Vena

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13-10-2013 10-56-29La tradizione narra che santa Silvia, madre di papa Gregorio I, aveva dei possedimenti nel versante orientale dell’Etna. Una missione di frati (forse basiliani) prevenienti da Mascali era stata inviata da Gregorio che aveva deciso la fondazione di un monastero ed al loro seguito vi era una icona che era trasportata a dorso di mulo. La leggenda narra che per volere divino il mulo ad un tratto si sarebbe fermato ed iniziando a scalciare avrebbe fatto sgorgare un rivolo o “vena” d’acqua (datazione approssimativa tra il 575 e il 580). Gregorio avrebbe così deciso nel successivo 597 di realizzare in loco un monastero basiliano dove conservare l’icona e dedicarlo a Sant’Andrea. Spesso Gregorio citò il monastero come «Sant’Andrea sopra Mascali».
Il bizantino Teofane Cerameo, che si formò nel XII secolo proprio nel monastero e fu noto come arcivescovo di Rossano (CS), scrittore e predicatore citò l’icona di Vena. Successivamente ai normanni le informazioni attendibili sul monastero si perdono sino al 1500 quando viene citata una «Abbazia di Vena». Le ipotesi più accreditate propendono per l’abbandono del monastero a causa di eventi naturali legati al vicino vulcano, probabilmente il terremoto e la successiva eruzione del 1169, come avvenne nel caso dell’Abbazia di Santa Maria di Maniace di Bronte. Una causa comune anche ad altri monasteri alle pendici dell’Etna che, pur se in momenti diversi, dovettero essere abbandonati come quello di Sant’Andrea a Milo, di San Giacomo a Zafferana Etnea e quello di San Nicola a Nicolosi. Inoltre sull’abbandono è possibile che abbia anche influito il progressivo ridimensionamento dei cenobi basiliani avvenuto dopo la ricca epoca normanna. Il monastero, dedicato da Gregorio a sant’Andrea venne successivamente abbandonato ed oggi non se ne trovano più tracce. Secondo alcuni dei ruderi sarebbero rimasti sino ai primi del XX secolo. L’impronta dell’attuale Santuario è decisamente novecentesca essendo stato ultimato nel 1930 e di antico conserva solo l’icona della Madonna. A fianco del tempio si trova la vena d’acqua tradizionalmente attribuita all’evento divino. L’immagine che ritrae la Madonna e Gesù bambino nell’icona è di dimensioni cm.170 X 67. La tavola di cedro del Libano è spessa 3 cm. Si trova una iscrizione, probabilmente postuma, che recita: “Sancta Maria, Vena omnium gratiarum, ora pro nobis” ( Santa Maria, Vena di tutte le grazie, prega per noi).
Sulla datazione dell’icona ci sono due correnti di pensiero, una prevalente si rifà alla tradizione popolare (VI secolo) dell’icona bizantina mentre altri autorevoli studiosi ipotizzano che possa anche trattarsi di una icona del XIII secolo di fattura locale.
Da Wikipedia.

Sito Etnanatura: https://www.etnanatura.it/sentieri/sentieri.php?nome=Vena

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La terribile eruzione del 1669

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Etna_eruzione_1669_plataniaDa www.argocatania.org/

Due ricercatori dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia sulle tracce di un’eruzione, quella terribile del 1669 che sconvolse il fianco meridionale dell’Etna e la stessa Catania. Sono Raffaele Azzaro e Viviana Castelli che con i sassi e con le carte, hanno riportato in vita il ribollire del magma, la devastazione del territorio, il terrore delle popolazioni con i resti degli edifici perduti e i racconti dei testimoni e di coloro che li raccolsero e li diffusero. Col libro, che si intitola “L’eruzione etnea del 1669 nelle relazioni giornalistiche contemporanee” ed è edito dall’INGV e da Le nove muse editrice, viene recuperato “un gruppo di testimonianze originali mai considerate prima nella loro integrità”.

