Pineta di Graniti

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31-07-2014 19-40-13Nel 1880 un’imponente frana si stacco dal monte Pietra del Corvo per finire sulla periferia del paesino di Graniti. Fu allora che si decise di imboschire il monte con una pineta di pino domestico (Pinus pinea), pino marittimo (Pinus pinaster) e Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) formando la pineta di Graniti completata nel 1890. La pineta ha un’estensione di 34 ettari e dal 1950 è stata acquisita dal comune di Graniti formando un parco urbano.

Foto di Minodora Dinca.

Sito Etnanatura: Pineta di Graniti.

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Savoca

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Bar Vitelli

Bar Vitelli

La nostra visita di Savoca, antico e affascinante paesino ai confini fra le province di Messina e Catania, comincia da un film che ha fatto la storia della cinematografia “Il padrino” di Francis Ford Coppola considerato dalla rivista Empire il più bello di tutti i tempi. Nella finzione cinematografica Michael Corleone chiede la mano di Apollonia nel bar Vitelli, per poi sposarla nella chiesa di Santa Lucia.

Salendo sulla collina sopra il bar si raggiunge la cripta dei Cappuccini. Realizzata agli inizi del Seicento nei sotterranei della chiesa omonima, racchiude 37 cadaveri mummificati appartenenti a patrizi, avvocati, notai, possidenti, preti, monaci, abati, medici, poeti, magistrati, una nobildonna e tre bambini, tutti appartenenti alla ricca e potente aristocrazia savocese. Sembra che i frati cappuccini abbiano appreso  le tecniche di imbalsamazione

Cripta dei cappuccini. Foto Wikipedia.

Cripta dei cappuccini. Foto Wikipedia.

in Sud America, le quali, attraverso la Spagna, sarebbero giunte in Sicilia. La mummia più antica risale al 1776, ed appartiene al notar Pietro Salvadore, la più recente è del 1876 ed appartiene a Giuseppe Trischitta. Il procedimento di mummificazione durava sessanta giorni, era detto dell’essiccazione naturale; consisteva, prima nell’immergere per due giorni la salma in una soluzione di sale e aceto, successivamente, dopo aver proceduto allo scolo dei visceri, nel distenderla nella cripta della Chiesa Madre dove, sfruttando il gioco delle correnti d’aria, avveniva la naturale essiccazione del cadavere. Infine, la mummia veniva elegantemente vestita e si procedeva a traslarla solennemente nel sito in questione. Il procedimento di mummificazione veniva effettuato direttamente dai frati Cappuccini ed era abbastanza costoso. La cripta dei Cappuccini di Savoca ha suscitato, nel corso del XX secolo, l’interesse di molti illustri scrittori, come Ercole Patti, Leonardo Sciascia e Mario Praz. I corpi sono rivestiti con elegantissimi abiti d’epoca e danno mostra di sé nelle nicchie e nelle bare in cui sono racchiusi.

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Porta del quartiere san Michele

Ritornando verso il bar Vitelli e risalendo per la collina opposta a quella dei cappuccini, si ritrova l’antica porta del quartiere San Michele.  Si presenta come un arco a sesto acuto in pietra arenaria, risalente al XII secolo. Fino al XIX secolo via San Michele, strada d’accesso alla porta, non era altro che una ripida scalinata scolpita nella roccia viva. Fino al 1918, erano ancora presenti le porte in ferro, che, nel Medioevo, venivano aperte all’alba e chiuse al tramonto. Il manufatto è stato restaurato nel 2009.

Antico carcere

Antico carcere

Superata la porta si ritrovano i resti dell’antico carcere. L’antico carcere della Terra di Savoca, fino al 1795 era ubicato nel villaggio di Casalvecchio. Quando poi questo paese si emancipò dal dominio savocese, le prigioni vennero spostate nel centro di Savoca, in un’ala dell’antico Palazzo della Curia. Del carcere rimangono miseri avanzi murari e una finestra quadrata, chiusa con una grata in ferro battuto, su cui troneggiava lo stemma dell’Archimandrita, rimosso e custodito al museo locale. È ancora visibile all’interno una cisterna che serviva per l’approvvigionamento idrico di buona parte dell’abitato. Dal 1855, quando Savoca cessò di essere capoluogo del suo circondario, andò in disuso. Crollò parzialmente nel 1908 e non fu più ricostruito.

