Castello di Poira

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22-12-2012 09-08-50Sulla cima di una dolce collina che sovrasta la valle del Simeto si trova il castello della baronessa Poira. Antica possente masseria i cui resti, malgrado il triste degrado, testimoniano l’imponenza di un tempo. La facciata dirupata permette una lettura degli ambienti interni tutti funzionali alla vita contadina di una nobile famiglia. Intorno i resti di ceramica castellucciana testimoniano una frequentazione dei luoghi già dalla prima età del bronzo. Recenti scavi archeologici fanno pensare anche alla presenza di una civiltà in qualche modo “imparentata” con i greci. Poco distante la grotta degli schiavi, forse un antico  Ergastulum romano, cioè il luogo in cui gli schiavi trovavano rifugio nella notte dopo il lavoro.

Sito Etnanatura: Castello di Poira.

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Fontana Paradiso

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15-05-2014 17-39-31A est di Pedagaggi, a circa due chilometri dall’abitato, si trova contrada Fontana Paradiso, il cui toponimo rimanda all’esistenza di una ricca sorgente, la sorgente Paradiso appunto, che in passato favorì certamente lo stanziamento dell’uomo, attratto probabilmente, oltre che dall’acqua, anche dalla presenza di una fitta boscaglia e di un’abbondante selvaggina. La presenza dell’uomo in quell’area è testimoniata dalle numerose grotticelle artificiali preistoriche realizzate lungo i fianchi della profonda cava scavata nel corso dei secoli dal torrente Gelso, alimentato dalla sorgente Paradiso. Due le grotte archeologicamente più rilevanti visitate a metà degli anni ’60 dal prof. Luigi Bernabò Brea. Nella prima, un riparo sotto roccia, furono rinvenuti e raccolti diversi utensili di pietra riconducibili al Paleolitico superiore. Gli oggetti litici scoperti appartengono, nello specifico, alla fase iniziale del cosiddetto Epigravettiano finale, tra 14 e 12 milioni di anni fa. Nella seconda grotta, conosciuta come «Grotta del fico», l’indagine dell’illustre archeologo ligure consentì di accertare la presenza di ossa umane e di numerosi frammenti di ceramica appartenenti allo stile di Diana del Neolitico superiore, agli stili del Conzo e di Malpasso dell’Eneolitico, e allo stile di Castelluccio dell’Età del Bronzo antico.

Proloco Pedagaggi

Foto di Giuseppe Guercio

Sito Etnanatura: Fontana Paradiso.

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Arrivano le Cameloparditi

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giraffaAll’alba del 24 maggio sarà possibile osservare uno sciame di stelle cadenti dovuto al passaggio della cometa 209P/LINEAR. Lo sciame meteorico, noto col nome Cameloparditi di maggio, potrà risultare interessante: in una situazione particolarmente positiva si potrebbero osservare in un’ora sino a  300 stelle cadenti. Purtroppo in Italia la prossimità dell’alba potrebbe determinare un notevole decremento delle osservazioni stimate. Agli amici mattinieri consigliamo di guadagnare una posizione col cielo terso e senza inquinamento luminoso (lontano dalle città, magari sull’Etna)  e di osservare il cielo a Nord verso la costellazione della Giraffa che si trova in basso tra la stella Polare e Cassiopea tra le 4,30 e le cinque del mattino.

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Pubblicato in News

Aiutiamo Emergency: 45503

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emergency45503: SOSTIENI EMERGENCY CON UN SMS O UNA CHIAMATA DA RETE FISSA. Fino a martedì 20 maggio dona con un SMS o una chiamata da rete fissa al 45503

I fondi raccolti verranno destinati ai nostri progetti in Sudan, dove acquisteremo nuovi macchinari per il Centro Salam di cardiochirurgia e copriremo 4 mesi di attività, e in Italia, dove li useremo per aprire il nuovo Poliambulatorio di Castel Volturno e finanziarne il primo anno di lavoro.

In Italia

Nel nuovo Poliambulatorio di Castel Volturno – il quarto di Emergency in Italia dopo Palermo, Marghera e Polistena – offriremo gratuitamente cure di base e specialistiche e servizi di orientamento socio-sanitario a migranti e persone in stato di bisogno.

Per saperne di più.

In Sudan

Il Centro Salam di cardiochirurgia è l’unica struttura specializzata e gratuita in Africa a offrire cure gratuite a pazienti affetti da patologie cardiache, in particolare malformazioni congenite e patologie valvolari originate da febbre reumatica.

Per saperne di più.

E lunedì 19 non perderti la Partita del Cuore per Emergency!