“…chi potrà mai raffigurarsi un fiume di materia densissima, che in sostanza non è altro che pietra ferrea liquefatta, di altezza di dieci, venti, trenta, sessanta e più palmi e di larghezza di sei, dieci, dodeci e più miglia; e questo andar girando con lasciar dovunque passa montagne di sassi, ricuoprendo città e terre e buttando giù palaggi e torri; a cui non vi ha riparo che possa resistere, né argine sì gagliardo che l’impedisca , né acqua che lo smorzi anzi che più l’accende; il quale, dove una volta mette il piè, vi vogliono secoli fin che vi nasca un suol fil di erba o per picciolo che sia ramoscello”. Siamo nel 600 e così scriveva uno degli antesignani del giornalismo che la dottoressa Castelli ci ha fatto conoscere nel corso della presentazione del volume, avvenuta nell’aula magna dell’Università di Catania, alla presenza del rettore dell’università Giacomo Pignataro, del presidente dell’INGV Stefano Gresta e del direttore dell’osservatorio etneo-Catania, Eugenio Privitera. Quello dell’informazione sull’eruzione fu – diremmo oggi- un “fenomeno mediatico internazionale” che poté prendere corpo attraverso lettere e gazzette (simili ai nostri giornali), scritte e inviate da scienziati e studiosi ma anche da semplici “curiosi per professione” cioè giornalisti. Si crearono da una parte reti di informatori e dall’altra consumatori non sempre e non solo ricchi e sfaccendati. Inseguendo le fonti,Viviana Castelli si è imbattuta così in una relazione che, stampata a Catania per ordine del Senato e del vescovo della città, arrivando in Toscana ha perso il lessico siciliano per assumere quello fiorentino. Mentre un altro ricercatore dell’INGV, Stefano Branca, ha parlato nel suo intervento dell’eruzione del 69 nella vulcanologia moderna, Raffaele Azzaro, ci ha presentato l’eruzione nella ricostruzione delle fonti originali, un percorso attraverso la riscoperta degli eventi e del territorio. ”Il corso della lava pur copioso e ramificato non ha sempre distrutto tutto – ha detto Azzaro – ma ha lasciato intatti alcuni vecchi insediamenti”. Queste enclavi graziate dalla furia del magma e scampate, evidentemente, anche al terremoto catastrofico del 1693, sono ancora lì. Sono il Santuario della Madonna della Sciara di Mompilieri, la Chiesa della Madonna della Grazie di Misterbianco vecchio, la chiesa rurale della Madonna del soccorso di Botteghelle. C’è di che incuriosire, di che interessare, di che volerne sapere di più. E’ quello che Argo si propone di fare tra qualche giorno. Oggi intanto ecco questo breve resoconto della presentazione del libro. Successivamente ci torneremo approfondendo l’argomento con una recensione. E se a qualcuno ancora non basterà, potrà sempre andare alla fonte e leggere “L’eruzione etnea del 1669 nelle relazioni giornalistiche contemporanee” .

Da http://www.argocatania.org/

 

Siti Etnanatura:

Grotta Mompilieri

Monti Rossi Nicolosi

Grotta delle Palombe Nicolosi

Ulivo di Motta

 

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La via del grano

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costruiamo_la_via_del_granoQuesta raccolta fondi, questo voler ricostruire  ha certamente per noi un grande significato simbolico, poiché significa reagire alle minacce, alla violenza, al mancato rispetto, con una proposta chiara: progettando strade, aperture, vie di scambio, combattendo nella pratica l’abbandono che ha reso per anni questa contrada, questa parte di valle, terra di nessuno. In contrada Sciddicuni si trova l’azienda agricola bio di Emanuele Feltri, un giovane agricoltore, un amico, che da due anni ha acquistato cinque ettari di terra per realizzare il senso di una scelta di vita che associa alla produzione di arance, olio, ortaggi, l’organizzazione di attività didattiche e culturali, nel solco di radici contadine antiche da preservare, innovare e tramandare.  Le intimidazioni mafiose subite, le minacce, la violenza, il sangue versato hanno segnato per chiunque e per l’ennesima volta il confine per il quale, o si combatte o si è coinvolti. Noi abbiamo reagito così, a chiare lettere: questa è la nostra terra, dei nostri padri e delle nostre madri, dei nostri antenati, gente onesta e infaticabile, da qui ripartiamo e non saremo noi ad andarcene. 

Questa raccolta fondi nasce dunque per ripristinare un’antichissima via di comunicazione che nei secoli ha permesso la vita ed il lavoro nella Valle del Simeto. La via del grano ha rappresentato nel tempo un importante asse di comunicazione per lo scambio ed il commercio tra il territorio di Paternò e i comuni simetini limitrofi. Purtroppo oggi, questa strada può praticamente dirsi inesistente, accessibile solo con fuori strada e destinata ad una inesorabile erosione, alla scomparsa. Questo ha determinato nel tempo una esposizione della zona all’abbandono dei campi con il conseguente accrescersi di fenomeni di discariche abusive, furti dei mezzi di produzione e della produzione stessa, desertificazione, frane. Con questo progetto di produzione dal basso, vogliamo dare nuova vita a questa porzione stupenda di territorio,  ricostruendo secondo tecniche antiche e rispettose della natura, il manto stradale e rendendo nuovamente accessibile a tutti l’intera zona. A piccoli passi, per quattro kilometri, partendo da ciò che è più urgente.