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San Michele

La chiesa di San Michele, costruita attorno al 1250, per volere degli Archimandriti, era la chiesa del Castello di Pentefur, ampliata nei primi decenni del XV secolo, venne ristrutturata ed affrescata agli inizi Seicento, seguendo lo stile Barocco. Inizialmente l’edificio era di esigue dimensioni e, secondo un antico manoscritto datato 1308, vi celebravano la Divina Liturgia numerosi sacerdoti di rito greco. Verso il 1420 la chiesa venne ampliata e si procedette ad impreziosirla con i due attuali portali in stile gotico-siculo. Durante tutto il Medioevo ed oltre, il non credente che si convertiva al Cristianesimo, secondo una documentata tradizione, doveva salire ginocchioni, in atto di penitenza, i suoi sette gradini, per poi ricevere il sacramento del battesimo.

Castello Pentefur

Castello Pentefur

Sulla cima della collina domina il castello di Pentefur (vedi). È ridotto ormai a pochi ruderi, consistenti in ampi tratti delle mura merlate, nei resti della torre trapezoidale, che fu a due elevazioni su un’area di 350 m², ed in alcune cisterne. Il Castello sorge sull’omonimo colle, edificato in posizione strategico-difensiva, ha la base di forma trapezoidale. Risale, con molta probabilità, all’epoca tardo-romana o bizantina, secondo la tradizione venne edificato dai leggendari e misteriosi Pentefur. Venne riedificato dagli arabi e ampliato dai Normanni che ne fecero la residenza estiva dell’Archimandrita di Messina, signore feudale della Baronia di Savoca. L’Archimandrita messinese trascorreva, assieme alla sua corte, buona parte dell’anno all’interno del Castello Pentefur. Dal 1355 è proclamato Castello Regio ed è al centro di un susseguirsi di turbolenti eventi che si protrarrà per circa trent’anni, viene infatti tolto all’Archimandrita dal Re Federico IV di Sicilia che lo attribuisce a Guglielmo Rosso Conte d’Aidone. È lo stesso re Federico IV, il 30 novembre 1355, ad imporre ai Giurati ed ai Sindaci savocesi ed all’Archimandrita di Savoca Teodoro di giurare fedeltà al nuovo Capitano del Castello. Nel 1356 vi si rifugiò lo Strategoto messinese Arrigo Rosso Conte d’Aidone, fratello di Guglielmo, scampato miracolosamente all’eccidio di Messina. Sempre nel 1356, il re assegnò il castello al nobile messinese Federico di Giordano, fino al 1385, quando è nominato Castellano di Savoca Tommaso Crisafi da Messina. Nel 1386 il Castello ritorna definitivamente in possesso degli Archimandriti con Paolo IV di Notarleone. Tra il 1421 ed il 1450, risulta essere residenza stabile dell’Archimandrita Luca IV de Bufalis, il quale preferisce risiedere stabilmente a Savoca anziché a Messina. Nel 1480, venne restaurato ed ingrandito dall’Archimandrita Leonzio II Crisafi e, nel 1631, venne sontuosamente abbellito a spese dell’Archimandrita Diego de Requiensez.
Dal castello partivano gli ordini e le direttive indirizzate a tutti i fortini e le torri di vedetta disseminate sul litorale e che facevano parte del sistema di avviso delle Torri costiere della Sicilia, costruite su indicazione dell’architetto fiorentino Camillo Camilliani, ove oggi sorgono i comuni di Santa Teresa di Riva, Furci Siculo e Roccalumera. È stato per secoli il centro del potere a Savoca, poi, pian piano perse d’importanza. Alla fine del XVII secolo subì gravi danni a causa del Terremoto del 1693, sicché in prosieguo fu poco frequentato dalla Corte Archimandritale che preferiva risiedere a Messina o a Roma. Dal 1780, circa, venne abbandonato ed andò in rovina per sempre.