Il 19 maggio ti aspettiamo allo Stadio “Artemio Franchi” di Firenze per la Partita del Cuore. Festeggeremo i nostri 20 anni con la Nazionale Italiana Cantanti e gli amici che giocheranno con il “Team Emergency”: saranno in campo Gino Strada, Francesco Toldo, Edoardo Leo, Paolo Bonolis, Francesco Giorgino, Ringo Dj, Riccardo Scamarcio, Luca Zingaretti, Giancarlo Antognoni, Cristiana Capotondi, Simone Barbato, Rocco Ciarmoli, Giuliano Palma, Davide Paniate, Davide Oldani, Giovanni Veronesi, Claudio Bisio, Gianni Cinelli, Federico Basso, Dario Vergassola e i medici e gli infermieri di Emergency. E come allenatore, Roberto Baggio.

La partita verrà trasmessa in diretta da Rai1.

Trovi i biglietti dai nostri volontari in Toscana, su TicketOne e su Boxoffice Toscana.

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Castello Ursino

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12-03-2014 08-46-23Tra la fine del 1239 e l’inizio del 1240, Federico II di Svevia dà il via alla costruzione del Castello Ursino, affidata al “praepositus aedificiorum” Riccardo da Lentini. Con una lettera datata 24 Novembre 1239, l’imperatore invitava i catanesi a versare una somma di duecento once in oro per la costruzione del castello ed i lavori iniziarono da lì a breve, incalzati da una possibile rivolta cittadina. La costruzione del Castello Ursino faceva parte di un ampio progetto di fortificazione avviato già negli anni precedenti nella Sicilia orientale da Federico II. Nonostante le difficoltà economiche imponessero in quegli anni l’interruzione dei lavori in gran parte degli altri castelli siciliani, il castrum catanese fu costruito in breve tempo su di un promontorio che si affacciava sul mare ma che dominava altresì il centro urbano. Non più isolata roccaforte, ma vera “struttura” urbana a presidio della città, in relazione con la sua configurazione ed il suo sviluppo. Difficile, per chi lo visita oggi, immaginarne l’originaria collocazione strategica. L’eruzione del 1669 modificando il rapporto dell’edificio con il terreno e la sua posizione all’interno del tessuto cittadino ne snatura l’originaria vocazione. La colata lavica lo circondr lasciando pressoché intatta la struttura ma distruggendone la funzionalità militare. Viene alterata anche la visuale del Castello, reso meno imponente dal “livellamento” del terreno. La struttura del Castello esprime gli aspetti essenziali dell’architettura Federiciana: una pianta rigorosamente geometrica definita da un doppio perimetro quadrato con al centro un’ampia corte interna. Una struttura perfettamente regolare e simmetrica che ripete se stessa, segnata da quattro torri angolari e quattro torri mediane, due delle quali ancora esistenti. La storia del Castello Ursino (l’origine del nome è tuttora controversa) è da sempre legata ad accadimenti politici e naturali. Dalla costruzione a oggi è stato quasi costantemente utilizzato. Per tutto il sec. XIII mantenne il carattere di fortezza per poi divenire dimora reale degli Aragonesi (nel Castello fu convocato il primo Parlamento Siciliano) e, più tardi dei Viceré Spagnoli. È stato adibito anche a carcere (nel cortile sono ancora visibili i graffiti dei prigionieri) e utilizzato in seguito come caserma. Restaurato in epoca fascista, dal 1934 il Castello ospita le raccolte civiche in cui sono presenti le sezioni archeologiche Medievale, Rinascimentale e Moderna. Nel 1988 inizia il restauro volto a recuperare alla città di Catania un monumento di inestimabile valore del suo patrimonio storico e culturale.
Comune di Catania

Foto di Etnanatura e Salvo Nicotra

Pagina Etnanatura: Castello Ursino.

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Porta Garibaldi

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26-03-2014 07-57-51La porta Giuseppe Garibaldi (inizialmente chiamata porta Ferdinandea) è un arco trionfale costruito nel 1768, su progetto di Stefano Ittar e Francesco Battaglia, per commemorare le nozze di Ferdinando I delle Due Sicilie e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena. Si trova tra piazza Palestro e piazza Crocifisso, alla fine di via Giuseppe Garibaldi, nel quartiere Fortino, in dialetto catanese Futtinu. La zona è chiamata ‘u Futtinu in ricordo di un fortino costruito dal viceré Claudio Lamoraldo principe di Ligne, dopo l’eruzione lavica del 1669 che colpì la città su tutto il lato occidentale annullandone le difese medievali. Dell’opera di fortificazione avanzata che sorgeva a sud di piazza Palestro, ormai scomparsa, rimane solo una porta in via Sacchero (vedi). Di tutto ciò oggi rimane ben poco. Alcuni palazzi collegati alla porta furono demoliti negli anni trenta, altri oggi sono abbastanza poveri e tutt’altro che simmetrici. La riqualificazione della piazza ha dato sicuramente un altro aspetto alla porta, ma è comunque tutt’altro rispetto ai progetti originari. Da Wikipedia.