Per contribuire clicca qui: http://www.valledelsimeto.it/contribuisci-adesso/

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Sciammaro lupo

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22042012 083Partendo da monte Ilice, il sentiero attraversa le lave del 1634 e del 1792 per arrivare alla grotta Cassone (una delle più lunghe grotte dell’Etna). Lungo il percorso merita una sosta la grotta di monte Cicirello. Le lave antiche formano disegni fantasmagorici che non mancheranno di affascinarvi.

 

Sentieri etnanatura:

Sciamaro Lupo

Monte Ilice

Grotta di monte Cicirello

Grotta Cassone

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Salto del cane

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Crateri_di_salto_del_cane_20100228 025Intorno all’anno 150 a.C., quindi in epoca romana, si formarono i crateri di Salto del cane. La colata lavica che ne scaturì arrivò a lambire l’attuale Acireale. Oggi in zona si può ammirare un paesaggio di estremo fascino e di interesse naturalistico e geologico. Ai piedi del monte si attraversano boschi di castagne mentre il versante alto è ricoperto da un fitto ginestreto. Giunti al bordo del cratere si ritrova un profondo baratro a forma di imbuto in cui si ammassano bombe laviche e blocchi di tufo. Sulle pareti scoscese troviamo il Leccio, il Pioppo tremulo che, come dice il nome, possiede foglie che fremono ad ogni alito di vento, il Sorbo meridionale, assai simile al Sorbo montano, ambedue molto rari sull’Etna, la Roverella e alcuni robusti esemplari di Faggio, che qui formano una stazione isolata di questa pianta. Inoltre si riscontrano molti arbusti: dalla già citata ginestra, alla rosa canina. Prima di scendere nel cratere in lontananza possiamo ammirare  i Monti Silvestri, la Serra Pizzuta Calvarina, La Montagnola, il conetto di Monte Escrivà e le Serre che delimitano la valle del Bove.

Sentiero etnanatura: Salto del Cane.

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Notte della luna

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etna-3-con-lunaSabato 12 ottobre vi invitiamo presso il Liceo Scientifico, Linguistico e per le Scienze Applicate Statale “E. Boggio Lera” di Catania per una serata dedicata alla Luna.

La “InOMN (International Observe the Moon Night)” è una notte di osservazioni del nostro satellite promossa a livello mondiale dalla NASA, l’agenzia spaziale degli Stati Uniti, e da altre prestigiose istituzioni scientifiche.

Ribattezzata in Italia la “Notte della Luna”, l’iniziativa è organizzata dall’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) in collaborazione con l’UAI (Unione Astrofili Italiani).

A Catania le iniziative INAF per la “Notte della Luna” sono organizzate congiuntamente dall’Osservatorio Astrofisico, dal Liceo “Boggio Lera” e dal Gruppo Astrofili “Guido Ruggieri” e si svolgeranno presso la sede centrale del Liceo (ingresso di via
Quartarone, 3 per assistere alle conferenze, ingresso di via Vittorio Emanuele 348 per accedere direttamente all’area delle osservazioni).

Programma della manifestazione (ingresso libero):

– ore 18:30 – Conferenza “La Luna: lo specchietto retrovisore”, relatore Angelo Adamo (Osservatorio Astrofisico di Catania)

– ore 19:30 – Conferenza “La conquista della Luna”, relatore Giuseppe Cutispoto (Osservatorio Astrofisico di Catania)

– ore 20:30 – Intermezzo teatrale-musicale: “La Luna tra le note”, a cura di Angelo Adamo (Osservatorio Astrofisico di Catania)

– ore 21:00-23:00 Osservazioni della Luna e di stelle doppie con i telescopi del Gruppo Astrofili Catanesi “Guido Ruggieri”

Ulteriori informazioni sono presenti alla pagina web:
http://www.oact.inaf.it/visite/Notte_Luna_2013.htm (dove è anche
possibile scaricare “Dalla Terra alla Luna”, uno spettacolare video prodotto combinando immagini del suolo lunare e misure topografiche ottenute in gran parte dalla sonda della NASA Lunar Reconnaissance Orbiter).

Per ulteriori informazioni su questa iniziativa potete scrivere a
divulgazione@oact.inaf.it

 

Vi segnaliamo infine un’altra iniziativa per la Notte della Luna realizzata dall’associazione Alchimie d’Arte, che propone un percorso tra arte e astronomia presso la Fondazione La Verde-La Malfa. L’Osservatorio di Catania non è direttamente coinvolto nell’organizzazione di questo secondo evento, questo ufficio non è quindi in grado di fornire informazioni. Per maggiori informazioni su questa iniziativa vi consigliamo di visitare la loro pagina web:

http://www.alchimiedarte.com/la-notte-della-luna-2013/

Cordiali saluti,

Ufficio Rapporti con il pubblico e divulgazione

INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania, e-mail:
divulgazione@oact.inaf.it – tel. 095.7332312

