Monte Egitto

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26-10-2014 10-59-32Il sentiero per monte Egitto, per la varietà e la bellezza dei paesaggi, è senz’altro fra i più affascinanti delI’Etna. Il primo monte che si incontra è monte Ruvolo, chiamato così per l’enorme roverella (Cerza o Rruvulu in siciliano) che vegetava dentro il cono. Si attraversa la colata lavica del 1763. Il montarozzo successivo è Monte Arso. Infine Monte Lepre. Il percorso finisce dove c’è la roverella più grande e maestosa dell’Etna. A monte Egitto ci sono altre roverelle ma stanno morendo a causa dei pini che le soffocano.

Foto e info di Gaetano Fichera.

Sentiero Etnanatura: Monte Egitto.

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Cuba di Malvagna

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Cuba_bizantina_30122011 118Malgrado qualche incertezza, la datazione più verosimile appare quella della metà del VII secolo. Popolarmente nota con l’appellativo di Cuba con il quale, non soltanto nella lingua e nella cultura araba ma anche in Sicilia, si denominano piccoli edifici di struttura cubica sormontati da cupola estradossata, la Cuba di Malvagna mostra evidenti imprecisioni costruttive ed una insufficiente cura nell’impostazione simmetrica rispetto a tale tipologia, assai diffusa nell’area mediorientale e tradizionalmente rigida quanto all’impianto geometrico. Né la porta di ingresso, infatti, né l’abside sul lato est si trovano in asse e le rispettive pareti risultano avere differenti dimensioni. Nell’abside centrale si evidenziano due scarne aperture sovrapposte mentre i profili dei catini absidali, tutti dotati di riseghe alle imposte, alternano mattoni laterizi rossastri a conci di pietra lavica, notoriamente assai diffusa in tutta l’area etnea. Lo stesso materiale è stato inoltre utilizzato per l’edificazione della cupola la quale, realizzata con sistema costruttivo autoportante ad anelli concentrici, si raccorda alla pianta quadrata dell’edificio tramite conchette angolari.

Da Istituto centrale per il catalogo e la documentazione

Pagina Etnanatura: Cuba di Malvagna.

Foto di Etnanatura e di Concetto Mazzaglia.

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Pozzo di monte Vituddi

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20100515 126Alle spalle del rifugio Galvarina, lungo la pista altomontana e ai piedi di monte Vituddi, si trova questo pozzo generato da un conetto di scorie saldate lungo una frattura eruttiva. Il pozzo è ricoperto da muschi e licheni e si segnala soprattutto per il paesaggio che lo circonda.

Sentiero Etnanatura: Pozzo di monte Vituddi.

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Alesa Arconidea

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GreciDiceva Cicerone (Verrem, II, 3,170): « Siciliae civitates multae sunt, iudices, ornatae atque honestae, ex quibus in primis numeranda est civitas Halaesina […] » «Vi sono in Sicilia, o giudici, molte città belle e importanti, tra le quali va annoverata fra le prime la città di Alesa». I resti di Alesa si trovano in territorio di Tusa sulla costa settentrionale della Sicilia. Secondo Diodoro Siculo Alaisa fu fondata nel 403 a.C. e concessa ai Siculi dal tiranno Arconide di Herbita (da cui prese il secondo nome) come ringraziamento per l’aiuto avuto nella guerra con la potente Siracusa. La presenza di un tempio dedicato al dio Adrano testimonia l’influsso avuto sulla città da popolazioni provenienti dai territori Etnei. Alesa partecipava al gruppo delle sedici città, tutte di discendenza troiana, incaricate di fornire guarnizioni per la protezione del santuario di Venere Ericina a Erice. Dopo la conquista romana di Siracusa Alesa fu dominata per un breve periodo dai cartaginesi per rientrare ben presto nella sfera d’influenza romana ottenendo lo status di civitas libera ac immunis. Sotto Augusto la città divenne municipio e acquista la cittadinanza romana.
Foto di Michele Torrisi

Pagina Etnanatura: Alesa Arconidea.

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Basalti colonnari

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Durante il raffreddamento di una colata lavica spessa si formano giunti e fratture. Se la colata tende a raffreddarsi rapidamente intervengono delle forze che tenderanno a farla contrarre in modo significativo. Mentre verticalmente il flusso può abbassarsi dissipando le tensioni, orizzontalmente non riesce a smaltirle e tende a fratturarsi. Le fratture estensive che si sono così formate danno quell’aspetto colonnare, il cui diametro dipende principalmente dalla velocità di raffreddamento (maggiore velocità causa un minor diametro). La forma delle fratture tende ad essere esagonale e potrà dare l’aspetto di un selciato costruito dall’uomo, o di cataste di pali disposti orizzontalmente . (1)


