Carcara a machina

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Sito Etnanatura: Carcara a machina.

Si tratta di un’antica fornace per la produzione della calce databile tra il XVIII e XIX secolo recentemente restaurata.

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Pozzo Catalmo

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Sito Etnanatura: Pozzo Catalmo.

Realizzato dalla famiglia Trimarchi nei primi anni del ‘900, il pozzo serviva all’irrigazione di un vasto agrumeto circostante. Ha una struttura possente ed è collegato ad un acquedotto, lungo circa 70 metri, costruito in mattoni con archi a tutto sesto alti circa 4 metri. Nella parte alta dell’acquedotto c’è una canaletta (saja) che, in controtendenza col terreno, trasporta l’acqua nella vasca (gebbia).

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Mulini di Biancavilla

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22-12-2015 20-10-02

I mulini di Biancavilla furono costruiti da Antonio Moncada Ventimiglia conte di Adernò e Principe di Paternò.  L’acqua proveniva dalla sorgente Cartalemmi e veniva utilizzata dai 5 mulini  per poi,  tramite un sistema di saje ancora presenti, essere usata per l’irrigazione delle campagne sottostanti.  I ruderi si trovano sotto la cosiddetta “Rocca” un lastrone lavico che si protende sulla valle del Simeto. La Rocca, era abitata sin dalla preistoria nei suoi anfratti , oggi di essa e’ rimasto ben poco a causa della cementificazione.

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Gazzena: degrado e distruzione

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Villa Calanna

Villa Calanna

“Arcangelo Calanna beneficò questa terra l’anno del Signore 1868” sta inciso su una roccia in località Gazzena. Ma la “terra del Signore”, primo lembo della timpa di Acireale, unica per la sua bellezza, è stata da tempo oggetto degli appetiti insani di palazzinari e cavalieri che sono anche riusciti a profanarla nella sua propaggine sud con lo scempio di villette e palazzine che si affacciano sul mare. Poi è stata colpevolmente dimenticata e lasciata all’abbandono. Non sta a noi cercare i colpevoli: Regione, Comune, Provincia? Forse si tratta di un concorso di colpe e di sciatteria. Oggi vogliamo registrare un evento irreparabile ma prevedibile. Un’ala della villa Calanna, la bella villa di fine ottocento, è crollata e con essa i magnifici affreschi del tetto: distrutti irrimediabilmente.

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Villaggio Bardara

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22-06-2015 20-48-41I nuovi borghi rurali sono nuovi insediamenti all’interno di quegli interventi di programmazione d’area vasta che prevedevano sistemi urbani o rurali funzionalmente integrati nel territorio e fondati durante il ventennio del regime fascista. Si trattò, nella maggior parte dei casi, di fondazioni di varia tipologia insediativa, quasi sempre programmate nell’ambito di una pianificazione territoriale di più ampia scala del territorio agricolo, che prevedeva quasi sempre la bonifica idrico-ambientale di vaste aree.

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Feudo Rizzolo

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03-06-2015 22-18-38
di Rosaria Privitera Saggio.

C’era una volta un fèudo … Un fèudo?! Ma cos’è un fèudo?! … Il fèudo è un territorio governato da un Signore, il quale ha pieno potere su tutto, su cose e persone. Il signore del fèudo può essere buono o cattivo. Io, ti racconto o cerco di raccontare, la storia di un fèudo con un Signore buono. La storia di questo fèudo, fèudo “Rizzolo” nel bel mezzo dei Monti Iblei, inizia quando due fratelli inglesi di nome Eaton, acquistano i terreni di quello che era fèudo Maiorana. Con gli anni i terreni passano ai figli di questi due nobili fratelli fino a quando Elsie, una delle figlie, sposa il Marchese Cassis, Senatore del Regno e Consigliere di Stato e rimane unica proprietaria.

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Mulino di Montagnareale

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20-03-2015 21-10-01Il mulino di Montagnareale è stato acquistato dal comune negli anni ’80 e restaurato, ed è diventato meta di turisti, scolaresche e studiosi. A differenza di tutti gli altri mulini che sono presenti lungo il corso del torrente Montagnareale, questo è l’unico ancora perfettamente funzionante; l’alimentazione avviene con l’acqua del torrente che, dopo essere stata raccolta nel grande recipiente in muratura facente parte del fabbricato e nella vasca che si trova a monte, una volta aperta la saracinesca (grosso rubinetto), va ad azionare una ruota orizzontale, con pale in legno che a sua volta tramite apposite cinghie aziona il mulino in pietra.