Sinagoga

Sinagoga

Accanto alla chiesa di San Michele, ma questa volta alla base della collina ritroviamo i resti dell’antica Sinagoga medioevale. Il vetusto manufatto è in pessime condizioni di conservazione, invaso da sterpaglie e terriccio alluvionale, all’interno esiste una profonda cisterna. Sono visibili due archi in pietra sul prospetto principale, mentre su quello laterale, si scorge una pregevole finestra in pietra arenaria, ancora in discrete condizioni; caratteristici sono i conci di pietra angolare che collegano detto prospetto con la parete ovest. Non si conosce l’anno di costruzione di questo edificio, si sa solo, grazie ad antichi documenti che lo individuano con assoluta precisione “nel centro e nel migliore luogo” dell’antico abitato, che esisteva già nel 1408. Fruivano di questa sinagoga gli ebrei residenti a Savoca e nei borghi e villaggi vicini. Poiché detto edificio di culto sorgeva in un quartiere abitato da cristiani, perdipiù vicino a chiese ed all’edificio dove si curavano l’amministrazione e la giustizia cittadine, nell’agosto 1470, venne confiscato su ordine del Viceré di Sicilia Lope III Ximénez de Urrea y de Bardaixi. Lo stesso viceré dispose che la sinagoga venisse edificata in altro luogo. La ragione di tale severo provvedimento è da ricercare nel fatto che i giudei savocesi, nell’officiare i loro riti, cantavano inni a voce talmente alta da disturbare le attività dei cristiani che da lì a pochi passi si svolgevano. Di conseguenza, la sinagoga venne rivenduta ad un privato cittadino del luogo, tal Filippo Sturiali, che la trasformò in civile abitazione. Non è dato sapersi ove gli ebrei savocesi stabilirono il loro nuovo luogo di culto. Pochi anni dopo, nel 1492, gli ebrei sono costretti a lasciare la Sicilia. La loro sinagoga divenne una civile abitazione, per secoli; nel XX secolo viene adibita a stalla, poi, dopo il crollo del tetto, è diventata un rudere a cielo aperto lasciato in uno stato di incuria. Il vetusto manufatto è stato, nel corso degli anni, oggetto di studi da parte di numerosi esperti; nel 1997, si accertò l’orientamento dell’edificio in direzione est-ovest (cioè verso Gerusalemme) e la presenza di una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana che serviva per le abluzioni rituali. Nel 2014, tra le rovine della sinagoga, è stata scoperta una lapide con sopra scolpita la stella di David. Risulta interessante ricordare che a Savoca esisteva anche un cimitero ebraico, sito in località Moselle, nei pressi della frazione di Rina.

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Chiesa San Nicolò

Risalendo ritroviamo la chiesa di San Nicolò (già nominata a proposito del film il Padrino). Edificata nel XIII secolo, fino a tutto il XVII secolo era riccamente adornata con affreschi in stile bizantino. L’edificio odierno presenta un’architettura settecentesca frutto di un rimaneggiamento successivo. Conserva una statua lignea di Santa Lucia eseguita dallo scultore Reginaldo D’Agostino.

 

Chiesa Maria Assunta

Chiesa Maria Assunta

L’ultima (ma non per importanza e bellezza) chiesa che visitiamo è la chiesa Maria Assunta. E’ la Chiesa Matrice di Savoca ed è un monumento nazionale italiano dal 1910. Edificata nel 1130, presenta una facciata a doppio spiovente con un portale centrale, di impostazione rinascimentale, spinto verso l’alto da paraste laterali che guidano lo sguardo verso il rosone in pietra lavica a cinque bracci. Nella cripta della chiesa nei secoli passati si procedeva alla mummificazione delle salme dei notabili del paese. Fu sede periferica dell’archimandrita di Messina di cui all’interno si conserva la cattedra lignea.

