Grotta delle Palombe: dentro il vulcano.

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21-03-2015 12-31-32L’undici Marzo del 1669 presso a Nicolosi ebbe inizio una fra le più disastrose eruzioni dell’Etna che si ricordi. L’abate Vito Maria Amico così ricordava l’evento: “Aprissi la mattina da mezzogiorno a settentrione dal piano di S. Leone a Monte Frumento verso il supremo cratere profondissima fenditura larga cinque o sei piedi su cui apparse fulgido splendore. All’ora undicesima fra tremiti aprissi voragine di fuoco sotto la Nocilla lungo la fenditura, che proruppe in ceneri e sassi tuonando”. Ancora più terrificante è la descrizione che ne fa Giuseppe Recupero nella sua “Storia naturale e generale dell’Etna”: “commoversi con grande violenza tutto il perimetro della montagna, saltare in aria dal cratere una prodigiosa colonna di nero fumo, e rovente materia, e profondarsi finalmente la sua cima con orridi rumoreggiamenti nel suo baratro. Cadde in primo luogo quella vetta che guardava verso Bronte, di poi l’altra rimpetto l’oriente ed ultimamente si rovesciò quella posta in faccia al mezzogiorno”. Ben presto la lava arrivò a Catania dove coprì il lago Anicito e il fiume Amenano e si riversò in mare per circa due cliometri. La lava coprì le abitazioni di 27.000 persone contribuendo allo spopolamento della città.

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Crateri eruzione 1991

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20052012 159L’ultima grande eruzione etnea del XX secolo ha inizio nella mattinata del 14 dicembre 1991, quando si aprono alcune fessure eruttive sia sul versante settentrionale del cono del Cratere di Sud-Est (per intenderci, quello che ora viene spesso chiamato “vecchio” per distinguerlo dal nuovo cono, che si è formato durante l’attività parossistica del 2011-2012), sia sul fianco SSE del cono. Una breve ma intensa crisi sismica ha preceduto questa nuova eruzione, che dà luogo ad una vivace attività stromboliana che si esaurirà dopo poche ore, mentre la frattura a SSE continua a propagarsi verso il basso, da una quota di circa 3000 m fino a 2700 m. La parte più alta di questa nuova frattura produce fontane di lava e due piccole colate di lava che avanzano qualche centinaio di metri verso l’orlo occidentale della Valle del Bove; dopo circa 4 ore anche questa attività finisce. Tuttavia, dalla terminazione SSE della fessura eruttiva, il suolo continua a fratturarsi verso valle, e si registra un’intensa attività sismica – segni che annunciano che l’eruzione non è finita, ma deve ancora cominciare davvero. Una nuova fase eruttiva comincia nella notte fra il 14 e il 15 dicembre 1991, con l’apertura di una fessura eruttiva nella parete occidentale della Valle del Bove, a circa 2200 m di quota (ndr Sono questi i crateri che vi invitiamo a visitare). Da una serie di bocche si osserva un’intensa attività stromboliana e l’emissione di voluminose colate di lava, la più importante dalla parte bassa della frattura. La lava comincia a scendere rapidamente verso il fondo della Valle del Bove, nella sua parte meridionale, poi avanza verso est, in direzione del ripido pendio del Salto della Giumenta (quota 1300-1400 m circa), dove la Valle del Bove passa nell’adiacente Val Calanna. Il giorno 24 dicembre, la lava raggiunge il Salto della Giumenta e formando spettacolari cascate, si riversa verso la Val Calanna, la quale viene gradualmente colmata nei giorni successivi, e alla fine di dicembre i fronti lavici più avanzati hanno raggiunto una distanza di 6.5 km dalle bocche eruttive. Durante le prime settimane dell’eruzione, le bocche eruttive poste nella parte alta della fessura attiva mostrano un’intensa attività stromboliana, però a partire da metà gennaio 1992 l’attività esplosiva comincia a diminuire e a marzo continua soltanto l’emissione di lava accompagnato da degassamento.
Da Ingv sezione di Catania

Pagina Etnanatura. Crateri eruzione 1991.