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Borgo Rurale di Cassibile

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14-02-2015 18-08-22Il Borgo Rurale di Cassibile costituisce la parte più antica della località, ubdicato nella parte meridionale di Cassibile, esso un tempo al suo interno aveva di tutto: oltre alle case dei contadini, vi era la Chiesa, le stalle, i magazzini per gli attrezzi agricoli, i granai, i palmenti per uva, le olive e il grano e poi ancora varie opere fondiarie, locande e osterie, una caserma dei carabinieri per salvaguardare la sicurezza degli abitanti e un presidio medico-ospedaliero per far sì che si potesse salvaguardare anche la salute di coloro che abitavano questo borgo rurale. Venne elevata anche una torretta chiamata Torre del Marchese, la quale serviva per avvistare presunti pericoli per il borgo come per esempio le incursioni dei briganti, fenomeno che interessò tutto il Sud Italia nella seconda metà del 1800, nel tempo in cui scoppiarono le rivolte contro il neo-ufficializzato Regno d’Italia con sede sabauda a Torino.

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I mulini di Aci

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01-05-2013 18-41-58I mulini ad acqua di Aci Catena sono delle costruzioni ubicate ad Aci Catena in Sicilia, nei pressi della frazione di Aci San Filippo, nella vallata greco-romana di Reitana e costituiscono l’ itinerario storico dove si svolgeva la Fiera Franca di S. Venera, dal 19 luglio al 2 agosto di ogni anno, dal 1422 al 1615, molto famosa in quei tempi, sancita come “Franca” (cioè esente da dazio) con decreto del Re Alfonso I il Magnanimo e successivamente confermato nel 1531, da Carlo V di Spagna. La costruzione dei mulini fu dovuta principalmente alla grande quantità di acqua disponibile sul territorio. A piano Reitana si trova un primo gruppo di sorgenti (sorgenti Cuba): vi sbocca l’acquedotto Casalotto. Quando all’acquedotto si verificava un sovrappiù di acqua si apriva un sistema di chiusura che faceva defluire l’acqua all’inizio della saia mastra, un grosso canale in muratura, dove veniva convogliata l’acqua delle sorgenti. L’acqua di Casalotto proveniva da sorgenti a monte,- la zona di Aci Catena, Aci S. Antonio, Valverde, Aci Bonaccorsi, San Giovanni La Punta – veniva usata per l’irrigazione degli agrumeti della costa ionica e per usi potabili nell’hinterland della provincia di Catania. La piazza Reitana è famosa per la lavorazione dei lupini, grazie alla presenza dell’acqua delle sorgenti. Piano Reitana [modifica] Tratto della saia mastra Il grande avvallamento di piano Reitana è ritenuto l’alveo di uno dei rami del fiume Aci: la presenza di argille nel terreno permette l’affioramento delle acque. La zona Reitana, risparmiata dalle eruzioni etnee, ha conservato un complesso basale formato da argille pleistoceniche: ciò ha consentito la possibilità di ritrovamenti archeologici, di cui la zona era ricchissima (monete, vasi, lacrimatoi, tombe). Costeggiando la saia mastra (detta anche fiumara) si giunge ai ruderi del primo mulino denominato Spezzacoddu, per via di un uomo violento che vi faceva il guardiano. Il mulino è ubicato sulla sinistra, prima di prendere la salita della strada per Vampolieri. I mulini erano costituiti da una botte cilindrica – dove cadeva a pressione l’acqua della saia che metteva in funzione il meccanismo della macina – e da un arco chiamato caraffo. I ruderi del secondo mulino, una volta abitato dalla signora Npacchiapa, un tempo ospitavano una scuola di campagna: vi era anche la stalla dei muli. Piano Pescheria [modifica] Al piano Pescheria sono ubicati il secondo gruppo di sorgenti, alcune attive altre spente: Funtanedda, con una cupola abbandonata, è una sorgente spenta, Pescheria è invece una sorgente attiva. Nella campagna vicina, chiamata Pignatelli e Isola , si hanno altre due sorgenti Spanneddi e Paratore. In questa campagna nel 1817 fu scoperta una villa romana con il Mosaico del Pegaso. Nel pianoro Pescheria inizia un torrentello (vadduneddu) che costeggia la saia mastra. Il terzo mulino da zia Nedda, sorella di don Neddu oggi chiamato Scardaci, è l’unico ristrutturato che può ancora dare l’idea del vecchio mulino. Proprio questo punto, costituisce un’oasi naturale, dove si possono ammirare le cascate dell’acqua, che fino ad una trentina di anni fa, muovevano la ruota del mulino, uno degli ultimi funzionanti. All’interno di questo mulino ci sono tre cascate d’acqua che ingrossano la saia, che