Visualizza Basalti colonnari in una mappa di dimensioni maggiori

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Rupe di Aci Castello

Rupe di Aci Castello. La rupe del Castello si innalza verticalmente per circa 20 m. su una piattaforma costiera larga in media una decina di metri. Sul lato occidentale, una colata lavica etnea ha formato una piattaforma a 4 m. sul livello del mare e ha unito la rupe alla costa. La rupe é stata originata da una eruzione submarina causata dall’apertura di una frattura nel fondale del vasto golfo preetneo che occupava gran parte della Sicilia orientale nel Pleistocene, quando il grande vulcano Etna non era ancora sorto. Essa e la piattaforma su cui sorge (Praca) sono formate da pillows sferici o ellissoidali, ricoperti da una crosta vetrosa ialoclastitica di 2-3 etti di diametro; nella parte più alta é presente un enorme megapillow. (2)

Mega pillow Acicastello

Mega pillow Acicastello

Mega pillow Aci Castello. I pillows si formano in seguito all’apertura di una frattura nel fondale marino; l’acqua, scendendo dentro il canale, al brusco contatto con il magma, lo raffredda, creando una crosta vetrosa, nera, che ricorda 1′ ossidiana, ma che, in realtà, ha una composizione chimica del tutto diversa; la spinta del magma che ha una temperatura di circa l100° C, squarcia il tappo solido, ma la presenza dell’acqua ne fa formare un altro. Questi tappi vetrosi frantumati originano una grande quantità di materiale brecciato, che viene spinto in alto dal magma, all’esterno della frattura, depositandosi attorno ad essa: tale materiale, presente sempre attorno ai pillows, é detto ialoclastite. A questo punto, il magma che fuoriesce dalla frattura può attraversare la massa di copertura, formando sferoidi più o meno grandi. Si possono notare negli interstizi tra queste formazioni i resti dell’argilla del fondale marino, che giustifica, senza alcun dubbio la loro origine submarina; la struttura globulare dei pillows è tipica, d’altra parte, delle colate basaltiche, sgorgate e solidificate in fondo al mare. La causa principale del loro singolare modellamento interno, che presenta una struttura radiale specialmente in quelli più grandi, i megapillows, é dovuta, alla contrazione che il magma subisce a causa del rapido raffreddamento. Il rivestimento ialoclastitico esterno e la fessurazione radiale all’interno sono le caratteristiche che differenziano i pillows dalle comuni rocce vulcaniche di origine subaerea che possono avere lo stesso aspetto. (2)

Aci Trezza Faraglione

Aci Trezza Faraglione

Faraglione di Aci Trezza. Frutto di un’eruzione sottomarina, insieme alla suggestione paesaggistica data dai maestosi basalti colonnari, il piccolo complesso insulare custodisce minerali, quali l’analcime, che per la purezza e trasparenza dei cristalli sono quasi un unicum, assai ricercati da musei e geologi stranieri. (3)

 

Aci Trezza porto

Aci Trezza porto

Porto di Aci Trezza. Lungo il molo di Aci Trezza si trovano molte rocce con sottili prismi di contrazione termica; si tratta di affioramenti di dimensioni limitate, che testimoniano un più rapido raffreddamento roccioso (da cui la sottigliezza dei prismi, se confrontati con quelli delle Isole Ciclopi), aspetto che ha suggerito ai geologi un’origine parzialmente diversa, avvenuta si pensa sotto uno strato argilloso di più modesto spessore, oppure negli interstizi più interni delle lave a cuscino, come si può osservare nella Rupe di Acicastello.

