Quarant’ore

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01-11-2012 11-05-01Il torrente Quarantore, detto anche Sciambro, deve il suo nome al fatto che in Primavera, durante il disgelo, scorre per quaranta ore, raccogliendo le acque provenienti dalla zona sommitale dell’Etna.

 

 

 

Sito Etnanatura: Torrente Quarant’ore.

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I luoghi del cuore

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26-03-2014 07-32-51Il “Bastione degli infetti” partecipa alla manifestazione “I luoghi del cuore“, censimento dei luoghi italiani da non dimenticare promosso dal FAI, Fondo Ambiente Italiano. Etnanatura invita tutti gli amici a votare per questo sito che tanta importanza ha avuto nella storia di Catania.

 

Per esprimere la vostra preferenza a favore del “Bastione degli infetti” cliccate qui.

Il bastione degli infetti si trova sulla collina di Montevergine, antica acropoli di Catania. Già Cicerone, parlando dei furti di Verre, definisce il tempio di Cerere, Che doveva sorgere dove oggi troviamo i resti del Bastione degli infetti come tempio di gran culto. Ecco la citazione di Cicerone: “Nella parte più interna si trovava un’antichissima statua di Cerere, che le persone di sesso maschile non solo non conoscevano nel suo aspetto fisico, ma di cui ignoravano persino l’esistenza. Infatti a quel sacrario gli uomini non possono accedere: la consuetudine vuole che le celebrazioni dei riti sacri avvenga per mezzo di donne sia maritate che nubili…Esiste un’antica credenza che si fonda su antichissimi documenti e su testimonianze greche, che tutta l’isola siciliana sia consacrata a Cerere e Libera. Non è una profonda persuasione, a tal punto da sembrare insito e connaturato nel loro animo. Infatti credono che queste dee siano nate in quei luoghi e le messi in quella terra per prima siano nate in quella terra per prima siano state scoperte, e che Libera, che chiamano Proserpina, sia stata rapita da un bosco degli Ennesi”. In seguito il vescovo Leone II detto il Taumaturgo fece distruggere, come ricordano gli Atti Latini, il tempio utilizzando le sue pietre per costruire l’allora Cattedrale di Catania che corrisponde con l’attuale chiesa di sant’Agata la Vetere (vedi). Le Mura di Carlo V erano un complesso murario che venne fatto realizzare a Catania dall’imperatore Carlo V a difesa della città: esse erano costituite da undici bastioni ed avevano sette porte di accesso alla città. L’incarico della costruzione venne dato all’architetto Antonio Ferramolino all’inizio del XVI secolo ma la costruzione andò avanti con molta lentezza vista la complessità dell’opera. Esse racchiudevano completamente la città del tempo e la difendevano dai pericoli esterni. Ma, prima l’eruzione dell’Etna del 1669 e poi il terremoto del 1693 le rovinarono gravemente, ma la loro scomparsa definitiva si deve al piano di rinnovo urbano del XVIII secolo. Una delle poche testimonianze rimaste è costituita dal Bastione degli infetti costruito nel 1556 ad opera del vicerè Vega. Accanto ai resti del Bastione degli infetti ritroviamo la Torre del Vescovo. La torre si ritene fondata agli inizi del XIV sec. (1302 d.C.?) ed è parte integrante dell’antica cinta muraria aragonese. Venne acquistata dal vescovo Antonio de Vulpone e trasformata, insieme all’area antistante, in lazzaretto. L’edificio si caratterizza per la pianta quadrata e la tecnica edilizia (non uniforme) costituita da pietrame lavico appena sbozzato, inzeppato con frammenti di terracotta e legato insieme da malta. I cantonali sono rinforzati con blocchi di pietra lavica squadrati. Della torre si conservano solo tre dei quattro muri perimetrali, solo quelli rivolti verso l’esterno della cinta muraria. Si tratta, probabilmente, di un semplice accorgimento architettonico: in caso di assedio e di conquista della cinta muraria, gli attaccanti non avrebbero potuto utilizzare la torre contro la città, essendo essa, in corrispondenza del lato meridionale, esposta al tiro degli arcieri. L’edificio conserva solo le saettiere del primo piano, sebbene sia probabile che esistesse anche una seconda elevazione, oggi del tutto scomparsa. Il pavimento di entrambi i piani doveva essere ligneo. Non si conserva merlatura e la scarpa del pianterreno appare come aggiunta posticcia di tempi relativamente recenti. Nel XVI sec. il lazzaretto si estese, comprendendo oltre alla Torre del Vescovo anche il limitrofo bastione di Carlo V. Il nuovo complesso prese il nome di “Ospedale degli Infetti“» (le notizie sulla torre si devono al sito medioevosicilia.eu).