Pagina Etnanatura: Porta Garibaldi.

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Il Fortino

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26-03-2014 08-15-54Il Fortino venne realizzato sulle lave del 1669 ancora calde a breve distanza dalle vecchie mura di città rovinate dall’eruzione. La struttura venne chiamato “Fortino” dalla popolazione per l’aspetto di un piccolo castello che aveva il complesso. Nel 1672 per la porta che controllava il passaggio da sud-ovest vi passò il viceré Claudio Lamoral Principe di Ligne e da allora si chiama Porta di Ligne. La struttura venne chiamata in seguito “Fortino Vecchio”, per distinguerlo dalla nuova fabbrica della Porta Ferdinandea (o porta Garibaldi), chiamata ancora oggi “Fortino”.
Sito Etnanatura: Fortino.

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Torre Rossa

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06-05-2014 23-04-22Nel patrimonio assai esiguo vantato dall’architettura funeraria a carattere monumentale nella Sicilia antica, un posto di rilievo va dato all’edificio turriforme di età romana che si conserva, in cattivo stato, ma con caratteri formali e costruttivi di notevole interesse, a poca distanza dall’abitato di Fiumefreddo.
Negata in buona parte alla vista, la cosiddetta Torre Rossa si erge in un terreno in lieve declivio piantato ad agrumeto, a ovest dell’abitato, prossimo all’omonimo e periferico quartiere che si dispone a ridosso della Statale 120. La costruzione ha forma di un blocco parallelepipedo la cui regolarità è assai compromessa da una secolare opera demolitoria che ha soprattutto corroso la parte inferiore, e deriva il suo nome dall’interessante parametro murario in mattoni di terracotta, la cui patina è ancora evidente malgrado i diversi depositi terrosi, le diffuse incrostazioni, l’azione degli agenti meteorici.
Attualmente la torre affiora da un lato (quello che guarda a est verso la costa) per un’altezza di circa otto metri; trovandosi esattamente allineata con un basso muretto di terrazzamento, sul quale inoltre è ospitato un moderno canale per la distribuzione dell’acqua d’irrigazione, risulta ulteriormente interrata sugli altri tre fronti di circa un metro. Sul fronte a valle, il notevole asporto distruttivo di muratura risulta compensato dalla tarda costruzione (XVII-XVIII secolo) di un muro di grossa sezione che ha avuto come scopo la chiusura della camera interna per usi contadini e la necessaria opera di consolidamento. In questo si apre un varco, in passato provvisto d’infisso ligneo, da cui si può ben vedere in basso il vano semiipogeo. Il prospetto Nord risulta alquanto regolare, con la maggior parte del paramento ben conservata; in basso, una trincea di scavo rivela l’esistenza di due gradini che ne profilano la base e che valgono dunque a stabilire l’antico piano di posa. I prospetti affacciati a oriente e mezzogiorno sono quelli che hanno maggiormente sofferto danni. Nel primo un muretto contadino chiude in parte la vasta breccia aperta sul sacello funerario, mentre la zona di coronamento rivela un crollo o, forse, i segni del tentativo di abbattimento. L’angolo e il conseguente quarto lato si dimostrano ampiamente disfatti avendo perso buona parte della sezione più esterna che chiudeva parte della rampa di scale ottenuta nello spessore murario. La tessitura dei mattoni che riveste l’esterno presenta un preciso, elegante ricorso di elementi in cotto alternati per spessore; nello zoccolo di base, notevolmente guastato, si osservano alcuni tratti dell’accurata esecuzione di modanature attraverso l’impiego di blocchi smussati, la particolare disposizione dei lembi rialzati di embrici, la giacitura di sottili mattoni variamente sporgenti.