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Casa medioevale con finestra a bifora.

Accanto alla matrice ritroviamo un’antica  costruzione tardo medievale realizzata verso la fine del Quattrocento con una bella finestra bifora che viene citata in molti antichi testi per il suo “stile greco”. L’edificio venne restaurato verso la fine del Seicento. Ha uno stile gotico-spagnolo, tipico della Sicilia del tardo Quattrocento; il successivo restauro del XVII secolo ha dato, altresì, al manufatto un ulteriore sapore ispanico-fiammingo. Il portale d’ingresso è ornato con gigli borbonici settecenteschi. Appartenne nei secoli scorsi alle facoltose famiglie locali dei Fleres e dei Trischitta. Tra il 1909 ed il 1927, ospitò gli uffici municipali del comune di Savoca. Negli ultimi cento anni è appartenuto alle famiglie Rizzo e Altadonna. Il pregevole monumento venne propagandato nel 1928 dal Touring Club Italiano. L’edificio è sottoposto al vincolo di tutela architettonica, si presenta in buono stato di conservazione ed appartiene alla famiglia Cantatore.


Visualizza Savoca in una mappa di dimensioni maggiori

Info tratte da Wikipedia.

Siti Etnanatura:

Savoca.

Maria Assunta.

Castello di Pentefur.

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Santa Caterina Alessandrina

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18-07-2014 20-47-28Oltre ad essere il monumento più importante di Pedara, per il suo particolare contenuto artistico è una delle chiese più visitate e studiate della provincia. L’intero complesso architettonico è considerato uno splendido esempio di “chiesa nera” dell’Etna dove il sapiente e coraggioso utilizzo della pietra lavica e degli intonaci trova qui una delle sue massime espressioni.La prima costruzione fu completata nel 1547 ed era in stile romanico. Oltre un secolo dopo, la struttura si dimostrò insufficiente a contenere i fedeli tanto che nel 1682 la fabbrica fu demolita per una più spaziosa ed attrezzata, ma l’11 gennaio 1693 il terremoto piegò anche Pedara e della chiesa appena ricostruita rimase ben poco. La grandiosa opera di ricostruzione richiese oltre 10 anni di lavoro e fu compiuta dal sacerdote pedarese don Diego Pappalardo solo nel 1705. All’interno si possono ammirare gli affreschi di Giovanni Lo Coco, una tela di Mattia Preti che raffigura Il Martirio di S. Caterina, il monumento funebre allo stesso don Diego, numerose tele, i marmi policromi dell’altare maggiore, alcune sculture del Settecento, i preziosi ricami e gli arredi sacri. Il portale interno del 1547 è il monumento più antico di Pedara. Costruito in pietra lavica e bianca, l’arco è in stile romanico e sostiene una porta di tavole di castagno dalla quale emergono 122 grossi chiodi che, secondo la tradizione, rappresentano il numero delle famiglie che contribuirono alla sua realizzazione. All’esterno, invece, spiccano la torre campanaria con elementi di epoche diverse e cuspide in maioliche policrome, le sculture in pietra dei portali e delle finestre ed un ormai raro esemplare di meridiana.
Da Wikipedia
Foto di Concetto Mazzaglia

Pagina Etnanatura: Santa Caterina Alessandrina.

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Lago Trearie

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13-07-2014 20-37-25Il lago Trearie si trova 1500 m. sul livello del mare ed è il più alto lago della Sicilia, cosa che in inverno gli attribuisce la caratteristica senz’altro peculiare di risultare in parte ghiacciato. Nei periodi piovosi raggiunge una superficie di 11 ettari che si restringe a 7 ettari in estate. La flore è ricca di agrifoglio e presenta anche la Xerofila e altre specie di composite quali Cicoria, Costolina levigata e la Prataiola. La presenza di un numero considerevole di carpe e tinche attrae gli uccelli che si nutrono di pesci quali Cicogne, Cormorani e il Gabbiano Reale. Non mancano inoltre Morette, Fischioni, Marzaiole. 
<br />Foto di Salvo Nicotra.