Pagina Etnanatura: Bastione degli infetti.

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Il borgo dei fantasmi.

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13-07-2014 20-33-15Nato in periodo fascista, il borgo Giuliano si presenta in uno stato di totale abbandono determinato proprio dalla filosofia che dettò la nascita di alcuni borghi rurali soprattutto in Sicilia. Non case per i contadini ma per la piccola borghesia (chiesa, scuola, ufficio postale) che avrebbe dovuto supportare il territorio circostante. ” … piccola capitale funzionalistica senza stento e senza gravezza di plebe …” li definì con sintesi efficace Carlo Emilio Gadda ne “La nuova antologia”.  Il nome per ricordare uno dei tanti poveri soldati, Salvatore Giuliano, mandato allo sbaraglio a morire in terra di Abissinia per soddisfare la vanagloria del duce.  Anche allora, come spesso accade purtroppo anche oggi in terra di Sicilia, dopo formale e solenne inaugurazione alla presenza del ministro Tassinari, il borgo venne ben presto abbandonato. Oggi è abitato dai fantasmi che sollevano la polvere del tempo negli arsi pomeriggi.

Foto di Salvo Nicotra.

Pagina Etnanatura: Borgo Giuliano.

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Piano Margi

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27-08-2014 09-12-47Nell’altipiano di Margi, in cima ad una collina, si ritrovano i resti antichi di un accampamento romano. La costruzione rispecchiava la tipica domus romana, con pavimento in pietre e le pareti in coccio misto a calce idraulica. Al centro del rudere sono ancora visibili le colonne di un tempietto. Probabilmente in questo luogo sostarono le truppe romane di Sesto Pompeo  in ritirata durante la guerra civile contro Ottaviano, prima di portarsi verso Tindari. Alcuni racconti popolari narrano che proprio in quest’accampamento riposarono una notte i fratelli martiri Alfio, Filadelfo e Cirino in transito verso Lentini. Anche San Filippo d’Agira, proveniente da Limina e diretto a Mongiuffi Melia, Calatabiano e Agira, sostò in questo luogo a evangelizzare. Si racconta che, attratto dalla magia del luogo, Federico II, proveniente da Taormina e diretto all’abbazia di San Pietro e Paolo dell’Agrò, riposò in questo luogo alcune ore seduto su un sedile di pietra ancora esistente.

Notizie tratte da “Polissena e la valle del Chiodaro” di Giovanni Curcuruto che ringraziamo per le preziose informazioni. Ringraziamo anche Fabio Luchino, guida insostituibile e appassionato conoscitore di orchidee selvatiche di cui è ricco l’altipiano di Margi (a tal proposito vi consiglio la sua pagina web Orchidee dei peloritani).

Sito Etnanatura: Piano Margi.

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Grotta monte Cicirello

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10042012 094Ai piedi di monte Cicirello, di probabili origini preistoriche, ritroviamo la grotta di scorrimento lavico che dal monte prende il nome.

Sito Etnanatura: Grotta Monte Cicirello.

