrivono questa leggenda alla propaganda spagnola ed ecclesiastica.
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