<br />Sito Etnanatura: Lago Trearie.

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Castello Colonna

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13-07-2014 20-40-27Il Castello Colonna è un maniero edificato sulla Rocca Giannina, in un luogo elevato, in una posizione strategica passando fra bassi edifici e i tipici “baddaturi”. Tra questi, a sinistra, si stacca una breve scalinata scavata nella roccia, che giunge sulla sommità del rilievo, in una suggestiva e romantica cornice di rovine antiche. Il portone ad arco che fa da ingresso è formato da blocchi di pietra sovrapposti, ai cui lati emergono due colonne che terminano in due cariatidi, in stile barocco raffiguranti un uomo e una donna. Fu costruito agli inizi del x secolo e venne ricostruito alla fine del 1500 e inizi del 1600.
Del castello medioevale, oggetto di profonde trasformazioni da parte dei Colonna Romano nel XVI- XVII secolo, rimangono poche tracce. Si raggiunge l’area del castello percorrendo, nel fitto tessuto medioevale del paese, un vicolo che si conclude in una scalinata.Quest’ultima conduce al portale manieristico in arenaria costituito da un plastico bugnato a cuscino sormontato da un arco a tutto sesto definito ai lati da due figure antropomorfe. Il portale è l’unico elemento architettonico che riconduce alla trasformazione tardo cinquecentesca. Delle tre ali edilizie ipotizzate, sussiste solo quella di sud-est: i ruderi esistenti giustificano però la ricostruzione presentata.
Da http://www.ricordidisanteodoro.it/
Foto di Salvo Nicotra

Sito Etnanatura: Castello Colonna.

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Cavasecca

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05-05-2013 07-59-32Dentro la Valle san Giacomo (vedi), Cavasecca presenta una sorgente di acqua ferrosa dove vegetano le Code di cavallo (Equiseto) in un ambiente umido che agevola la formazione di un sottobosco dai profumi e colori ammalianti.

Sito Etnanatura: Cavasecca.

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Santa Maria del Gesù

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15-07-2014 18-25-27Santa Maria di Gesù è una chiesa di Catania la cui prima edificazione risale al XV secolo. Il sito ove sorge la chiesa attuale, nel Trecento era sede di una piccola cappella attiguo alla quale sorse, in seguito, anche un piccolo convento di frati francescani; la cappelletta era posta al margine di un’area nota fino a qualche secolo fa come Selva del convento di S. Maria di Gesù, compresa tra l’attuale Giardino Bellini, la via Plebiscito e il viale Regina Margherita nei cui pressi si trova una tomba di forma circolare chiamata Mausoleo Modica. Tale area dal V secolo a.C. al tardo impero romano e quindi anche in epoca cristiana, ebbe un utilizzo a scopo funerario: ciò spiegherebbe sia la presenza della cappella che successivamente del convento. La chiesa vera e propria di Santa Maria di Gesù sorse nel secolo successivo, il Quattrocento, e fu gradatamente nel tempo decorata con opere d’arte, nel 1498 con una Madonna con Bambino di uno dei Gagini, un trittico di Antonello da Saliba, nel 1519 con gli addobbi della cappella della famiglia Paternò-Castello, nel 1525 con la pala d’altare di Angelo de Chierico, nel 1628 con un crocifisso ligneo di frate Umile da Petralia ed altre. Dopo la distruzione avvenuta a seguito del terremoto del 1693, la chiesa venne riedificata agli inizi del XVIII secolo con l’attuale caratteristica facciata da fra’ Girolamo Palazzotto e decorata in seguito con stucchi che, tuttavia, nel restauro del chiostro attiguo apportarono la copertura di opere d’arte più antiche. Nel 1949 la chiesa è stata elevata a parrocchia. La facciata è austera, di gusto romanico, con la decorazione laterale, tipica di molte chiese dell’area etnea, ad alternanza di pietre squadrate di basalto nero e pietra bianca. La chiesa, a navata singola, ai due lati presenta delle cappelle edificate da alcune famiglie della nobiltà catanese. Alla cappella Paternò Castello si accede attraverso un bel portale scultoreo opera di Antonello Gagini e della sua bottega. Lo stile omogeneo e raffinato della cappella riflette i canoni delle scuole del XVI secolo nel cui periodo venne realizzata. Notevole è anche la cappella della famiglia Tornabene. La chiesa ospita opere di Angelo de Chierico, Giuseppe Zacco, Antonello Gagini. 
Da Wikipedia

Pagina Etnanatura: Santa Maria del Gesù.