Neck Motta

Neck Motta

Nek di Motta. Milioni di anni fa nel territorio su cui sorge Motta Sant’Anastasia era presente il mare. Quest’ area è stata interessata, in epoche successive, da un lento sollevamento fino ad emergere. Su di essa si erano depositati argille azzurre e conglomerati, che sono dei grossi ciottoli arrotondati di varia origine trasportati dai fiumi in piena. Questo tipo di formazione viene chiamato localmente “terre forti”. Circa 550.000 anni fa nella zona etnea si sono manifestati fenomeni vulcanici. Si è avuta, infatti, una notevole risalita di magma dal mantello verso la superficie. Una di queste intrusioni è riuscita a provocare un’eruzione che ha formato il conetto eruttivo di Motta Sant’Anastasia. L’eruzione, sicuramente di tipo esplosivo, ha formato il cono vulcanico e il magma ha riempito il camino vulcanico e il cratere solidificandosi, senza provocare alcuna colata lavica. Come ha evidenziato il vulcanologo dott.Romolo Romano, vi è un’altra ipotesi che potrebbe spiegare l’origine del vulcano di Motta Sant’ Anastasia. Potrebbe trattarsi, infatti, di un “diatrema”, cioè di un cratere di esplosione, ora smantellato. Una intrusione di magma, che risaliva dal mantello, potrebbe aver incontrato una falda freatica (una massa d’ acqua) dando luogo ad una esplosione “freato-magmatica”. Questa esplosione ha formato il diatrema ed ha lanciato tutto intorno il materiale vulcanico; subito dopo questa cavità è stata riempita dal magma. Col passare del tempo gli agenti atmosferici hanno eroso la parte più esterna del cono, mettendo allo scoperto la roccia che aveva riempito il camino vulcanico, quello che noi indichiamo con il nome di “neck” (“insieme delle lave solidificate all’ interno del condotto di un vulcano”), cioè “collo” e che tutti in paese chiamano “la rocca”. Il neck di Motta Sant’Anastasia è alto circa 65 m ed è formato da basalti colonnali prismatici a sezione esagonale e pentagonale più o meno regolari. Forse è l’unico esempio di “neck” in Italia, e se anche non fosse è sicuramente il più bello. Altri esempi di questo tipo si trovano in Francia (Le Puy en Velais), in Algeria (Tamanrasset – Ahaggar) e negli Stati Uniti (Missouri, Montana, Arizona, Utah, New Messico). (4)

Santa Maria la Scala

Santa Maria la Scala

Santa Maria la Scala. A nord dell’abitato, accessibile via mare, si trova la Grotta delle palombe , un complesso di basalti colonnari parzialmente frantumato dalle mareggiate.Nel 1972 così si è inabissato il caratteristico pugno che si ergeva nello specchio di mare chiuso a sud dalla pietra delle sarpe. Secondo la fantasia popolare era il rifugio amoroso del pastore Aci e della ninfa Galatea. (5)

Gole dell'Alcantara

Gole dell’Alcantara

Gole dell’Alcantara. Sono delle gole alte fino a 25 metri e larghe nei punti più stretti 2 metri e nei punti più larghi 4-5 metri; il canyon naturale, a differenza di quanto comunemente si pensa, non è stato scavato nel corso di migliaia di anni dall’acqua. L’ipotesi più accreditata è legata ad eventi sismici che, con un movimenti sussultorio-tettonici fecero letteralmente spaccare in due vecchi laghi basaltici formatisi dalla fuoriuscita di magma dalle fessurazioni, vecchie di 300.000 anni, dei basamenti pre-etnei, consentendo all’acqua del fiume di insinuarsi al suo interno. Questo fenomeno è evidenziato dal fatto che la struttura delle pareti (simile in alcuni punti a “cataste di legna” ed in altri a “colonne d’organo”) è intatta e spigolosa. (6)

Foto di Etnanatura e di Michele Torrisi: clicca qui per vedere le foto dei siti.

Pagine Etnanatura:

(1) Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/Basalto#Basalto_colonnare

(2) Comune di Aci Castello.  http://www.comune.acicastello.ct.it/la_citt%C3%A0/la_natura/Il_territorio.aspx

(3) http://www.comune.acicastello.ct.it/la_citt%C3%A0/la_natura/I_Faraglioni.aspx

(4) Comune di Motta. A cura degli alunni dell’Istituto Comprensivo  “Gabriele D’Annunzio”. http://nuke.comune.mottasantanastasia.ct.it/IlDongione/tabid/113/Default.aspx

(5) Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Maria_la_Scala

(6) Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/Gole_dell’Alcantara

 

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Halloween

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16-06-2013 12-52-08

 

Tanto per rimanere in tema di Halloween o, se preferite, della ricorrenza dei defunti, ricordiamo il macabro ma affascinante Monte dei morti sul sentiero per la grotta del gelo.

 

Pagina Etnanatura: Monte dei morti.

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Grotta del porcospino

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10-02-2013 11-45-28La grotta si articola in diversi ambienti situati sullo stesso piano. Si entra strisciando per circa 10 m in un cunicolo di sezione semicircolare con il pavimento costituito da terra con qualche pietra. Il cunicolo sfocia in una saletta alta 1.70 m; anche qui il pavimento è costituito da terra battuta e qualche blocco di pietra isolato. Al centro si osserva una buca rettangolare profonda 0.5 m. Da alcune fratture della volta pendono lunghe radici imperlate da gocce di condensa che creano un curioso effetto di cortine. Dal lato destro della saletta si accede ad un angusto cunicolo in discesa che si estende per circa 30 m. La sua sezione è circolare, il pavimento e le pareti sono di lava irta di piccole punte acuminate, la volta presenta numerose stalattiti da rifusione allineate in file parallele. Dalla saletta si prosegue in una successione di brevi tratti di galleria alternati a piccole sale. Più avanti la cavità presenta una serie di ramificazioni ed ambienti di crollo. Il pavimento è costituito da fango con qualche tratto a superficie unita. Dal lato sudovest si osservano lamine accartocciate a forma di rotolo ai piedi della parete. In tutta la grotta è presente un discreto stillicidio che dà luogo a qualche pozzanghera. La cavità è frequentata da istrici di cui si trovano aculei ed altre tracce; è stata inoltre notata la presenza di pipistrelli isolati ed accumulo di guano nella parte terminale.

