Acquedotto romano Scalilli

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15-12-2015 18-20-15

L’acquedotto romano di Catania (vedi) fu la maggiore opera di convoglio idrico nella Sicilia romana. Attraversava il territorio compreso tra le fonti sorgive di Santa Maria di Licodia e l’area urbana catanese, percorrendo gli attuali territori comunali di Paternò, Belpasso e Misterbianco prima di giungere al capoluogo etneo. Nonostante la struttura fosse imponente e piuttosto articolata e sebbene fino al XIX secolo non manchino attestazioni del suo utilizzo in alcune sue parti, della presenza di tale sistema idrico non si ha menzione nelle fonti classiche. La prima citazione la compie il Fazello nella seconda metà del XVI secolo che lo definisce ricco di acque e monumentale come quello di Roma.

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Torre Casalotto: degrado e distruzione.

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26-12-2015 10-36-05

I nostri amici più attenti si accorgeranno che il titolo di queste note è quasi uguale ad uno precedentemente pubblicato e riferito alla località Gazzena di Acireale. Cambia il sito, cambia il comune ma non cambiano le condizioni di degrado. Abbiamo visitato ancora una volta la Torre di Casalotto, in quel di Aci Catena, nella speranza di ritrovare una situazione ambientale migliorata. “Spes contra spem” diceva san Paolo riferendosi alla fede di Abramo: “Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza …”. I vecchi siciliani invece ci ammoniscono che “cu di spiranza campa dispiratu mori”.

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L’Etna delinquente della futurista catanese Adele Gloria

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di Marinella Fiume

 


La vetta delinquente
Il cielo
per la ferita
della vetta aguzza del monte
sanguina
e la bambagia
bianca
s’inumidisce di rosso.
Il lividore della morte
striscia piano piano
assaporando
il tattilismo aereo
delle carni azzurrine
e il mare
che riflette la pietà per il cielo
s’intristisce.
Invano
le torri e i campanili
si tendono
in spasmodico slancio;
esso agonizza
e travolge
travolge
colla sua grigia agonia
tutte le cose.
Il cielo morirà.

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Gazzena: degrado e distruzione

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Villa Calanna

Villa Calanna

“Arcangelo Calanna beneficò questa terra l’anno del Signore 1868” sta inciso su una roccia in località Gazzena. Ma la “terra del Signore”, primo lembo della timpa di Acireale, unica per la sua bellezza, è stata da tempo oggetto degli appetiti insani di palazzinari e cavalieri che sono anche riusciti a profanarla nella sua propaggine sud con lo scempio di villette e palazzine che si affacciano sul mare. Poi è stata colpevolmente dimenticata e lasciata all’abbandono. Non sta a noi cercare i colpevoli: Regione, Comune, Provincia? Forse si tratta di un concorso di colpe e di sciatteria. Oggi vogliamo registrare un evento irreparabile ma prevedibile. Un’ala della villa Calanna, la bella villa di fine ottocento, è crollata e con essa i magnifici affreschi del tetto: distrutti irrimediabilmente.

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Petraro

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19-12-2015 17-39-46In territorio di Melilli, nei pressi della frazione di Villasmundo, si trova la contrada Petraro ricca di interessanti emergenze archeologiche che testimoniano della presenza dell’uomo nella zona, sin da dalla Preistoria. Il sito archeologico si articola in due elementi strutturalmente diversi ma intimamente correlati: la Timpa Ddieri ed il soprastante pianoro dove sovrapposti segni indicano l’esistenza di abitazioni riferibili al Neolitico ed al Bronzo antico. La Timpa Ddieri è una parete rocciosa alta circa cento metri che si trova sulla riva sinistra del fiume Mulinello nel punto in cui esso lambisce la contrada Petraro. Questa parete rocciosa racchiude un insediamento rupestre costituito da grotte scavate nel calcare, distribuite su più piani. Alle grotte, fino a qualche anno fa, si accedeva attraverso uno stretto cunicolo che gli antichi abitanti del sito avevano scavato nella parete a metà del costone.

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Abbazia Santa Maria la Scala

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03-12-2015 20-31-45L’abbazia di Santa Maria la Scala fu eretta in epoca normanna, probabilmente tra il 1112 e il 1140, e nel 1160 fu devoluta ai Padri Benedettini, che vi abitarono fino all’avvento della dominazione bizantina in Sicilia, a seguito della quale vi si insediarono i monaci basiliani di rito greco ortodosso. Latinizzata nel 1366, ritornò ai benedettini, prima di passare ai certosini e agli agostiniani, i quali vi abitarono fino al 1785, quando lo abbandonarono per insediarsi in una nuova chiesa costruita al Cassero Vecchio.

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La peste della cenere

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Di Marinella Fiume – Foto di Alessandro Lo Piccolo

Non voleva proprio più smetterla di piovere dal cielo. Tre mesi ininterrotti erano davvero troppi. Roba che a memoria d’uomo in paese nessuno ricordava una pioggia di cenere di così lunga durata. I  vecchi giungevano con la memoria alla pioggia di una diecina di giorni cominciata il giorno dei morti dell’anno 1928, durante la terribile eruzione  quando la lava aveva ricoperto e raso completamente al suolo la vicina cittadina di Mascali, arrivando fino al mare. Poi, per quasi ottant’anni, solo ogni tanto  pioggia di qualche ora e per qualche giorno, non più di tre o quattro. Anche l’anno prima, in estate, durante le proiezioni del cinema all’aperto, era piovuta in paese una pioggia di lapilli leggeri, ma di più grossa dimensione della cenere, come un chicco di grandine, che li aveva costretti ad assistere al film coprendosi il capo con cappellini e foulards. Ed anche  la vigilia di Natale dello stesso anno il paese si era svegliato ricoperto di una lieve coltre di fine sabbia nera, ma il vento del giorno di festa l’aveva spazzata via facilmente, lasciandola attaccata solo alla neve finta dei presepi e annidata tra le pieghe più profonde del mantello celestrino della Vergine.

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