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Montagnola

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06-07-2014 06-31-27La Montagnola è uno dei più imponenti coni avventizi dell’Etna: si innalza a sud del Cratere Centrale, sull’alto versante meridionale dove si è impiantato a quota 2.500 m in seguito all’eruzione del 1763. Testimonia il canonico Giuseppe Recupero (1722-1778) nella “Storia Naturale e Generale del! ‘Etna” che “a 18 Giugno 1763 s’intese nel bosco di Paternò un terremoto. Il giorno appresso … sulle ore 19 si udì uno scoppio ben gagliardo sul!’ Etna, e videsi all’istante sollevarsi in aria un grosso globo di nero fumo. IL luogo d’onde sortì, si chiamava la Rocca della Pomice sull’estrema punta dell’ultimo piano dell’Etna rimpetto a mezzogiorno … Da quell’ora in poi successivamente ad innalzarsi dal citato luogo un densissimo ed altro fumo, Questo fumo era gravido di una polvere impalpabile, sottilissima, biancastra, detta cenere, e si attaccava con somma tenacità sopra tutti i corpi che toccava anche sulle verdi foglie, senza che l’acqua potesse diluirla … Il dì 20 sulle ore 17 cominciò a declinare il fumo, ed alle ore venti udironsi i primi scoppi « e tuoni. Fattosi poi notte comparve il fuoco, ma non era fluido, né scorreva come lava erano bensì materiali roventi, che uscivano da quattro buchi ben distinti fra loro”. 
Foto di Ivan Testa

Sito Etnanatura: Montagnola.

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Sant’Agata al carcere

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Sito Etnanatura: Sant’Agata al Carcere.

La chiesa di Sant’Agata al Carcere è costruita su ciò che resta del bastione del Santo Carcere, appartenente alle mura di Carlo V del XVI secolo, che difendeva la porta nord (chiamata porta del Re) della città di Catania. Secondo la tradizione in questo luogo venne tenuta prigioniera sant’Agata prima di subire il martirio. La chiesa presenta elementi relativi a secoli diversi. La parte prospettuale risale al XVIII secolo in quanto venne distrutta dal terremoto del 1693. La facciata, su un originale disegno di Giovan Battista Vaccarini, è pertanto in stile barocco siciliano mentre l’antico portale strombato è in stile romanico, e fu recuperato dalla cattedrale. Il portale, unico esemplare in Sicilia dello stile Romanico Pugliese, venne realizzato in marmo bianco con arco a tutto sesto ed è retto da sei colonnine decorate in tre modi diversi (rispettivamente dall’esterno verso l’interno a scacchiera, a spina di pesce e a losanghe), il cui motivo si ripete lungo le strombature dell’arco stesso, e da due pilastrini che fungono da stipiti su cui sono figure e simbologie bibliche, animali reali o immaginari, intrecciati tra loro da una modanatura a motivo floreale.

 

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Fontana del Cherubino.

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15-07-2014 20-49-48A sud del centro abitato, sotto la rupe basaltica, sgorgano da tempi cinque sorgenti di acque che in passato alimentavano l’acquedotto romano che riforniva Catania di acqua e che in tempi più recenti rifornisce l’attuale Fontana del Cherubino. Detta fontana è stata ristrutturata dai padri benedettini nel 1757, presumendo che essa sia stata costruita in tempi anteriori, dagli aragonesi.

Sito Etnanatura: Fontana del Cherubino.

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