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Basalti colonnari

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Durante il raffreddamento di una colata lavica spessa si formano giunti e fratture. Se la colata tende a raffreddarsi rapidamente intervengono delle forze che tenderanno a farla contrarre in modo significativo. Mentre verticalmente il flusso può abbassarsi dissipando le tensioni, orizzontalmente non riesce a smaltirle e tende a fratturarsi. Le fratture estensive che si sono così formate danno quell’aspetto colonnare, il cui diametro dipende principalmente dalla velocità di raffreddamento (maggiore velocità causa un minor diametro). La forma delle fratture tende ad essere esagonale e potrà dare l’aspetto di un selciato costruito dall’uomo, o di cataste di pali disposti orizzontalmente . (1)


Visualizza Basalti colonnari in una mappa di dimensioni maggiori

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Rupe di Aci Castello

Rupe di Aci Castello. La rupe del Castello si innalza verticalmente per circa 20 m. su una piattaforma costiera larga in media una decina di metri. Sul lato occidentale, una colata lavica etnea ha formato una piattaforma a 4 m. sul livello del mare e ha unito la rupe alla costa. La rupe é stata originata da una eruzione submarina causata dall’apertura di una frattura nel fondale del vasto golfo preetneo che occupava gran parte della Sicilia orientale nel Pleistocene, quando il grande vulcano Etna non era ancora sorto. Essa e la piattaforma su cui sorge (Praca) sono formate da pillows sferici o ellissoidali, ricoperti da una crosta vetrosa ialoclastitica di 2-3 etti di diametro; nella parte più alta é presente un enorme megapillow. (2)

Mega pillow Acicastello

Mega pillow Acicastello

Mega pillow Aci Castello. I pillows si formano in seguito all’apertura di una frattura nel fondale marino; l’acqua, scendendo dentro il canale, al brusco contatto con il magma, lo raffredda, creando una crosta vetrosa, nera, che ricorda 1′ ossidiana, ma che, in realtà, ha una composizione chimica del tutto diversa; la spinta del magma che ha una temperatura di circa l100° C, squarcia il tappo solido, ma la presenza dell’acqua ne fa formare un altro. Questi tappi vetrosi frantumati originano una grande quantità di materiale brecciato, che viene spinto in alto dal magma, all’esterno della frattura, depositandosi attorno ad essa: tale materiale, presente sempre attorno ai pillows, é detto ialoclastite. A questo punto, il magma che fuoriesce dalla frattura può attraversare la massa di copertura, formando sferoidi più o meno grandi. Si possono notare negli interstizi tra queste formazioni i resti dell’argilla del fondale marino, che giustifica, senza alcun dubbio la loro origine submarina; la struttura globulare dei pillows è tipica, d’altra parte, delle colate basaltiche, sgorgate e solidificate in fondo al mare. La causa principale del loro singolare modellamento interno, che presenta una struttura radiale specialmente in quelli più grandi, i megapillows, é dovuta, alla contrazione che il magma subisce a causa del rapido raffreddamento. Il rivestimento ialoclastitico esterno e la fessurazione radiale all’interno sono le caratteristiche che differenziano i pillows dalle comuni rocce vulcaniche di origine subaerea che possono avere lo stesso aspetto. (2)

Aci Trezza Faraglione

Aci Trezza Faraglione

Faraglione di Aci Trezza. Frutto di un’eruzione sottomarina, insieme alla suggestione paesaggistica data dai maestosi basalti colonnari, il piccolo complesso insulare custodisce minerali, quali l’analcime, che per la purezza e trasparenza dei cristalli sono quasi un unicum, assai ricercati da musei e geologi stranieri. (3)

 

Aci Trezza porto

Aci Trezza porto

Porto di Aci Trezza. Lungo il molo di Aci Trezza si trovano molte rocce con sottili prismi di contrazione termica; si tratta di affioramenti di dimensioni limitate, che testimoniano un più rapido raffreddamento roccioso (da cui la sottigliezza dei prismi, se confrontati con quelli delle Isole Ciclopi), aspetto che ha suggerito ai geologi un’origine parzialmente diversa, avvenuta si pensa sotto uno strato argilloso di più modesto spessore, oppure negli interstizi più interni delle lave a cuscino, come si può osservare nella Rupe di Acicastello.