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Monte Naturi

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21-08-2014 10-48-58Il monte Naturi è la vetta più alta della Valle del Chiodaro e sovrasta il santuario della Madonna della Catena. A Mongiuffi cenni storici fanno risalire il culto della Madonna della Catena agli inizi del XV secolo. Un certo Matteo Lo Po’ devoto alla Vergine fece costruire di fronte ai ruderi dell’acquedotto greco romano una chiesetta dove prima preesisteva un’edicola della suddetta. Le due piccole campane armoniose, ora trafugate, fuse con ricca lega d’argento, come si desumeva dal loro suono, erano del 1587, quando ormai la devozione della Madonna della Catena si era consolidata ed affluivano numerosi pellegrini penitenti. Purtroppo, fra gli anni ’40 e ’60 del secolo scorso, si decise di ricostruire il santuario demolendo completamente la vecchia chiesa. Lasciamo alla pietà cristiana il perdono per l’architetto che edificò il nuovo santuario di gusto per lo meno discutibile (usiamo un eufemismo per non offendere la sensibilità religiosa di qualche lettore ma il nostro giudizio è di natura prettamente estetica).

Sito Etnanatura: Monte Naturi.

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Carcaci

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19-02-2014 19-54-36La prima testimonianza della presenza umana nel luogo risale all’XI secolo, quando i normanni, venuti in Sicilia, nel 1061 qui si accamparono per organizzare la presa di Centuripe. A quell’epoca risale la prima costruzione di cui si ha testimonianza: una torre quadrangolare successivamente inglobata in altri edifici. Il primo feudatario di Carcaci fu Giovanni de Raynero nel 1200 circa. Nel 1453 Giovanni Spatafora ebbe l’investitura dal re Alfonso della baronia di Carcaci. Sul finire del XVI secolo vennero realizzati dei lavori idraulici per opera del barone Ruggero Romeo. Successivi feudatari di Carcaci furono Nicola Mancuso nel 1602 e Gonsalvo Romeo Gioieni nel 1630. Questi ottenne nel 1631 la licentia populandi e fondò il borgo. Dopodiché, Carcaci passò alla Casa Paternò Castello che da allora sono i Duchi di Carcaci. Il borgo venne realizzato con pianta regolare e con gusto barocco spagnoleggiante: venne realizzato un monumentale ingresso, una chiesa, dedicata a santa Domenica, ormai in stato di abbandono, un castello. 
Da Wikiedia 
Foto di Salvo Nicotra

Sito Etnanatura: Carcaci.

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Postoleone

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17-08-2014 12-14-21Ecco come Pippo Fava in un vecchio articolo sui Siciliani (1980) descriveva la zona: “si sale…la strada…a sinistra il burrone…un canyon…una cascata che non vedi…tanto é profonda…la strada si affonda in tunnel di pietra…portone buio…ponte levatoio…al di là del quale un’immensa vallata con due rovinii di case”. Una curiosità: la galleria venne scavata dai prigionieri austriaci della prima guerra mondiale.

Sito Etnanatura: Postoleone.

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Monte Castellaccio

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Sito Etnanatura: Monte Castellaccio,

Ci piace presentarvi monte Castelaccio come un luogo da fiaba dove anticamente (non sappiamo quando e se) esistevano ricche miniere di oro alle quali attingevano i greci prima e poi i romani, i saraceni e tutti quelli che hanno fatto della Sicilia terra di conquista (e dico ciò con un’accezione non sempre negativa considerando che peggio dei siciliani nessuno ha mai amministrato le nostre terre).

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Capo sant’Alessio

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Sito Etnanatura: Capo sant’Alessio.

Il castello di Sant’Alessio Siculo sorge sul promontorio roccioso noto come “capo Sant’Alessio”, all’interno del comune di Sant’Alessio Siculo, in provincia di Messina. Il “capo” è l’unico promontorio a sorgere lungo la fascia costiera ionica tra Messina e Taormina. Per questa ragione ha rivestito, e riveste tuttora, un ruolo importante dal punto di vista strategico; tutti gli eserciti storicamente presenti in Sicilia hanno contribuito, in fasi successive, all’edificazione del castello sulla sua sommità. Il castello si compone di due torrioni, uno a pianta rettangolare e uno a pianta circolare, e di un muro di cinta.

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