L’ambiente coperto che si trova interiormente è un vano pressoché quadrato (m. 2.65 x 2.70), con pavimento invaso da infiltrazioni e da crolli; su tre pareti si aprono coppie di nicchie rettangolari terminanti ad arco, in bella struttura a vista realizzata con precisi ricorsi di mattoni anche se notevolmente danneggiata e lacunosa. Tra le nicchie (columbaria), un tempo utilizzate per ospitare vasi o urne funerarie, si osservano piccoli incavi “a unghia” per l’alloggiamento di lucerne a olio. Poco più in alto si ha traccia di una cornice ottenuta col progressivo aggetto di laterizi sottili, e su di essa s’imposta la botta a volte, già anch’essa rivestita nell’intradosso con mattoni. La quarta parete non presenta incavi funerari, ma l’eloquente traccia di una scala di accesso; questa sale verso sinistra. Da qui una ripida rampa, dai gradini fortemente erosi o danneggiati, risale parallela al lato meridionale, coperta da una ragguardevole successione di voltine scalari; quindi dal pianerottolo terminale posto in corrispondenza dell’angolo, piega – risultando ormai a cielo aperto – fino a raggiungere il piano sommitale. In quest’ultimo segmento, meglio conservato, i gradini mostrano alzate formate da doppie file alternate di mattoni grossi e sottili, e pedate costituite da uno spessore di regolari blocchetti in arenaria. Dal “terrazzo”, coperto da uno spessore terroso che permette a piccoli cespugli di vegetare, e in cui sono scarsi avanzi di muri diroccati, si percepisce la considerevole altezza dell’edificio.

NOTIZIE STORICHE

Delle origini e delle vicende della Torre Rossa, già poco familiare agli stessi ambienti scientifici, non si hanno documenti significativi. Per alcuni studiosi sarebbe da ritenere quella menzionata nel documento di età normanna relativo alla concessione all’abate Ansgerio della “vicina” chiesa di S. Giovanni da parte del vescovo Giacomo Mannuges (20 maggio 1103), documento confermato dal vescovo Roberto di Messina nel 1106. Non è comunque certo che si tratti del nostro edificio (per quanto nei pressi è stato individuato l’impianto di un antico edificio sacro conosciuto come ‘a crisiazza), anche per la testimonianza di altri scrittori, i quali per l’antica chiesa del Santo Precursore indicano un diverso sito, più vicino alla foce del fiume, ipotesi che meglio giustifica così la successiva assunzione del titolo da parte della più tarda chiesetta esistente presso il noto “Castello degli Schiavi”.
In età feudale se ne riscontra soltanto il riferimento toponomastico; Torrerossa costituisce la denominazione di un feudo e di un piccolo nucleo abitato variamente concessi ai diversi casati nobiliari insieme ad altri possedimenti.
Solo nel XVIII secolo si ha espressa menzione dell’edificio; Anton Giulio Filoteo degli Omodei la ricorda riferendo del “Fiume di Catanzaro, ovvero di Torrerossa per un’antica torre di mattoni, che vi è, ma rovinata”. Jean Houel che trovandosi a Fiumefreddo nel suo secondo viaggio nell’Isola (1776-79) per misurare l’altezza dell’Etna, visitò il monumento, rilevandolo e restituendoci una notevole “veduta prospettiva”, accompagnata da una ricca descrizione e personali considerazioni che si offrono quale preziosa, insostituibile testimonianza. Certo di trovarsi “nel luogo che fu altrimenti occupato dall’antica Naxos” egli ebbe modo di vedere intorno resti di edifici, muri, acquedotti e tombe sparse nella campagna “simili a piccole case voltate”. Egli disegno tra queste unicamente la Torre Rossa “è perché la struttura singolare mi è parso meritare questa attenzione”.
Lo studioso francese scrive: ”La maggior parte degli abitanti di questo luogo, molto mal popolato, si sono insediati sulle rovine degli antichi edifici. La tomba… è un’opera romana di bella esecuzione. E’ rappresentata qui molto degradata; sono i locali che ne hanno tolto i mattoni per frantumarli e farne della malta. E’ così che hanno trattato la maggior parte dei monumenti antichi”. Descrivendola puntualmente, ancora annota: “ Questa tomba sembra essere stata situata nella corte o nei giardini di un antico palazzo, di cui i resti dei muri sussistono ancora nei dintorni”.
La testimonianza dello studioso settecentesco, suffragata da recenti scavi, che hanno portato alla luce ambienti mosaicati di una villa romana, mettono giustamente in relazione la tomba con la ricca residenza suburbana di un latifondista, forse un cittadino di Tauromenium. La successiva utilizzazione quale torre ben si giustifica per lo stato di insicurezza del periodo medievale e dei secoli in cui la Sicilia fu sottoposta alla scorreria dei barbareschi, facendo declinare nel tempo la comprensione dell’originaria funzione.
Il tipo e la struttura del mausoleo, configurano un modello in cui non si conoscono eguali nella regione, anche se documenta in tutto l’Impero, dall’Italia, alla penisola iberica, all’Africa settentrionale e al Medio Oriente. La tecnica di costruzione, che si trova ampiamente diffusa nella zona nord-orientale dell’Isola tra il II e il III secolo (vedi a Taormina il Teatro antico, l’Odeon e la cosiddetta Naumachia, a Centuripe il grande ninfeo di “moda anatolica”, a Catania il relativo impiego del laterizio in alcuni edifici pubblici) si propone quale elemento che permette di datare la torre funeraria alla fine del II secolo d.C., insieme al fatto che dopo tale periodo fu progressivamente abbandonata la pratica della cremazione. La perizia e l’impiego della tecnica della muratura a sacco (emplecton) con paramenti ad opus testaceum, che implica l’esistenza di grandi fornaci per la copiosa domanda e produzione, fa pensare che al tempo esistessero nella zona maestranze di provata esperienza e cantieri ben attrezzati, capaci di una specializzata organizzazione del lavoro per l’edificazione di notevoli strutture, e certamente ben eruditi sul patrimonio di conoscenza che era del mondo in età imperiale.