Neck Motta

Neck Motta

Nek di Motta. Milioni di anni fa nel territorio su cui sorge Motta Sant’Anastasia era presente il mare. Quest’ area è stata interessata, in epoche successive, da un lento sollevamento fino ad emergere. Su di essa si erano depositati argille azzurre e conglomerati, che sono dei grossi ciottoli arrotondati di varia origine trasportati dai fiumi in piena. Questo tipo di formazione viene chiamato localmente “terre forti”. Circa 550.000 anni fa nella zona etnea si sono manifestati fenomeni vulcanici. Si è avuta, infatti, una notevole risalita di magma dal mantello verso la superficie. Una di queste intrusioni è riuscita a provocare un’eruzione che ha formato il conetto eruttivo di Motta Sant’Anastasia. L’eruzione, sicuramente di tipo esplosivo, ha formato il cono vulcanico e il magma ha riempito il camino vulcanico e il cratere solidificandosi, senza provocare alcuna colata lavica. Come ha evidenziato il vulcanologo dott.Romolo Romano, vi è un’altra ipotesi che potrebbe spiegare l’origine del vulcano di Motta Sant’ Anastasia. Potrebbe trattarsi, infatti, di un “diatrema”, cioè di un cratere di esplosione, ora smantellato. Una intrusione di magma, che risaliva dal mantello, potrebbe aver incontrato una falda freatica (una massa d’ acqua) dando luogo ad una esplosione “freato-magmatica”. Questa esplosione ha formato il diatrema ed ha lanciato tutto intorno il materiale vulcanico; subito dopo questa cavità è stata riempita dal magma. Col passare del tempo gli agenti atmosferici hanno eroso la parte più esterna del cono, mettendo allo scoperto la roccia che aveva riempito il camino vulcanico, quello che noi indichiamo con il nome di “neck” (“insieme delle lave solidificate all’ interno del condotto di un vulcano”), cioè “collo” e che tutti in paese chiamano “la rocca”. Il neck di Motta Sant’Anastasia è alto circa 65 m ed è formato da basalti colonnali prismatici a sezione esagonale e pentagonale più o meno regolari. Forse è l’unico esempio di “neck” in Italia, e se anche non fosse è sicuramente il più bello. Altri esempi di questo tipo si trovano in Francia (Le Puy en Velais), in Algeria (Tamanrasset – Ahaggar) e negli Stati Uniti (Missouri, Montana, Arizona, Utah, New Messico). (4)

Santa Maria la Scala

Santa Maria la Scala

Santa Maria la Scala. A nord dell’abitato, accessibile via mare, si trova la Grotta delle palombe , un complesso di basalti colonnari parzialmente frantumato dalle mareggiate.Nel 1972 così si è inabissato il caratteristico pugno che si ergeva nello specchio di mare chiuso a sud dalla pietra delle sarpe. Secondo la fantasia popolare era il rifugio amoroso del pastore Aci e della ninfa Galatea. (5)

Gole dell'Alcantara

Gole dell’Alcantara

Gole dell’Alcantara. Sono delle gole alte fino a 25 metri e larghe nei punti più stretti 2 metri e nei punti più larghi 4-5 metri; il canyon naturale, a differenza di quanto comunemente si pensa, non è stato scavato nel corso di migliaia di anni dall’acqua. L’ipotesi più accreditata è legata ad eventi sismici che, con un movimenti sussultorio-tettonici fecero letteralmente spaccare in due vecchi laghi basaltici formatisi dalla fuoriuscita di magma dalle fessurazioni, vecchie di 300.000 anni, dei basamenti pre-etnei, consentendo all’acqua del fiume di insinuarsi al suo interno. Questo fenomeno è evidenziato dal fatto che la struttura delle pareti (simile in alcuni punti a “cataste di legna” ed in altri a “colonne d’organo”) è intatta e spigolosa. (6)

Foto di Etnanatura e di Michele Torrisi: clicca qui per vedere le foto dei siti.

Pagine Etnanatura:

(1) Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/Basalto#Basalto_colonnare

(2) Comune di Aci Castello.  http://www.comune.acicastello.ct.it/la_citt%C3%A0/la_natura/Il_territorio.aspx

(3) http://www.comune.acicastello.ct.it/la_citt%C3%A0/la_natura/I_Faraglioni.aspx

(4) Comune di Motta. A cura degli alunni dell’Istituto Comprensivo  “Gabriele D’Annunzio”. http://nuke.comune.mottasantanastasia.ct.it/IlDongione/tabid/113/Default.aspx

(5) Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Maria_la_Scala

(6) Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/Gole_dell’Alcantara

 

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