attraversa al di sotto dello stesso mulino, proseguendo tra i papiri, per raggiungere gli altri mulini. Lì vicino, in via Paratore, si trova il fondaco: era il luogo di ristoro e di riposo durante la notte per i carrettieri e i cavalcaturi che venivano in questi mulini per la macina del grano. Vicino al fondaco c’è un lavatoio. Nelle acque di questo tratto di fiumara si possono incontrare granchi di acqua dolce, anguille e rane. Attraversando la ferrovia, sopra un moderno ponte pedonale, si arriva al quarto mulino U mulinu a via, ex mulino Don Neddu, dalla caratteristica costruzione rossa. Si giunge quindi alla contrada baracche, frazione di Acireale, con la chiesetta di S. Andrea. Qui è presente il quinto mulino Don Pippino”, funzionante fino agli anni sessanta e così via il sesto, settimo, ottavo mulino, oggi abitazioni (lungo la via Montevago). Attraversando la statale – nel luogo dove esisteva il nono mulino, oggi luogo residenziale – in zona chiamata A chianata di Vigo, si incontra l’ultima sorgente, la mutaddisa. Scendendo per la strada asfaltata si giunge a Capomulini (frazione di Acireale) che prese appunto il nome dalla presenza dei mulini. Qui troviamo l’ultimo mulino, oggi abitazione. Sugli scogli a mare nello stesso sito sboccano la saia mastra (fiumara regitana), il torrentello (vadduneddu) e il torrente Lavinaio. L’ambiente dei mulini [modifica] Nel territorio di Aci S. Filippo, S. Nicolò, Reitana, Pianura del Torrente Platani e valli dei Mulini, cioè la porzione sud del territorio delle Aci, la componente fisica dell’ambiente costituì un’attrazione importante per i primi processi di antropizzazione. L’area possedeva infatti tutte quelle condizioni naturali che consentivano una facile sopravvivenza per uomini non dotati di tecnologia e permettevano benessere e veloce progresso. Tali condizioni erano e sono sostanzialmente ancora rappresentate da: Disponibilità idriche in abbondanza in qualsiasi stagione: l’area rappresenta una zona di convergenza di importanti deflussi idrici superficiali e sotterranei di una buona porzione del versante sub-orientale dell’Etna. Se anche oggi, con i massicci prelievi idrici a monte e con minori precipitazioni rispetto a qualche millennio fa, l’area è un fiorire di pozzi, sorgenti (anche termali) e canalizzazioni, un tempo costituì un proscenio di tutte le possibili rappresentazioni che l’acqua nel continente poteva esprimere. I depositi alluvionali, le paleoforme fluviali, gli effetti visibili sulla roccia, rappresentati da molature e fossette di erosione idrica, testimoniano di un passato in cui le acque in tutte le forme e attività costituivano il protagonista ambientale del territorio. Suolo naturalmente fertile di origine alluvionale, particolarmente predisposto a trasformarsi in suolo agrario. Nella pianura alluvionale del Torrente Platani e in tutto il circondario di Reitana, sono presenti i terreni più fertili dell’Etna. Disponibilità di terreni argillosi: le complesse vicende geologiche hanno generato nell’area l’unico vero affioramento argilloso all’interno del perimetro vulcanico etneo. Sicuramente l’unico rilevante per impiantare cave di argilla. La collina dell’Olivo S. Mauro-Torre Reitana e dei Mulini, con la presenza di argille pleistoceniche costituivano, fino a qualche decennio fa, l’area del prelievo dell’argilla per una fiorente industria dei prodotti ceramici che risale a diversi millenni fa. Microclima favorevole: la protezione del gradino morfologico della Timpa di Acicatena-Aci. S. Filippo-S. Nicolò a ovest e a nord e la sua felice esposizione a oriente e a sud, conferisce all’area un microclima caratterizzato da una maggiore mitezza rispetto al territorio circostante. Lo testimoniano, oltre che i dati meteorologici, la grande produttività agricola dell’area, caratterizzata dall’areale limonicolo e orticolo tra i più produttivi dell’intera provincia etnea. Approdo costiero: Capo Mulini è uno dei pochi approdi naturali relativamente protetti di cui dispone la costa etnea.

Foto di Etnanatura e Mario Antonio Pulvirenti

Pagina Etnanatura: I mulini di Aci.

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Fornace di Fornazzo

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17-11-2014 01-43-40A Fornazzo, frazione di Milo, si trova ancora in buono stato di conservazione un antico forno per la cottura dei mattoni risalente agli anni ’30 del secolo scorso.

Pagina Etnanatura: Fornace di Fornazzo.

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