Descrizione |
Tutti i popoli del passato hanno conosciuto il fiume Alcantara, la freschezza delle sue acque, la fertilitá delle sue colline degradanti e ricche di vita agreste. Tutti ci hanno lasciato, quali segni della loro presenza, incontrovertibili prove di grande rilievo culturale: pregevolissime ricchezze storiche artistiche e architettoniche, intere cittá sepolte e persino templi religiosi. Chi per la prima volta si trova a transitare all'interno di questo territorio, non puó assolutamente rimanere indifferente alla bellezza che da esso si sprigiona, tanto da poter modificare lo spirito umano e renderlo piú probo. Uno splendido paesaggio mozzafiato tra la valle del fiume Alcantara e i boschi dei Nebrodi, al centro di un'area molto pregevole, dove natura e cultura si fondevano per consentire un profondo rinnovamento spirituale. In questo ambiente alquanto mistico, resistono faticosamente agli attacchi del tempo e dell'uomo, i resti del Monastero di San Giacomo, un edificio sacro della meditazione, consacrato a chi vuole rigenerarsi, attraverso un percorso ascetico, per trovare un ristoro dell'anima, vivendo la spiritualitá in modo nuovo e autentico, attraverso un profondo contatto con la natura e l'universo circostante, in modo da raccontarne la cultura dei luoghi, esempio eccellente di arte, storia e architettura.
Le rovine del monastero di San Giacomo sono incastonate a circa 1200 metri di altezza s.l.m., suggestivamente addossati a ponente delle pareti rocciose di “Punta Randazzo Vecchio” e di “Serra di San Giacomo”, mentre a valle si riflettono nelle acque del fiume Alcantara. Spazio di silenzio e pace, ma anche luogo in cui vivere e apprezzare le bellezze di “Madre Natura”, questo monastero, é stato edificato geograficamente lungo la via dei Greci che collegava il mare ai monti, dunque, un presidio strategico di grande interesse per numerosi monaci di allora che si spostavano in questi vasti comprensori per portare alle genti contadine di queste terre il conforto della religione. Un tempo questo complesso claustrale palpitava di vita, oggi riproduce il fatiscente abbandono e ricovero precario per le bestie da pascolo. L'organismo edilizio si sviluppava su due livelli, la parte superiore costituita dagli alloggi dormitorio per i monaci e quella inferiore composta da due parti: la cappella con i suoi affreschi e un magazzino o “Grangia”, che nei complessi edifici monastici medievali, aveva lo scopo di conservare i prodotti ricavati per opera dei monaci dalla coltivazione dei terreni annessi alle abbazie. Osservando il monastero, oggi completamento dirúto, si puó notare come esso sia stato costruito con malta, pietrame irregolare del luogo e mattoni cotti, mentre l'antica copertura ad un'unica falda spiovente, era realizzata con coppi. Riflettendo sulle dimensioni, sul sito e caratteristiche di costruzione dell'originario fabbricato, si puó effettivamente convalidare il concetto che questo antico eremo era davvero importante per l'epoca in cui era stato realizzato, insomma, un'avamposto della civiltá progredita che, a partire dall'VIII – IX secolo e sino alla seconda metá del 1800, si faceva strada in un mondo ancora privo di grandi prospettive di sviluppo e uguaglianza sociale. Secondo alcuni studiosi, le caratteristiche costruttive, fanno risalire la realizzazione della struttura al XIX - XX secolo. Tuttavia, in quegli anni il monastero potrebbe essere stato ristrutturato, in quanto i primi documenti che parlano ufficialmente del monastero di San Giacomo di Randazzo, risalgono al XII secolo d.C. Essi fanno capo ad un diploma di Ruggero II, il quale permetteva, nel 1144, che l'abate basiliano di S. Angelo di Brolo pescasse liberamente presso il fiume di Randazzo, presumibilmente l'Alcantara o un suo affluente. Inoltre, il monastero viene citato in alcuni Processi Verbali dei monaci del monastero di San Michele di San Angelo di Brolo, dal quale il monastero di San Giacomo era dipendente. Dunque, non si hanno notizie storiche certe riguardo questo monastero e il legame con la popolazione locale, tuttavia, alcuni reperti sacri rinvenuti e studiati nel centro storico di Randazzo, fanno pensare ad una fede profondamente radicata dei randazzesi, con il culto locale di San Giacomo, intercessore presso la Vergine e il Bambino, che si diffuse a partire dal XII sec. e oramai in disuso. Poco distante dal convento, sugli argini del fiume Alcantara, si possono ammirare alcune evidenti tracce di quello che fu il mulino di San Giacomo, rappresentate da una condotta obbligata dell'acqua e i resti di una vasca di raccolta. Il mulino era con certezza collegato all'esistenza del convento e dei suoi monaci, i
quali, effettuavano la coltura del grano e altri cereali in alcuni terrazzamenti adiacenti il cenobio.
Testo di Enzo Crimi |