Descrizione tratta du Mungibeddu.it

Pagina Etnanatura: Grotta del Porcospino.

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Torre Modò

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23-10-2014 14-20-09Nel 1540 l’imperatore Carlo V concesse il governo dei territori della contea di Mascali a Nicola Maria Caracciolo, vescovo di Catania.

La contea assunse anche il nome di contea delle sette torri proprio per l’esistenza di sette torri di avvistamento che dovevano proteggere il territorio dalle invasioni arabe. Sull’ubicazione delle torri, ma anche sul loro numero, non si è certi e spesso la leggenda si confonde con la storia. Comunque diverse fonti, anche se non tutte attendibili, testimoniano dell’esistenza delle seguenti costruzioni:

  1. Torre di Mascali, ubicata nei pressi del duomo e distrutta dall’eruzione lavica del 1928 che rase al suolo l’intero abitato.
  2. Torre di Giarre, raffigurata in un quadro del Tuccari in piazza Duomo.
  3. Torri Malogrado nei pressi di Santa Maria la Strada. Sullla cui esistenza testimonia una carta topografica d’epoca borbonica;
  4. Torre di Dagala nella contrada oggi denominata “Rondinella”.
  5. Torre costiera di Archirafi, da cui il borgo prese il nome, sprofondata in mare a causa di fenomeni bradisistici.
  6. Torre in località “Femmina Morta”, costruita nel 1578, anch’essa ricadente in una proprietà privata ed in buono stato di conservazione.
  7. Torre Modò, nei pressi di Torre Archirafi, costruita nel 1567 che è l’oggetto di queste note.

La presenza in loco di alcuni cocci di terracotta databili fra il VI e il X secolo farebbero pensare ad una costruzione preesistente all’edificazione documentata del XVI secolo.

Pagina Etnanatura: Torre Modò.

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Arrusbighiasonnu

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Castagno_Castanea_sativa__20100402 165A volte il destino riserva agli umani un’esistenza anonima perché oscurata dalla presenza ingombrante di qualche familiare molto noto. Lo stesso destino ha avuto il Castagno della nave, imponente e vetusto castagno, la cui fama è offuscata da un vicino “ingombrante” e universalmente noto: il Castagno dei cento cavalli. Se vi trovate a visitare il famoso castagno dei Cento cavalli, noto per le imprese amatorie della regina Giovanna, non dimenticatevi di continuare il vostro percorso di altri 500 metri per visitare il Castagno della Nave, maestoso monumento naturale, alto quasi venti metri e vecchio di 1.800 anni. Il castagno deve il suo nome alla forma della ceppaia, che ricorda lo scafo di una nave. Ma i contadini lo chiamavano anche Arrusbighiasonnu forse perché,  quando ritornavano stanchi, di notte e a dorso di mulo, da una dura giornata di lavoro sulle pendici dell’Etna, venivano svegliati dall’urto con le fronde basse del castagno. O forse perché, ospitando l’albero centinaia di uccelli, questi all’alba, col loro canto, svegliavano tutte le persone che abitavano in prossimità di questo gigante.

Pagine Etnanatura: Castagno della Nave.

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Pitarrone e grotta Corruccio

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Crocus_longiflorus_30-09-2012 08-29-35Il sentiero do contrada Pitarrone si presenta di facile percorrenza ma di grande fascino. Vi permette consente infatti di attraversare la pineta di Ragabo e i boschi di quercia di contrada Pitarrone. Lungo il sentiero potete visitare la grotta Corruccio. Si tratta di una piccola cavità facilmente accessibile (sempre col casco come per ogni grotta) contenuta in parte nella bocca effusiva dell’apparato eruttivo di Monte Corruccio, ed in parte nella colata lavica. Un imponente crollo della volta, dove è stata costruita una scala in pietra, separa la grotta in due parti. Il tratto più a monte, in sensibile pendenza, presenta una volta ogivale a sesto molto acuto ed un pavimento di lava a superficie unita. Nel tratto a valle la cavità presenta sezione trapezoidale con pavimento di sabbia vulcanica e pietrame nella porzione iniziale e di lava a superficie unita a grosse corde nella porzione terminale. Nel tratto terminale la galleria si articola su due livelli.

Pagine Etnanatura:

Contrada Pitarrone.

Grotta Corruccio.

Rifugio Pitarrone.

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