(Tratto dalla rivista “PALEOKASTRO” n. 14 anno 2004).
Foto di Angelo Tecchese La Spina.

Sito Etnanatura: Torre Rossa.

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Grotta di Acqua Vitale

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20100905 048Giuseppe Recupero nella sua “Storia naturale e generale dell’Etna” (Catania 1815), così ricorda la terribile colata del 1792: « La montagna conica dell’Arcimisa restò in gran parte seppellita da questa copiosa ed alta corrente di lava, la quale empì la profondissima valle del signor Gioacchino a segno di non lasciarne il menomo vestigio. Da qui il torrente focoso diviso in cinque braccia proseguì il suo corso nelle contrade di Cassone, distruggendo e snaturando tutte quelle fertili campagne, che incontrò nel suo passaggio ed andò finalmente a devastare le vigne in faccia della Zafarana. Gli abitanti del paese colti dallo spavento erano già in istato di abbandonare le loro case in preda del torrente infocato; ma la lava divisa in tante ramificazioni, si arrestò in quella scoscesa collina tutta vestita di vigneti, che è a poca distanza dalla Zafarana » Di quella colata restano, ad ovest di Zafferana, distese di lava che formano ghirigori fantastici come fossero nubi e sogni solidificati nella pietra. La grotta di Acqua Vitale si formò proprio da questa colata. Si tratta di una grotta di scorrimento lavico palesatasi da un crollo della volta che ne garantisce l’accesso. La presenza di numerose fratture nella volta permettono alla luce di filtrare illuminando dei tratti che emergono dal buio.

Sito Etnanatura: Grotta di Acquavitale.

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Palazzo Università Catania

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16-04-2014 07-15-45Il palazzo, come tutti i palazzi di Catania, fu ricostruito dopo il disastroso terremoto del 1693. Alla sua costruzione concorsero diversi architetti fra i quali Francesco e Antonino Battaglia e Giovan Battista Vaccarini. Successivamente, a seguito del terremoto del 1818 si rese necessario un ulteriore restauro che fu affidato all’architetto Mario Di Stefano. L’edificio è costituito da un intero isolato, come il vicino Palazzo degli Elefanti, con un cortile interno a forma di chiostro con porte originariamente aperte su tutti i quattro lati del palazzo. Il palazzo possiede una splendida Aula magna affrescata da Giovan Battista Piparo. Sulla parete che fa da sfondo al podio accademico, è appeso un arazzo con lo stemma della dinastia di Aragona. La Biblioteca dell’Università conserva dei preziosi codici, incunaboli, manoscritti e lettere autografe oltre a 200.000 volumi. L’Università di Catania, fu fondata il 19 ottobre del 1434 da Alfonso il Magnanimo. La bolla pontificia di Eugenio IV che autorizzò la costituzione fu emanata il 18 aprile 1444. I corsi iniziarono il 19 ottobre 1445, con sei docenti e vennero inizialmente tenuti in una costruzione che sorgeva in piazza Duomo a fianco della Cattedrale di Sant’Agata, nei pressi dell’attuale Palazzo del Seminario dei Chierici. Nel 1684 l’Università fu trasferita negli allora locali dell’ospedale San Marco, fino al 1693 quando il terremoto distrusse la fabbrica. Nel 1696 iniziarono i lavori per la costruzione del nuovo palazzo dell’Università, che diverra sede definitiva sino ad oggi.
Da wikipedia

Sito Etnanatura: Palazzo Università di Catania.

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