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Liberate Cristian

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_AGI8709In corso oggi in tutto il mondo iniziative di solidarietà, manifestazioni e veglie per chiedere la scarcerazione degli attivisti di Greenpeace detenuti in Russia con l’accusa di pirateria a seguito della pacifica protesta contro la piattaforma petrolifera di Gazprom, la prima ad operare nell’Artico. Eventi in corso o in programma in 140 città in 47 Paesi, dalla Nuova Zelanda al Messico, dalla Thailandia alla Norvegia.
Tra i trenta attivisti anche un italiano, Cristian D’Alessandro. Cristian, 31 anni, napoletano, è laureato in biotecnologie mediche, fa parte dell’equipaggio delle navi di Greenpeace (Arctic Sunrise, Esperanza, Rainbow Warrior) da due anni.

http://www.greenpeace.org/italy/it/

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Grotta dei ladroni

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20100402 145Per la brevità del sentiero e la facilità di accesso risulta senz’altro fra le grotte più conosciute e visitate del comprensorio etneo. La leggenda vuole che nei secoli sia stata rifugio e base logistica di briganti (da cui il nome). Si tratta di una grotta dovuta a fenomeni di scorrimento lavico formatasi in epoca non databile. Presenta diversi accessi e ha un’altezza tale da permettere una postazione eretta da parte del visitatore.

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6000 morti in due anni

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111858142-043fb8f3-f10f-4014-b2cb-dc13b5fcd8b3Ancora una volta ci tocca piangere la morte di decine di fratelli che cercavano nella nostra terra un rifugio dalla fame e dalle atrocità. Ancora una volta il Mediterraneo è divenuto un mare di morte per l’insipienza, l’egoismo e la disumanità di noi occidentali. Vorremmo gridare MAI PIU’ ma temiamo che la nostra voce si disperda nel deserto dell’egoismo.

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La grotta dei lamponi

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27052012 314(di E. Crimi) Si tratta di una importante galleria di scorrimento lavico rinvenuta nel 1965 all’interno delle centenarie lave dei dammusi, in territorio di Castiglione di Sicilia. Le “Lave dei dammusi” sono state originate da una straordinaria colata che interessò la zona a partire dal 1614 e, ad alterne fasi, sino al 1624. Lave dei Dammusi, ovvero, dall’arabo dammus, toponimo oramai in disuso a significare entità vuote, ed accostato come confronto ai tetti delle case antiche. La particolarità di queste lave si riscontra nella loro costituzione a lastroni stratificati o, come definita, “a corde o pahoehoe ” per la conformazione di raffreddamento che ha lasciato degli ampi vuoti o spazi tra una placca e l’altra, per questo comparata ai tetti (dammusi) delle antiche case siciliane, che di solito sotto la volta esterna erano vuoti. Le lave dei dammusi (le concentrazioni più vistose presenti sull’Etna, sono appunto in territorio di Castiglione di Sicilia e Bronte, strada rurale SS. Cristo-Piano Ginestre) per le loro straordinarie peculiarità orografiche, oggi rappresentano una meta per gitanti comuni, attratti dalla particolarità delle loro forme fuori del comune, mentre rappresentano per gli studiosi una nicchia geologica di notevole interesse finalizzato alla ricerca scientifica, in quanto rivestono grande valore sia per la struttura sopra descritta che per la dovizia di caverne e gallerie di scorrimento. Le caratteristiche della “Grotta dei Lamponi” fecero subito pensare ad una interessante scoperta, portata alla luce ad opera di volontari del C.A.I. di Linguaglossa, i quali diedero alla grotta il nome delle piantine di lamponi vegetanti in uno dei suoi ingressi. A circa 1745 metri di quota, la sua lunghezza di circa 700 metri e il suo dislivello di circa 90 metri, la rendono di grande attrazione e tra le più importanti grotte presenti sul territorio di Castiglione di Sicilia. La grotta dei lamponi si snoda in un’unica e ampia galleria, larga circa 7 metri, avente un’altezza media di circa 3 metri al soffitto, il quale in alcuni punti si presenta crollato ed in altri ricco di stalattiti e scorie laviche o denti di pescecane, come vengono chiamati localmente. Il pavimento, ostruito in alcuni punti da detriti lavici provenienti da cedimenti della volta, testimonia ancora oggi, l’imponente passaggio del magma molto caldo e fluido. Punto d’arrivo di numerosi escursionisti per la sua facilità di individuazione, in quanto adiacente ad una pista forestale, la grotta dei lamponi può essere usata come punto di partenza per l’esplorazione di altre conosciutissime cavità, poste a non molta distanza, sempre nelle lave del 1614-24, su territorio di Castiglione di Sicilia.
di: Enzo Crimi
Sentieri Etnanatura:
Grotta dei Lamponi
Passo dei Dammusi

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